La clausola del beneficiario effettivo ha lo scopo di impedire che possa attuarsi una particolare forma di abuso, tanto delle convenzioni contro le doppie imposizioni che della stessa direttiva Ird
L’indagine sul beneficiario effettivo si articola in tre test, autonomi e disgiunti, che, a seconda della fattispecie concreta, prendono in considerazione dei “parametri spia” o “indici segnaletici
Come noto, l’art. art. 26-quater del DPR n. 600 del 1973, prevede l’esenzione dalle imposte sugli interessi e sui canoni corrisposti a soggetti residenti in Stati membri dell’Unione europea, qualora ricorrano determinate condizioni previste dal legislatore.
Più in particolare, il comma 4, lett. c), n. 1, dell’art. 26-quater del DPR n. 600 del 1973, dispone che l’esenzione si applica se le società non residenti e le stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro sono beneficiarie effettive.
A tal fine, sono considerate beneficiarie effettive di interessi o di canoni le società che ricevono i pagamenti in qualità di beneficiario finale e non di intermediario, quale agente, delegato o fiduciario di un’altra persona.
Ebbene, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 14905 del 2023 ha reso chiarimenti in merito all’ipotesi di esenzione degli interessi (e di altri flussi reddituali) dall’imposta, e in relazione alla qualifica del beneficiario effettivo, a partire da quanto disposto dalla direttiva 2003/49/CE (c.d. direttiva IRD), che prevede l’obbligo generale dello Stato di residenza di assoggettare a tassazione il soggetto destinatario degli interessi (dei canoni etc.), salvo l’applicazione della c.d. clausola del beneficiario effettivo (beneficial owner).
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Quando sono esenti gli interessi?
Il legislatore prevede l’esenzione al fine di assicurare ai flussi di interessi tra consociate (o stabili organizzazioni di consociate) di due diversi Stati membri il trattamento fiscale ad essi riservato nelle operazioni intercorse all’interno di un unico Stato membro.
A tal fine, gli interessi sono esenti dalla ritenuta nello Stato della fonte, per essere assoggettati ad imposta una sola volta nello Stato di residenza del creditore, il quale deve esercitare il potere impositivo che gli è stato affidato in via esclusiva.
In questo senso, osserva la Corte, la disciplina sul regime fiscale dei flussi transfrontalieri di interessi impone ai fini dell’esenzione di stabilire se il percettore “formale” ne sia o meno il beneficiario effettivo.
Chi è il beneficiario effettivo
L’indagine sul beneficiario effettivo richiede la verifica del ruolo concretamente assunto dall’eventuale società intermediaria (conduit company o société relais).
La clausola del beneficiario effettivo ha lo scopo di impedire che possa attuarsi una particolare forma di abuso, tanto delle convenzioni contro le doppie imposizioni che della stessa direttiva Ird, mediante l’interposizione reale (se la società esiste effettivamente) o fittizia (se la società è una costruzione puramente artificiosa, c.d. letter box), di società conduit in un flusso reddituale transfrontaliero.
In particolare, osserva la Corte, la condizione di “beneficiario effettivo” degli interessi costituisce un requisito da soddisfare affinché spettino i benefici concessi dalla direttiva e, come tale, non deve essere confuso con l’applicazione delle norme antiabuso.
Di volta in volta, conseguentemente, l’indagine volta a individuare il “beneficiario effettivo”, richiede un approfondito scrutinio in concreto della fattispecie oggetto di verifica, ad opera del giudice di merito, che sia idoneo a gettare luce sulla sostanza economica dell’operazione finanziaria.
La condizione di “beneficiario effettivo” degli interessi costituisce un requisito da soddisfare affinché spettino i benefici concessi dalla direttiva, lo Stato d’origine può imporre alla società percettrice degli interessi di dimostrare di esserne il beneficiario effettivo, nel senso di rappresentare l’entità che benefici effettivamente, sotto il profilo economico, degli interessi percepiti e disponga, pertanto, del potere di deciderne liberamente la destinazione.
Compete, quindi, alla società contribuente, anche per il principio di vicinanza della prova, dimostrare di essere il “beneficiario effettivo” sul piano sostanziale e non meramente formale.
L’indagine sul beneficiario effettivo
L’indagine si articola in tre test, autonomi e disgiunti, che, a seconda della fattispecie concreta, prendono in considerazione dei “parametri spia” o indici segnaletici.
Il primo test (il substantive business activity test) mira a verificare se la società interposta sia o meno una costruzione artificiosa in quanto, per i princìpi generali del diritto dell’Unione europea, gli Stati membri non possono avvalersi in maniera fraudolenta e abusiva delle norme di diritto eurounitario. Se una società non supera la prova dello svolgimento di un’attività economica effettiva, si è in presenza di un abuso e alla società non è precluso soltanto di fruire del regime fiscale riservato dalla direttiva Ird al beneficiario effettivo, ma anche di avvalersi del fascio di libertà e diritti riconosciuti dal Tfue.
Il secondo test (il dominion test) è il centro dell’indagine e, prescindendo da costruzioni artificiose, punta al cuore del significato economico della specifica operazione indagata, atteso che, in ipotesi, la stessa società ben può essere beneficiario effettivo riguardo i flussi finanziari provenienti da alcune operazioni del gruppo e non esserlo invece rispetto ad altre. Con esso si valuta la capacità della società di disporre liberamente degli interessi percepiti, se cioè essa ne sia o meno il beneficiario effettivo. Il “dominio” degli interessi ricevuti si ha quando la percipiente ne può disporre liberamente e non è tenuta a rimettere il flusso reddituale ad un terzo (che può essere anche una società appartenente allo stesso gruppo multinazionale). L’obbligazione restitutoria può risultare da un contratto o può essere desunta da elementi fattuali, quali, a titolo di esempio: il ristretto arco di tempo tra la ricezione degli interessi e il pagamento della rata del finanziamento ricevuto; la regolarità dei trasferimenti alla controllante; l’esiguità del margine di guadagno sugli interessi ricevuti; l’identità del management della società interposta e di quella destinataria finale del flusso reddituale; la circostanza che la società interposta non abbia deliberato il finanziamento, che non ne sopporti il rischio, o, ancora, che non possa rinunciare alle somme prestate. Se una società non supera il dominion test, spiega la Corte, non può essere considerata il beneficiario effettivo, ma non le è precluso di godere degli altri diritti e libertà sanciti dal diritto europeo.
Il terzo test (business purpose test) indaga sulle ragioni della deviazione del flusso reddituale, onde appurare se la “triangolazione” sia finalizzata soltanto al risparmio fiscale o se invece risponde ad altre motivazioni economiche.