I criteri Esg guidano le scelte di tutti gli operatori della filiera del real estate, dall’investitore fino al consumatore, e hanno un impatto importante sullo sviluppo delle attività di business
L’immobile non è solo a servizio di chi lo utilizza, ma dell’intera comunità
Tra i vari trend, si assiste a una riscoperta delle periferie, con il residenziale che fa da traino al commerciale
“I due anni appena trascorsi sono stati probabilmente i più ardui della storia del settore retail, della ristorazione commerciale e del leisure e hanno portato all’affermazione di un nuovo modello di consumo”, ha dichiarato in apertura Francesco Pupillo, show director Mapic Rx France, spiegando che il consumatore oggi è mosso da valori nuovi che animano le sue scelte. “Il consumo dev’essere responsabile e le attività di business devono perseguire una finalità che deve andare oltre la ricerca del semplice profitto; il business e i consumi devono avere, infatti, un ruolo e un impatto positivo sulla società e sull’ambiente – ha proseguito Pupillo – Le nuove generazioni sono estremamente sensibili a questi valori. Al tempo stesso, il consumatore richiede delle consegne sempre più rapide dei propri acquisti, prezzi sempre più convenienti e una disponibilità immediata dei prodotti e ciò ha portato all’arrivo di nuovi player sul mercato che sono in grado oggi di gestire, grazie alle nuove piattaforme tecnologiche disponibili, il “last mile” in una maniera nuova e con un impatto importante sui modelli di business”.
Di avviso simile Patrizia Liguti, partner di Chiomenti, che ha spiegato: “Esg significa ripensare i modelli di sviluppo economico attuali, o, come preferisco dire, rigenerare questi modelli per migliorare la qualità della vita, definendo un nuovo modo di rapportarsi al mondo: non guardare più soltanto al mero soddisfacimento di bisogni presenti, ma prendersi cura di tutto ciò che ci circonda, per garantire questa stessa possibilità alle generazioni future”.
Valeria Falcone, head of value-add investing Europe, portfolio manager Barings, ha poi spiegato che “l’immobile non è solo a servizio di chi lo utilizza, ma dell’intera comunità”. Fabrizio Zichichi, project director Lendlease, ha parlato della necessità di puntare “sulla rigenerazione urbana” per “creare le città del futuro”; Silvia Rovere, president Confindustria Assoimmobiliare auspica “una maggiore consapevolezza, da parte del parlamento e del governo, per mettere in atto politiche economiche di medio periodo” a sostegno del settore real estate, e Roberto Zoia, chairman Cncc Italy, precisa che in Italia “ci sono territori con sensibilità diverse, dove la sostenibilità non è la priorità”, mentre “la sostenibilità non deve essere di una popolazione di elite”.
Quali sono allora le prospettive e sfide del mercato real estate in Italia?
Gianni Flammini, chairman Italy Savills, ha parlato di un mercato frammentato e diversificato, dove alcune asset class sono rimaste al centro dell’interesse degli investitori internazionali, mentre altre (come i centri commerciali) sono uscite dal radar. “In futuro ci saranno vincitori e vinti – ha detto – e sarà importante guardare ai centri di prossimità e migliorare la qualità dei servizi offerti”.
Per Alessandro Mazzanti, ceo Italy Cbre, il 2022 non sarà facilissimo, ma alcuni trend interessanti iniziano a vedersi. L’obiettivo? “Raggiungere il consumatore, di per sé online, che vive però varie dimensioni e si muove all’interno di uno spazio fisico”. Di qui l’importanza della complementarietà tra l’online e gli store. In pratica “cambieranno i format perché le abitudini dei consumatori stanno cambiando”, ha riassunto Joachim Sandberg head of Italy Cushman & Wakefield, aggiungendo che “prima il centro commerciale aveva un ruolo di distribuzione del prodotto sul territorio mentre oggi deve diventare una destination”.
Corrado Di Paolo, general manager Svicom Agency, ha infatti spiegato che oggi c’è una ricerca di esperienza di acquisto diversa rispetto al passato. “Per contrastare l’online, il consumatore va in un luogo per vivere una determinata esperienza, quindi i landlord dovranno ristrutturare e rimodernare tutti i loro contenitori e i loro contenuti all’interno dei propri asset. “Nei centri commerciali e nelle high street vediamo sempre meno negozi di abbigliamento e tantissime strade dello shopping che si trasformano in food mall all’aperto con tantissimi ristoranti; c’è voglia di socializzare, di convivialità, di uscire. Nascono nuovi formati di ristorazione ma anche tantissimi nuovi format dedicati al benessere della persona: ci ritroviamo ad avere tantissime spa e centri diagnostici dove prima sorgevano negozi di abbigliamento o department store e ci ritroviamo ad avere tantissime palestre in centri commerciali dove prima c’era l’elettronica, etc”, ha detto Di Paolo, aggiungendo che “il consumatore vuole l’effetto wow, vuole essere protagonista e vivere un’esperienza che prima non viveva”.
C’è poi una riscoperta delle periferie, con il residenziale che fa da traino al commerciale. “Si svuota il downtown e si riempie la periferia”, conferma Di Paolo – Di conseguenza intorno alla periferia stanno nascendo negozi. Infatti, i negozi, oltre a stare nei centri commerciali, vanno nelle periferie e non più nelle high street italiane, mentre nel centro commerciale o nelle high street sicuramente c’è un ritorno alla bottega piccolina, quindi alla specializzazione e alla verticalizzazione di un prodotto. Il tuttologo è finito: o ti chiami Zara, H&M, Primark e sei il leader assoluto, o si deve tornare alla specializzazione del settore, perché questo è quello che chiede il cliente”, ha detto Di Paolo.