La morte, pur se scioglie il vincolo matrimoniale, non può essere considerata quale evento idoneo a fa venir meno, tuttavia, la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare, basata sulla solidarietà coniugale
Far gravare sull’istante il rischio della morte del coniuge equivale a porre a carico di chi ha già maturato i presupposti costitutivi del diritto al riconoscimento della cittadinanza un’alea che gli è totalmente estranea
La morte del coniuge cittadino italiano non determina il
venir meno del diritto, ove integrati i requisiti necessari, del coniuge
straniero ad acquisire la cittadinanza.
È infatti irragionevole, nonché in contrasto con il
principio di cui all’articolo 3 della Carta Costituzionale, negare la
cittadinanza allo straniero sposato con un cittadino italiano ma rimasto vedovo,
dopo aver presentato l’istanza e prima della definizione del relativo procedimento.
Per tale ragione, come emerso nella recente sentenza n. 195 del 2022, della Corte Costituzionale, deve essere dichiarato illegittimo l’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, nella parte in cui non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento di cui al successivo articolo 7, comma 1”.
Come osservano i giudici della Consulta, la ratio della disciplina richiamata è quella di offrire allo straniero o all’apolide un modo di acquisto della cittadinanza agevolato rispetto ai meccanismi concessori, sul presupposto della sua appartenenza a una comunità familiare, fondata sul vincolo matrimoniale con un cittadino italiano.
Elementi costitutivi per il riconoscimento della cittadinanza, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992, sono la sussistenza, al momento della presentazione dell’istanza, di un rapporto coniugale, protratto per il periodo di tempo richiesto dalla legge, in mancanza delle vicende che inficiano il matrimonio o il relativo rapporto.
Ad avviso dei giudici, far gravare sull’istante il rischio della morte del coniuge – nella pendenza del procedimento di ottenimento dello status di cittadino – equivale a porre a carico di chi ha già maturato i presupposti costitutivi del diritto al riconoscimento della cittadinanza un’alea che gli è totalmente estranea, che sfugge alla sua sfera di controllo e che non attiene alle ragioni costitutive del diritto alla cittadinanza.
Lo straniero rimasto vedovo, che ha vissuto nella comunità familiare costituita in virtù del vincolo matrimoniale con il cittadino italiano, non solo per tutto il tempo richiesto dalla legge per presentare l’istanza di cittadinanza, ma anche per tutto il tempo successivo, sino a che l’evento naturale della morte ha reso impossibile la prosecuzione di tale rapporto, non può vedersi precluso il suo diritto al riconoscimento della cittadinanza per effetto di un evento naturale sottratto al suo dominio.
In questi termini, la morte, pur se scioglie il vincolo matrimoniale, non può essere considerata quale evento idoneo a fa venir meno, tuttavia, la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare, basata sulla solidarietà coniugale, e dunque non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi.