Nell’operazione ricorre lo scopo di lucro tipico dell’attività imprenditoriale
L’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 152 ribalta l’impostazione della contribuente che riteneva l’operazione fiscalmente non rilevante
Il caso esaminato ha a oggetto un’operazione che può essere suddivisa in tre fasi:
- una prima fase rivolta al cambio di destinazione d’uso di una unità immobiliare previo l’ottenimento delle dovute autorizzazioni dagli uffici competenti. Nel caso di specie il cambio di destinazione ha riguardato un immobile originariamente accatastato come C2. In questa categoria vi rientrano in termini generali i locali utilizzati per il deposito di merci, i locali di sgombero, i sottotetti;
- la seconda fase consistente nella suddivisione dell’immobile in tre unità immobiliari di categoria A/3 (abitazioni);
- e la terza e ultima fase rappresentata dalla successiva alienazione delle abitazioni, convenendo contrattualmente che le necessarie opere di ristrutturazione e risanamento conservativo rimanessero a totale carico dei potenziali acquirenti.
Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la qualifica di imprenditore può essere attribuita anche a chi semplicemente utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi. Inoltre, l’esercizio dell’impresa può esaurirsi anche con un singolo affare in considerazione della sua rilevanza economica e delle operazioni che il suo svolgimento comporta.
Su questi principi si basano le conclusioni dell’amministrazione finanziaria che ha quindi ritenuto necessaria la tassazione delle vendite. Ne consegue che il reddito generato dalla vendita delle suddette unità immobiliari deve essere considerato imponibile quale reddito rientrante nella categoria dei redditi di impresa di cui all’articolo 55 e successivi del Tuir.
Le conclusioni dell’Agenzia delle Entrate andrebbero approfondite.
L’amministrazione qualifica come reddito di impresa il ricavo delle vendite e non come reddito diverso in cui ricadono invece i redditi derivanti dall’esercizio “occasionale” di attività commerciali. Quest’ultima categoria è più ampia della prima non richiedendo il requisito dell’organizzazione che invece per il reddito di impresa è essenziale. Nel caso di specie non pare ricorrere tale presupposto atteso che l’istante è una persona fisica che, almeno nelle premesse, appare agire come privata priva quindi di una qualsiasi forma di organizzazione. Probabilmente l’Agenzia ritiene che nel caso in esame ricorra il requisito dell’abitualità dell’esercizio dell’attività (tipico del reddito di impresa) sul presupposto che le vendite avranno a oggetto tre unità immobiliari (e non una). Per tale motivo immaginiamo faccia ricadere il reddito tra quelli di impresa e non tra quelli diversi. Ma anche tale circostanza andrebbe meglio verificata perché stiamo parlando sempre di un’unica unità immobiliare seppur frazionata in tre unità abitative.
Nella risposta n. 152 non vengono citate le conseguenze Iva dell’operazione. L’esercizio dell’attività di impresa è invero uno dei requisiti anche per la rilevanza Iva delle operazioni, ai sensi dell’art. 4 del Dpr 26 ottobre 1972 n. 633. La cessione di fabbricati abitativi è però in generale esente da Iva ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8-bis del Dpr 633/1972 con alcune eccezioni. Tra queste, la cessione da parte di imprese che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di restauro e risanamento conservativo. Nel caso oggetto dell’interpello tali lavori sono posti a carico degli acquirenti e dunque non ricadono nell’eccezione di cui sopra. Con la conseguenza che, si presume, le operazioni di vendita esaminate dall’Agenzia delle Entrate siano da considerarsi esenti da Iva.