Pascucci (Milano Contract District): “I serviced apartment rappresentano un nuovo modello di abitare urbano, di livello medio/medio-alto, qualificato e che si rivolge a single, coppie e famiglie che prediligono la locazione all’acquisto, ma anche a expats e a young professional in carriera”
I serviced apartment si differenziano rispetto ad altre formule, per esempio dagli shared apartment (pensati sulla logica di stanze più spazi comuni per zone living e cucina) o dagli student house (pensati su una definizione di target e di uso specifico)
In poche parole, “l’offerta deve essere pensata e costruita sui futuri residenti che non cercano più solo una residenza, ma anche una serie di servizi a complemento”, ha proseguito il founder di Milano Contract District, aggiungendo che anche la gestione degli immobili è un fattore importante per il successo di queste nuove proposte abitative e per lo sviluppo di un senso di comunità nei residenti.
Attenzione però: non bisogna confondere i serviced apartment con altre soluzioni presenti sul mercato già da diversi anni. “I serviced apartment si differenziano rispetto ad altre formule, per esempio dagli shared apartment (pensati sulla logica di stanze più spazi comuni per zone living e cucina) o dagli student house (pensati su una definizione di target e di uso specifico)”, ha precisato Pascucci, spiegando, che questa formula si rivolge a un target evoluto, di elevato profilo. “Un abitante che chiede spazi residenziali adeguati alla nuova organizzazione sociale delle grandi città: spazi privati ma sempre più ridotti, dotati di ogni comfort e tagliati su misura per chi li vive e che, di contro, richiedono a volte del supporto di ambienti ad uso comune per completare servizi e alcune funzioni collettive, coinvolgendo le persone in un rapporto che diventa sempre più relazionale e partecipativo… in una parola molto attuale: social”, ha dichiarato l’esperto.
Una cosa è certa: il volto delle grandi città, prima tra tutte Milano, sta cambiando molto. Secondo le ultime indagini svolte dal Centro Studi di Abitare Co. sulla popolazione milanese, tre under 35 su quattro cercano una casa in affitto, mentre fra le persone comprese tra i 36 e i 55 anni la percentuale è del 60%. La propensione all’affitto scende tra le persone più anziane, ma un terzo è comunque potenzialmente interessato. Tra i motivi principali per cui le persone propendono per l’affitto piuttosto che per l’acquisito, spiccano: costi di manutenzione e operativi, sicurezza, accessibilità.
Negli ultimi cinque anni, il mercato residenziale milanese ha avuto una significativa crescita (sia dal punto di vista degli affitti che dei volumi di vendita). La pandemia ha rallentato il trend, ma il settore è riuscito in ogni caso a guardare oltre.
Quali sono le attese per il futuro per gli immobili destinati all’affitto?
Nei prossimi anni, Milano sarà la protagonista degli sviluppi edilizi dedicati all’affitto (private rented sector), in gran parte grazie alla convergenza di interessi tra investitori privati e amministrazione pubblica nella governance locale. Il capoluogo lombardo ha un trend di crescita demografica unico: sono previsti 280mila nuovi residenti entro il 2036. Ma, stando ai dati del Centro Studi di Abitare Co, lo stock residenziale è insufficiente (sia in vendita che in affitto) e presumendo che gli affitti residenziali mantengano la loro accessibilità nel lungo termine, il rapporto tra affitto e reddito disponibile per Milano (42%) continuerà ad attestarsi tra i più alti d’Europa. In questo scenario, il mercato private rented sector (Prs) copre complessivamente un numero molto ridotto di famiglie, ma il suo ruolo si va rafforzando, grazie a una maggiore concorrenza tra le varie categorie di utenti della città (turisti, studenti, young professional e short-term worker) che attualmente esercitano una pressione significativa sul mercato immobiliare