La misura della confisca è legittima se è dimostrata la concreta disponibilità del bene e la materiale relazione tra questo e il reo
Non è possibile dimostrare la titolarità del bene, e giustificare la confisca, solo sulla base del rapporto di parentela tra il donante e il donatario
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, oltre a confermare la sentenza di condanna emessa in primo grado a carico dell’imprenditore ritenuto responsabile del reato di omesso versamento Iva, disponeva, altresì, la confisca per equivalente dei beni immobili da questo trasferiti per donazione ai propri figli, sostenendo che il trasferimento fosse meramente fittizio. Posto in essere al solo fine di sottrarre garanzie al fisco.
Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di secondo grado, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dall’imprenditore, annullava la confisca, ritenendo non dimostrata in concreto la natura fittizia del trasferimento dell’immobile.
Ad avviso della Suprema Corte, non solo non poteva qualificarsi come apparente la disponibilità dell’immobile a favore dei figli ma, inoltre, anche dal punto di vista temporale, non sembrava potersi dire integrata la presunzione di fittizietà del trasferimento in quanto gli immobili risultavano donati già prima del sequestro.
Nei reati tributari, quando non è possibile procedere alla confisca diretta dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, si procede al sequestro e quindi alla confisca per equivalente, colpendo quei beni che, identici nel valore, risultano nella mera disponibilità del reo.
Altrimenti detto, la disponibilità del bene è integrata ogniqualvolta tra il bene, oggetto di confisca, e il reo, vi sia una effettiva relazione, connotata da poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.
Una siffatta interpretazione, pertanto, consente di procedere alla confisca dei beni anche quando questi si trovano, solo formalmente, nella disponibilità di terzi, risultando invece, in via concreta, sotto la signoria del reo; o, meglio ancora, quando ricadono, direttamente o indirettamente, dunque per il tramite di altri, nella sfera dei suoi interessi economici.
In questo senso, la donazione fatta dal reo a favore dei figli spingeva i giudici di merito a considerare il trasferimento meramente strumentale, in quanto teso esclusivamente a mascherarne la disponibilità e sottrarre garanzie all’erario.
E invero, come hanno ritenuto i giudici di legittimità, non solo i beni erano stati donati in data anteriore al provvedimento di sequestro preventivo, ma non vi era prova concreta a dimostrazione del fatto che il reo avesse mantenuto, anche dopo la donazione, ritenuta fittizia, l’effettiva disponibilità dei beni. Piuttosto, a parere della Corte di Cassazione, non è possibile dimostrare la titolarità del bene, o la sua disponibilità, e conseguentemente giustificare la confisca, solo in funzione del rapporto di parentela che intercorre tra il reo, donante, e i figli, donatari.