Durante la crisi è aumentata l’importanza dell’immobile residenziale per le famiglie italiane. La casa riveste un ruolo sempre più rilevante
Otto famiglie su 10 possiedono la casa che abitano. Circa un terzo dispone anche di una seconda casa. Sul mondo del private, tutte queste metriche sono amplificate: praticamente tutte le famiglie posseggono la casa di proprietà e almeno un altro immobile
I wealth manager devono aiutare la famiglia ad ottimizzare gli asset immobiliari, in relazione al patrimonio complessivo, esaminando nel dettaglio rischi e opportunità
Come è noto, gli effetti della pandemia hanno pesato in modo rilevante sul settore e il governo ha intensificato gli incentivi alla riqualificazione del patrimonio immobiliare. Ma se leggiamo la relazione fra famiglie e immobili su un piano più sociologico, notiamo che anche le percezioni degli italiani (sia in quanto proprietari che investitori immobiliari) sembrano cambiate. È aumentata la rilevanza dell’immobile residenziale (prima o seconda casa): la casa è più importante nel sistema di protezione della famiglia. Sia come luogo di residenza che come luogo di vacanza. C’è da aspettarsi un investimento maggiore (emotivo e non solo) su questi versanti, malgrado le prudenze che la situazione economica consiglia. La prudenza, non dimentichiamolo, connota anche le famiglie del nostro private banking, colpite in modo significativo – come imprenditori e professionisti – dalla crisi covid.
Nel medesimo periodo sembra anche aumentare la “rischiosità” dell’immobile per investimento (residenziale, turistico o com- merciale…), soggetto più che in passato a rischi di insolvenza, abbandono (ad esempio le chiusure dei negozi), adeguamenti verso il basso degli affitti, crolli improvvisi delle prenotazioni turistiche. Per le famiglie benestanti che hanno visto ridursi il flusso di reddito nel periodo sta anche diventando più importante una gestione del patrimonio più sinergica. Ad esempio la componente degli investimenti finanziari deve poter essere in grado di controbilanciare almeno in parte la riduzione del reddito stesso. Ad esempio deve fornire flussi cedolari che vadano a coprire proprio le spese fisse generate dal patrimonio immobiliare (si pensi anche solo alle scadenze fiscali delle scorse settimane).
Questa maggiore rilevanza del real estate, nel bene e nel male, solleva l’interrogativo: qual è il ruolo dell’immobiliare nella consulenza private? La risposta non è semplice. A parole tutte (o quasi) le banche dichiarano di offrire servizi di real estate ai propri clienti, ma quando si va a verificare sul campo, il reale utilizzo è contenuto e la relazione con il cliente resta spesso confinata all’importante (ma parziale) area degli asset finanziari. Parlando con i banker, spesso il tema immobiliare viene visto con un certo distacco e considerato non prioritario, a meno che non sia un passo per aumentare gli asset finanziari in gestione (ad esempio nei casi di dismissioni di patrimoni immobiliari), o -per alcuni – consenta di proporre mutui immobiliari o crediti Lombard.
I clienti stessi spesso non si aspettano di ricevere supporti e consulenza in questo campo. Ma quando si entra nel concreto e si propongono servizi pratici ed utili alla famiglia, anche il campo dei servizi di real estate si anima. E sia i clienti che i consulenti reagiscono mostrando genuino interesse. I servizi concreti, sono quelli che orbitano attorno ad un concetto: considerare il patrimonio immobiliare del cliente e della sua famiglia, non un dato di fatto, ma una asset class da gestire con oculatezza e visione, centrando le strategie sui bisogni di breve e medio-lungo termine della famiglia. Con la capacità da parte della banca di adattare questi servizi alla taglia del cliente: devono essere utili al cliente private che possiede due-tre unità immobiliari, così come ad un cliente con esigenze più complesse. La personalizzazione industriale, l’efficienza ed il controllo dei costi nel fornire un valore concreto al cliente, di qualsiasi taglia sia, è esiziale.
I corollari di questa customizzazione sono molti: aiutare la famiglia a valutare in termini di efficienza il proprio investimento immobiliare, aiutarla a valutare il rischio (non solo di caduta dei corsi di mercato, ma anche di illiquidità dello stesso), il profilo fiscale, fornire una consulenza concreta ed indipendente sul vantaggio di detenere questo patrimonio in forma immobiliare o di convertirlo in altre asset class, fino ai temi più basici di valorizzazione, valutazione, compravendita, etc. In sintesi, la materia immobiliare è ricca di opportunità per la consulenza finanziaria che si rivolge al wealth management, malgrado e forse anche grazie agli up&down del real estate in questo periodo. Resterà importante anche nei prossimi anni, quando a causa del passaggio generazionale si concentrerà su un numero inferiore di famiglie medio-giovani che potrebbero avere più immobili che capacità di gestione (e forse di liquidità). Tutto considerato, sarebbe un’area da rivalutare molto velocemente rimettendola al centro delle strategie di wealth management. La capacità della consulenza finanziaria di dare valore nella gestione del patrimonio immobiliare non rappresenta solo l’opportunità di aggiungere un asset class al proprio perimetro di azione. Consente di attuare quella rivoluzione che porta i clienti ed i loro bisogni al centro della consulenza e non (solo) il loro portafoglio finanziario.
Deve essere questo l’obiettivo di un wealth management enhanced, più evoluto, centrato sugli umani e le loro scelte in materia del denaro a tutto tondo e meno in balia delle performance finanziarie dei mercati.