È ancora conveniente detenere immobili residenziali, in specie se di pregio, in Italia, per il tramite di società estere? Quali sono gli orientamenti delle autorità fiscali in relazione al trattamento fiscale delle “casseforti” estere? E, ancora, in che modo strutturare una pianificazione fiscale efficace al fine di evitare complicazioni con il fisco?
Tutti interrogativi che toccano questioni complesse e senza dubbio attuali: sono sempre di più gli interventi normativi, del legislatore europeo e nazionale, volti a colpire o prevenire l’uso improprio di entità di comodo (costruzioni di puro artificio) a fini fiscali.
Come noto, infatti, le società di comodo in quanto entità di copertura costituite e impiegate per effettuare operazioni prive di sostanza economica, consentono di mascherare i beneficiari effettivi e di dirigere flussi finanziari verso giurisdizioni a fiscalità agevolata, così ottenendo vantaggi fiscali indebiti. Ebbene, poiché i più recenti interventi normativi volti a colpire il ricorso a questo tipo di società sono idonei ad incidere anche sulle c.d. “casseforti” immobiliari di famiglia, vale a dire su quelle società tipicamente costituite all’estero (in particolare in Lussemburgo) per detenere immobili residenziali di pregio in Italia, è appena il caso di porre l’accento sulle tendenze e sulle complicazioni che possono discendere sulla tassazione dei patrimoni familiari. Soprattutto di quelli immobiliari.
We Wealth per fare il punto sulla questione ha interpellato l’avvocato Tancredi Marino partner e head of tax di Dwf esperto di temi tributari legati a private clients e Ottavia Orlandoni, dottore commercialista, partner Dwf, specializzata in consulenza fiscale in operazioni di m&a per aziende e fondi di investimento, nonché in tax planning per persone fisiche.
Quali sono gli ultimi interventi normativi a livello europeo per contrastare le società di comodo?
A livello internazionale, in particolare comunitario, con la c.d. Direttiva ATAD 3, si annuncia una stretta sulla possibilità di usufruire di società prive di sostanza economica (shell companies). Attraverso l’introduzione di obblighi di substance test e indicatori di rischio, la normativa in commento introdurrà un obbligo di rendicontazione per tutte le società che hanno residenza fiscale nell’Unione Europea (inclusi Malta, Lussemburgo, Cipro e Olanda), a prescindere dalla loro natura giuridica, ove esse risultino avere nessuna attività o una minima attività economica. Una società considerata “shell company” non potrà più beneficiare dei benefici fiscali derivanti dall’applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni e direttive europee quali la c.d. interessi e royalties e la c.d. madre-figlia. Anche il regime di tassazione di eventuali proventi dalle medesime società potrà subire riqualificazioni. È previsto inoltre, in alcuni casi, l’aumento della misura della ritenuta alla fonte, nonché l’applicazione di sanzioni in caso di omessa o erronea rendicontazione. Una volta adottata, gli Stati Membri dovranno recepire le misure contenute nell’ATAD 3 entro il 30 giugno 2023 e farle entrare in vigore entro il 1° gennaio 2024.
Quali sono le ricadute fiscali di questi nuovi orientamenti sul piano domestico?
A livello domestico, la Legge di Bilancio 2023, segnatamente ai commi 96 – 99, dispone l’imponibilità in Italia delle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti che detengono partecipazioni in società estere “contenitori” in prevalenza di immobili residenziali in Italia. Tale norma recepisce un consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate secondo cui le società (ed enti, come i trust) non residenti che sono principalmente proprietarie di immobili in Italia possono essere riqualificate come residenti in Italia ai fini fiscali, poiché svolgono qui la loro principale attività. In tale contesto, in caso di cessione, il guadagno eventualmente realizzato sulle azioni di “société anonyme” lussemburghesi o strutture similari che detengono immobili residenziali di pregio in Italia potrebbe essere attratto a tassazione in Italia. Peraltro, alcuni Uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno emesso degli “avvisi di accertamento” applicando il c.d. regime delle società di comodo, che presume una redditività minima dei cespiti detenuti dalle società di capitali, nei confronti di società ed enti non residenti che detengono immobili residenziali di pregio, generalmente tenuti a disposizione delle famiglie che sono “beneficiarie effettive” di queste casseforti immobiliari. La conclusione di tali procedure con richieste di imposte e sanzioni, in ultima analisi, potrebbe impoverire il valore stesso dei beni. Sembrerebbe quindi che molte di queste strutture societarie siano ormai “obsolete” in termini di efficienza e protezione.
Ebbene, alla luce di quanto sopra, è possibile individuare delle soluzioni alternative efficaci tanto dal punto di vista dell’ottimizzazione fiscale quanto della compliance e protezione dai rischi?
Come detto, si potrebbe concludere che molte di queste strutture siano ormai obsolete. Tuttavia, il contesto attuale permette anche di ripensare alcuni schemi, ragionando su altri strumenti di conservazione del patrimonio e di passaggio generazionale. Da un lato, la stessa Legge di Bilancio 2023, dal comma 100 sino al 105, rinnova la possibilità di estromettere i cespiti dalle società di capitali, assegnandoli ai soci, versando una imposta sostitutiva dell’8% (10,5% per le non operative), anziché l’ordinario 24%, purché l’operazione avvenga entro il 30 settembre 2023. Dall’altro, potrebbero essere utilizzati strumenti diversi, come, ad esempio, la società semplice, o il trust, per il quale l’Agenzia delle entrate ha chiarito diversi aspetti fiscali con una sua recente circolare. Ripianificazione da valutarsi, ad ogni modo, con un approccio omnicomprensivo alle questioni legali e fiscali, sia italiane sia internazionali.
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