La riforma fiscale e le parole al vento

A che punto siamo con la riforma fiscale? È ampiamente diffusa una (a mio avviso) falsa concezione della fiscalità: si tratterebbe di una materia tecnica che abbisogna solo di semplicità, linearità e approccio “scientifico”: con questi tre ingredienti si otterrebbe un sistema automaticamente giusto ed equilibrato.
Si dimentica in realtà come la contribuzione ai fabbisogni della collettività e la relativa distribuzione tra i fattori produttivi (capitale e lavoro) non possano che derivare da una scelta essenzialmente politica; quando questa manca, il sistema fiscale risulta “debole”.
Credo che questo sia il pensiero di fondo che ha ispirato l’ex ministro delle finanze Vincenzo Visco, che dalle colonne del Sole 24 Ore ha criticato la riforma fiscale che si profila all’orizzonte (dopo lo stallo subìto a causa dei dissensi sulla riforma del catasto).
Non ho molto da aggiungere alle sue osservazioni, mi accontento di fare da cassa di risonanza.
Il titolo è già una pietra: “Nessuno vuol parlare di come redistribuire il prelievo fiscale”. Infatti, per farlo occorrerebbe avere una visione politica.
“Ma poi sarebbe necessaria una riforma fiscale vera e consapevole dei problemi sul tappeto: se si vuole ridurre la pressione eccessiva sui redditi di lavoro, bisogna tassare di più altre componenti del valore aggiunto o della capacità contributiva esistente: redditi di capitale, rendite varie, royalty, brevetti, patrimoni…”. E ancora: “Non vi sono altre strade e le proposte e le modalità per intervenire esistono e sono note, ma fin quando le forze politiche non accetteranno di guardare la realtà per quella che è, e di smettere di strumentalizzare la questione fiscale ai fini elettorali, non ci sarà niente da fare. Meglio evitare di perdere tempo in discussioni oziose”.
Purtroppo, l’avvicinarsi della fine della legislatura (nove mesi) renderà i “fini elettorali” verosimilmente ineludibili e probabilmente le discussioni oziose consumeranno il tempo a disposizione (la riforma del catasto è stato un fulgido esempio a tale riguardo).
L’importante è la consapevolezza (almeno quella), accompagnata dalla malcelata delusione per un governo, né politico né tecnico, che forse avrebbe potuto agire in modo molto più incisivo e coraggioso: quanto meno in termini programmatici (tradotto: dicendo chiaramente dove siamo e dove dovremmo arrivare con il nostro sistema fiscale), salvo poi rimanere impantanati nelle discussioni parlamentari delle forze politiche che non accettano di guardare la realtà per quella che è (Visco docet).