Iniziare un corso universitario significa non solo confrontarsi con una nuova fase della vita ma, anche, con delle spese rilevanti – relative alle tasse universitarie e a canoni di locazione per i fuori sede – che possono incidere in modo considerevole sul bilancio familiare
È importante conoscere le agevolazioni fiscali che consentono di ridurre gli oneri correlati alla frequenza dei corsi universitari
Far studiare un figlio all’università, senza dubbio, significa garantire una formazione approfondita che consente di aprire le porte a nuove prospettive lavorative.
Allo stesso tempo, vuol dire fare i conti con le tasse universitarie e con le spese di vitto e alloggio degli studenti fuori sede iscritti in università fuori regione o, addirittura, fuori nazione.
Prima di entrare nel dettaglio, evidenziando in che modo e in che termini è possibile incidere positivamente sugli oneri correlati alle spese universitarie, occorre prestare attenzione ad alcuni dati rilasciati dall’Ue nell’ambito del report “National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2020/21”.
Il report in questione, infatti, in ottica comparativa, tenendo conto dei sistemi di tassazione universitaria degli Stati Ue e dell’area europea, permette di comprendere dove è più conveniente studiare.
Come emerge dal documento, sono sette gli Stati in cui si applicano meno tasse a carico degli studenti (residenti e non). Si tratta, in particolare, di Danimarca, Grecia, Cipro, Malta, Finlandia, Svezia e Turchia.
Con riferimento all’Italia, invece, come risulta evidenziato dal grafico sotto riportato, le tasse di iscrizione e immatricolazione, a partire dal primo ciclo di studi universitari, sono tra le più alte.
L’art. 15 Tuir, rubricato “Detrazioni per oneri”, consente di detrarre dall’imposta lorda il 19% delle spese sostenute dal contribuente per la frequenza di corsi di istruzione universitaria presso università statali e non statali, in Italia o all’estero.
Rispettivamente, per le università statali, la detrazione Irpef (che dovrà risultare all’interno della dichiarazione dei redditi 2021, con riferimento all’anno di imposta 2020) è ammessa per l’intera quota corrisposta a titolo di spese di frequenza. Per le università private, invece, non potrà superare la soglia individuata annualmente, e per ogni facoltà, dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca.
In particolare, per quanto concerne la detraibilità delle spese sostenute per la frequenza di corsi universitari presso università non statali per l’anno 2020, occorre prendere come riferimento il decreto ministeriale entrato in vigore nel 2021, all’interno del quale – divisi per classi di laurea e per aree disciplinari e geografiche – sono indicati i limiti massimi di detrazione.
In via generale, la detrazione per le tasse universitarie opera in funzione delle spese sostenute per la frequenza di corsi di istruzione universitaria; di perfezionamento; di master e dottorati; nonché per gli istituti tecnici superiori e musicali.
Per quanto riguarda la tipologia di spese detraibili, si deve osservare che l’agevolazione spetta per le tasse di immatricolazione, di iscrizione agli anni successivi e, infine, per le tasse di laurea.
E invero, oltre alla possibilità di detrarre le tasse universitarie, è possibile, sempre nella misura del 19% (ma entro un limite massimo di 2.633 euro) detrarre i canoni di locazione pagati in funzione dei corsi frequentati fuori sede.
La detrazione opera sui contratti di locazione o di ospitalità stipulati con privati o con collegi universitari ed è valida anche se la spesa è sostenuta per l’affitto di un appartamento o di una stanza all’estero; relativamente ad un corso di laurea seguito presso una università straniera.
Infine, occorre prestare attenzione alla documentazione necessaria per la detrazione delle spese universitarie.
Al riguardo, è bene conservare le quietanze e le ricevute relative ai pagamenti effettuati per l’iscrizione ai corsi universitari, come pure tutti i documenti giustificativi delle spese rilasciati dall’ente che attestano i pagamenti sostenuti.