Per assumere la qualità di erede non è sufficiente la mera chiamata all’eredità, né la denuncia di successione trattandosi, quest’ultimo, di un atto di natura meramente fiscale
In mancanza di prova dell’avvenuta accettazione dell’eredità i pretermessi non possono considerarsi soggetti passivi d’imposta
La Cassazione ha perciò ritenuto che l’erede pretermesso, quale soggetto estraneo alle vicende testamentarie, non può essere destinatario di alcuna pretesa fiscale rivolta al testatore, né può essere considerato, conseguentemente, legittimato passivamente a rispondere per il debito tributario del de cuius.
Ai fini dell’acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell’eredità che segue l’apertura della successione, essendo necessaria l’accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza.
E, in ogni caso, osservano i giudici di legittimità, in mancanza di prova dell’avvenuta accettazione dell’eredità i contribuenti pretermessi non possono considerarsi presuntivamente soggetti passivi d’imposta.
Più nel dettaglio, la pronuncia, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, mette in evidenza che ai fini della assunzione della qualità di erede non è sufficiente la mera chiamata all’eredità, né la denuncia di successione. Trattandosi (la denuncia) di un atto di natura meramente fiscale.
Motivo per cui irregolare doveva essere ritenuta la notifica della cartella di pagamento Ici corrisposta agli eredi pretermessi e riconducibile al de cuius.
Infatti, l’art. 754 c.c. dispone che solo gli eredi sono tenuti verso i creditori al pagamento dei debiti e pesi ereditari personalmente in proporzione alla propria quota.