Diversity, California: più trasparenza sui salari, verso la legge

Nella giornata del 30 agosto è stato presentato un disegno di legge che impone alle aziende con almeno 15 dipendenti di includere la tariffa oraria o la fascia salariale negli annunci di lavoro
Leggi sulla trasparenza salariale sono state già approvate in altri paesi a stelle e strisce, tra cui Connecticut, Nevada e Washington. In Colorado, invece, nel gennaio 2021 è entrata in vigore la legge sulla parità retributiva a parità di lavoro
Avviato l’iter legislativo sulla trasparenza salariale in California: nella giornata del 30 agosto è stato presentato un disegno di legge che impone alle aziende con almeno 15 dipendenti di includere la tariffa oraria o la fascia salariale negli annunci di lavoro. Dati che, ai sensi della legge sulla parità retributiva già in vigore (“California equal pay act”), sono oggi tenute a fornire a seguito di una specifica richiesta successiva a un colloquio di lavoro. Secondo Jamie Kohn, research director di Gartner (multinazionale che si occupa di consulenza strategica, ricerca e analisi nel campo della tecnologia dell'informazione) intervistato da Cnbc Make It, potrebbe spianare la strada a più interventi su questo fronte negli Stati Uniti. Strizzando l’occhio alla parità di genere.
Il progetto di legge, che attende di essere ratificato dal governatore della California Gavin Newsom, prevede che le aziende con sede in California che assumono al di fuori dello Stato non siano tenute a includere le fasce salariali negli annunci di lavoro. Dovranno farlo tuttavia quelle aziende con sede al di fuori della California e che assumono per lavori da svolgere all’interno dei confini dello Stato. “La trasparenza salariale non riguarda solo i soldi”, osserva Kohn. “Si tratta di equità e rispetto”. E gli stessi candidati, spiega, considerano le aziende che non includono la busta paga nella descrizione degli annunci di lavoro come meno eque.
Trasparenza salariale: a che punto sono gli Usa
Leggi sulla trasparenza salariale sono state già approvate in altri paesi a stelle e strisce, tra cui Connecticut, Nevada e Washington. In Colorado, invece, nel gennaio 2021 è entrata in vigore la legge sulla parità retributiva a parità di lavoro che richiede tra l’altro ai datori di lavoro di rivelare la fascia salariale in tutti gli annunci. E i primi dati suggeriscono come abbia spinto più persone a cercare mansioni nello Stato, nonostante un calo dei nuovi posti di lavoro disponibili. Anche New York City è pronta a emanare la sua legge sulla trasparenza salariale, che dovrebbe entrare in vigore a novembre. Stando agli economisti, questa tipologia di politiche rappresentano la chiave per colmare i divari salariali razziali e di genere (basti pensare che le donne negli Usa guadagnano 82 centesimi per ogni dollaro guadagnato dagli uomini, secondo l’Us Census Bureau). Ma anche un grande strumento di reclutamento.
Certo, avverte Kohn, non mancano alcune problematicità che i datori di lavoro dovranno fronteggiare. Innanzitutto, spiega, conformarsi alla legge sulla trasparenza salariale richiederà molto tempo. Chi si occupa delle risorse umane, tra l’altro, teme che i candidati focalizzino la propria attenzione sulla retribuzione di base e trascurino flessibilità e opportunità di crescita. I dipendenti, invece, potrebbero manifestare del malcontento laddove scoprissero di venire sottopagati rispetto ai neoassunti. Ciononostante, secondo Kohn, Stati, città e aziende dovrebbero considerare l’ultima mossa della California come un impulso ad attuare proprie politiche di trasparenza.
California, quote rosa definite “incostituzionali”
Ricordiamo che lo scorso maggio il giudice Maureen Duffy-Lewis della Corte Superiore della Contea di Los Angeles aveva dichiarato incostituzionale la legge che richiede alle aziende quotate di fare spazio alle donne nei board. Negando una connessione con un potenziale miglioramento delle performance finanziarie. Eppure, la ricetta della California per la diversity affonda le proprie radici nel tempo. Nell’ottobre del 2018 l’ex governatore Jerry Brown aveva approvato una riforma che obbligava le aziende quotate con sede nel Golden State di includere almeno una donna nel proprio Cda. Dal 2021, invece, le aziende con sei o più amministratori avrebbero dovuto fare spazio ad almeno tre donne. Ma, secondo quanto risulta al Financial Times, il giudice Duffy-Lewis ha sostenuto che lo Stato non sia riuscito a dimostrare una connessione tra la presenza di donne nel board e il miglioramento delle performance, definendo la ricerca accademica sull’argomento “inconcludente”.
Ciononostante, i numeri sulla parità di genere parlano chiaro. Secondo un recente studio di Clarify Capital, la California è il primo Paese Usa in cui trasferirsi per fare impresa al femminile. L’indagine prende in considerazione cinque variabili: la quota di piccole imprese di proprietà femminile, il rapporto retributivo tra donne e uomini, il tasso di disoccupazione femminile, il numero di aziende guidate da donne con un fatturato annuo di un milione di dollari o più e infine il numero di imprese femminili ogni 10mila residenti. Tutti dati ottenuti dal più recente Us Census bureau annual business survey (2020) e dall’Annual community survey (2020). Ebbene, la California può contare sul maggior numero di aziende a guida femminile con un fatturato annuo superiore al milione di dollari. E si classifica quinta per divario retributivo di genere (le lavoratrici guadagnano attualmente circa l’88% del salario delle controparti maschili, rispetto a una media nazionale dell’81%).