Come muoversi?
“Prima di affrontare un investimento immobiliare è buona norma affidarsi a un professionista del posto per essere guidati correttamente all’acquisto. È inoltre importante verificare i profili di tassazione locale che, a seconda del paese, potrebbero riguardare le imposte sulla proprietà, le imposte sui redditi in relazione agli affitti percepiti e le tasse per l’occupazione del bene (ad esempio, la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, le tasse di soggiorno, etc.)”, spiega Stefano Guerreschi, partner di Osborne Clarke, che poi prosegue dicendo che è altrettanto importante consultare – meglio in via preventiva – anche il proprio consulente italiano per verificare quali siano le implicazioni fiscali che ne derivano dall’investimento immobiliare in quel particolare paese.
“Considerare questo punto di vista è fondamentale per comprendere che i redditi ed il patrimonio posseduti da “soggetti residenti italiani” in qualsiasi parte del mondo sono soggetti a tassazione in Italia e comunque possono essere soggetti a obblighi dichiarativi al fisco italiano – aggiunge Guerreschi – Il principio del worldwide taxation, che sta alla base di questo approccio, è una regola diffusa in tutti i principali paesi industrializzati del mondo e in genere confligge e si sovrappone con la tassazione dei redditi prodotti nel paese in cui vengono realizzati gli investimenti”.
Cosa bisogna fare, allora, per evitare o almeno per limitare gli effetti della doppia tassazione sugli investimenti immobiliari esteri?
“È opportuno fare due riscontri. Il primo è verificare l’esistenza di un trattato contro le doppie imposizioni che l’Italia ha sottoscritto con numerosi paesi; il secondo è valutare l’impatto effettivo che la norma italiana del nostro ordinamento fiscale (art. 165 Tur) dispone per evitare la doppia tassazione in Italia di un reddito già tassato all’estero”, risponde l’esperto di Osborne Clarke.
Quali sono le imposte italiane che colpiscono i patrimoni immobiliari esteri?
“Seguendo l’approccio appena introdotto è intuitivo comprendere che sugli immobili esteri graveranno quelle imposte che normalmente sono dovute in Italia per tale categoria di beni/redditi: l’Irpef, sui redditi delle locazioni e sulla eventuale plusvalenza realizzata per la rivendita dell’immobile entro cinque anni dall’acquisto; l’Ivie (l’imposta sui valori immobiliari esteri che corrisponde all’Imu), generalmente pari allo 0,76%, è rapportata al valore dell’immobile e alla quota di possesso”, dichiara Guerreschi, che poi aggiunge: “Attenzione, le regole di determinazione della base imponibile cambiano a seconda che l’immobile si trovi in uno dei paesi dell’Ue (più Norvegia e Islanda) oppure no”.
Un aspetto da non trascurare riguarda inoltre la segnalazione da effettuare nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno dell’investimento immobiliare.
“Sarà necessario infatti comunicare nel quadro Rw al fine del monitoraggio fiscale i trasferimenti dei valori finanziari all’estero e le consistenze finanziarie dei conti correnti esteri eventualmente accesi ad esempio per la gestione delle spese dell’immobile”, conclude il partner di Osborne Clarke.