A certe condizioni, pur in assenza di in un documento recante l’intestazione “fattura”, il contratto potrà essere riconosciuto come tale
Un contratto di vendita con locazione finanziaria di ritorno, a cui le parti non hanno fatto seguire l’emissione di una fattura, può comunque essere considerato una fattura
Il contratto può valere come la fattura
Sono assimilati a una fattura tutti i documenti, quindi anche i contratti, che modificano e, o, fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale.
È a partire da questo riferimento, contenuto nell’art. 219, nonché dell’art. 203, della Direttiva 2006/212/CE che la Corte di Giustizia Europea nella sentenza Causa C 235/21 ha ritenuto che un contratto di vendita con locazione finanziaria di ritorno, a cui le parti non hanno fatto seguire l’emissione di una fattura, può comunque essere considerato una fattura.
In buona sostanza, osserva la Corte, se in un contratto scritto stipulato tra due soggetti passivi Iva, in relazione a una cessione di beni o a una prestazione di servizi, emerge oggettivamente:
- l’intenzione espressa da parte del venditore o del prestatore di servizi, in quanto parti contraenti, di costituire una fattura relativa a un’operazione specifica;
- l’intenzione espressa che possa ragionevolmente far presumere all’acquirente che egli possa, su tale base, detrarre l’Iva
- tutti gli elementi necessari ai fini della fattura e l’indicazione dell’Iva
il contratto potrà essere considerato valido anche alla stregua di una fattura e anche ai fini della detrazione Iva (tributo che, come recita l’art. 203 della richiamata direttiva, è dovuto da chiunque indichi tale imposta in una fattura).
Più nello specifico, se in un contratto (ad esempio, come nel caso di specie, di leasing finanziario) sono presenti tutte le informazioni necessarie affinché l’amministrazione finanziaria di uno Stato membro possa ricostruire la cessione e stabilire se nel caso di cui trattasi sono soddisfatti i requisiti sostanziali del diritto a detrazione dell’Iva, questa non può imporre, riguardo al diritto di detrarre tale imposta, condizioni supplementari a carico del soggetto passivo.
La neutralità dell’Iva
Il principio fondamentale di neutralità dell’Iva esige che la sua detraibilità a monte sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche laddove alcuni obblighi formali siano stati omessi dai soggetti passivi.
Per tale ragione, osservano i giudici europei, l’amministrazione finanziaria che dispone delle informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali siano stati soddisfatti, non può imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre tale imposta, condizioni supplementari che possano produrre l’effetto di vanificare l’esercizio di tale diritto.
L’art. 203 della Direttiva 2006/212 risponde all’esigenza di eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale. E, in effetti, tale rischio può essere evitato proprio attraverso la possibilità di riconoscere anche in un contratto gli elementi di una fattura: se in un contratto di vendita con locazione finanziaria di ritorno, le parti non hanno fatto seguire l’emissione di una fattura, ma l’amministrazione finanziaria disponga (attraverso il contratto stesso) delle informazioni necessarie per stabilire se i requisiti sostanziali del diritto alla detrazione dell’Iva siano soddisfatti, a prescindere dal fatto che l’Iva sia stata indicata, pur in assenza di in un documento recante l’intestazione “fattura”, questo potrà essere riconosciuto come fattura.