In considerazione del fatto che è sempre più diffusa la pratica di archiviare online materiale importante o sensibile, occorre comprendere in che modo trasferire, e a chi, al momento della successione, le password e le credenziali per accedere a determinati servizi digitali
Anche quando si tratta di successione nei beni digitali, occorre individuare gli strumenti giuridici che possono facilitare il trasferimento agli eredi delle credenziali e delle password garantendo la segretezza dei dati
L’istituto della successione mortis causa, infatti, che affonda le sue origini nelle epoche più remote – risale agli antichi romani che, in forma articolata, disciplinarono il passaggio del patrimonio attraverso la legge delle XII Tavole, datata 450 a.C. – è chiamato continuamente ad adeguarsi ai nuovi modi di intendere, tutelare e tramandare il patrimonio.
La questione, così introdotta, riferisce inevitabilmente al tema dei beni digitali e al modo in cui si articola il loro trapasso successorio per causa di morte. Pur senza pretesa di esaustività, si può affermare che il patrimonio digitale è formato da beni di nuova concezione come account, password, software, intangible assets che, nella loro assoluta atipicità rispetto alle categorie tradizionali, conservano un valore economico e/o affettivo, hanno un mercato di riferimento e sono idonei a formare oggetto di proprietà privata.
E invero, stante il fatto che l’uso di archiviare online materiale importante o sensibile è sempre più diffuso, e alla luce del fatto che, l’ordinamento italiano, non prevede specifici strumenti giuridici per la trasmissione mortis causa del patrimonio digitale, e in particolare delle password e delle credenziali di accesso a determinati servizi digitali (ad es. mail, blog, archivi virtuali), è opportuno soffermarsi su alcune possibili soluzioni che, in linea di principio, possono tutelare la trasmissione di detti beni a favore degli eredi.
Prima però, è bene specificare che detenere una password non vuol dire necessariamente avere la titolarità del contenuto cui questa permette di accedere. Disporre di una password significa, infatti, possedere soltanto il codice alfanumerico che consente l’accesso a un certo patrimonio digitale. Non vuol dire, pertanto, possedere anche il patrimonio digitale.
Il testamento
Avvalersi del testamento nell’ambito della successione digitale per trasferire le credenziali o le password, può non essere la scelta più opportuna. Il testamento pubblico, redatto innanzi al notaio rende conoscibili le disposizioni testamentarie; quello olografo, sortisce lo stesso effetto, stante il fatto che viene pubblicato alla morte del de cuius. Il testamento, dunque, anche se conservato da notaio, potrà essere accessibile a tutti, di modo che, riportare la password all’interno della scheda testamentaria è sconveniente in quanto mina il concetto stesso di segretezza della password.
Il legato di password
Si tratta di un lascito avente ad oggetto la chiave di accesso ad un determinato patrimonio digitale del defunto. E invero, anche se è possibile intendere il legato di password (ex art. 655 c.c.) alla stregua del legato da prendersi in un certo luogo (soluzione che permetterebbe di indicare nel testamento il luogo ove le password si trovano), detto strumento va incontro agli stessi limiti del testamento; presentando l’ostacolo della potenziale ostensibilità a terzi delle credenziali di accesso agli account.
Mandato post mortem exequendum
Detto mandato è un contratto inter vivos, la cui esecuzione è differita e avverrà alla morte del mandante. In questi termini, il mandatario, alla morte del de cuius, dovrà compiere determinati atti da quest’ultimo indicati: pertanto, secondo le istruzioni ricevute, dopo la morte del mandante il mandatario potrà accedere con le password ricevute ai dati digitali. Detto strumento, in linea di principio, sembra idoneo al fine preposto. La password, infatti, non coincide con il bene cui pure dà accesso e, pertanto, non ha valore patrimoniale. Per tale ragione, l’ipotesi di nullità che viene in rilievo quando si tratta di mandato post mortem (che è nullo nella misura in cui consiste in un’attribuzione patrimoniale) non è integrata.
Siti specializzati
Esistono varie piattaforme digitali che consentono di conservare le credenziali e le password dell’utente con il fine, in caso di morte di quest’ultimo, di trasferirle alla persona dallo stesso indicata. Anche in questo caso, si può parlare di mandato post mortem, rivolto però ad un servizio digitale a pagamento che, alla stregua di un mandatario, compirà l’atto di trasferire le credenziali all’individuo prescelto dal de cuius. E invero, se per certi versi, questi sistemi paiono rispondere all’esigenza di tutelare la segretezza delle credenziali e trasferirle solo al soggetto indicato dal de cuius, possono generare anche dei rischi. Da un lato, detti servizi, potrebbero improvvisamente disattivarsi, con consequenziale perdita delle credenziali; dall’altro, non v’è certezza circa l’affidabilità dei gestori di questi servizi, stante il fatto che manca l’elemento della fiducia e della conoscenza diretta da parte del del cuius che, in vita, decide di affidare loro le credenziali.
Per queste ragioni, anche quando si tratta di successione nei beni digitali, occorre rivolgersi ad un professionista, al fine di individuare le migliori soluzioni, in relazione alle specifiche esigenze del cliente, alla luce della prassi e degli strumenti giuridici disponibili.