Casa: illegittimo il concetto di abitazione principale ai fini Imu

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La Consulta cambia le carte in casa. Con una recente pronuncia (209/2022), la Corte Costituzionale ha considerato illegittima la definizione di “abitazione principale” come contenuta nella normativa Imu

La recente pronuncia della Consulta considera illegittima la definizione di “abitazione principale” come contenuta nella normativa Imu di cui alla legge di Bilancio 2020. Nella sentenza n. 209, la Corte costituzionale ha infatti dichiarato ingiustificato e discriminatorio il disposto legislativo laddove riconosce l’esenzione dal tributo in modo differente per i nuclei familiari formalmente uniti e i conviventi more uxorio. Il favoritismo contemplato per le coppie non formalmente unite è immotivato e, grazie alla sentenza in esame, è finalmente riconosciuta parità di trattamento impositivo.

Imu: cos’è l’Imposta municipale propria 

L’Imu (Imposta municipale propria) è il tributo istituito dal governo Monti con la celebre manovra Salva-Italia nel 2011 avente natura sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali dovute sui redditi fondiari relativi a beni immobili non locati. Il presupposto dell’imposta, assolta a livello comunale, è costituito dal possesso di immobili. Ne consegue che i soggetti passivi della stessa siano i possessori di immobili, quali il proprietario o il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie.

La base imponibile dell’Imu è disciplinata in modo uniforme per tutti gli immobili siti in Italia e coincide con la rendita catastale rivalutata di cinque punti percentuali successivamente moltiplicata per alcuni coefficienti normativamente prestabiliti a seconda delle caratteristiche dell’immobile. Lo stesso non vale per l’aliquota da applicarsi: ogni comune, infatti, ha facoltà di stabilire incrementi o diminuzioni dell’aliquota standard, seppur all’interno di un range normativo prestabilito.

La disciplina sull’abitazione principale 

Ciò detto, di particolare interesse e attualità è la disciplina che investe la cosiddetta “abitazione principale” alla quale la norma nazionale concede una vera e propria esenzione dal tributo. Compiendo un richiamo espresso alla normativa, per abitazione principale si intende “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. Tale esenzione trova sempre applicazione a patto che l’abitazione principale non sia considerata di lusso. 

Il legislatore ha inoltre previsto che “nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale (…) in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare”. Da quanto letto si evince chiaramente come il dispositivo di tale articolo altro non è se non una conseguenza della definizione normativa attribuita al concetto di abitazione principale, difatti, essendo questa raffigurata come l’unità immobiliare in cui “il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente” risulta impossibile per i coniugi o gli individui legati da unioni civili ricondurre tale concetto a due immobili differenti beneficiando di una doppia esenzione Imu.

La sentenza n. 209/2022 

Con l’ordinanza di “autorimessione” del 12 aprile 2022, è stato sottoposto al vaglio di costituzionalità il concetto di “abitazione principale” vigente ai fini Imu. In tale contesto la Corte ha optato per considerare illegittima l’attuale disciplina contenuta nelle norme soprariportate. Per l’appunto, nella sentenza n. 209 depositata il 13 ottobre 2022, la Consulta ha considerato la definizione normativa di abitazione principale lesiva di diversi principi costituzionalmente tutelati quali, l’uguaglianza e la ragionevolezza, la tutela della famiglia e la capacità contributiva. 

La Corte, infatti, ha stabilito che va dichiarata l’illegittimità della norma nella parte in cui vincola il riconoscimento di abitazione principale a quella in cui non solo vi risiede anagraficamente e vi dimora abitualmente il coniuge o la persona legata da unione civile, possessore dell’immobile, ma anche il rispettivo nucleo familiare. In effetti, proprio in virtù dell’estensione al nucleo familiare, si sono penalizzati gli individui che hanno optato per formalizzare il loro rapporto affettivo rispetto a coloro i quali non lo hanno fatto. 

Ne consegue che i conviventi more uxorio potevano godere di una doppia esenzione Imu stabilendo la propria abitazione principale in immobili diversi, mentre ciò era normativamente precluso ai soggetti uniti in matrimonio o in unione civile, seppur realmente dimoranti e risiedenti in immobili diversi. 

Tale assunto, palesemente discriminatorio nei confronti delle coppie coniugate o unite civilmente, è stato in prima battuta considerato dalla Consulta lesivo dei principi di uguaglianza e ragionevolezza generalmente previsti dall’articolo 3 della Costituzione. Al contempo, il disposto è risultato manifestamente contrario al principio volto alla tutela del nucleo familiare nonché a quello dedito alla protezione della capacità contributiva enunciati rispettivamente agli articoli 31 e 53 della Carta costituzionale. È stato, pertanto, ritenuto infondato riservare un trattamento diverso ai fini Imu alle coppie formalmente unite rispetto a quelle che hanno optato per non accedere agli istituti del matrimonio o dell’unione civile. 

In considerazione di quanto sopra, la normativa sopracitata è stata dichiarata illegittima con la conseguenza che per abitazione principale debba ora intendersi “l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risieda anagraficamente”, eliminando ogni riferimento al nucleo familiare. È stata altresì dichiarata illegittima la norma laddove limitava ai componenti il nucleo familiare, seppure aventi dimore e residenti diverse, di individuare una sola abitazione principale ai fini della concessione dell’esenzione. Essendo ora mutata la definizione di abitazione principale, facente riferimento al solo possessore dell’immobile e non anche al suo nucleo familiare, è ben possibile che le coppie formalmente unite abbiano residenze e dimore abituali divergenti. 

La Corte ha comunque tenuto a precisare che la sentenza non è da intendersi quale autorizzazione a priori per una doppia esenzione e, in particolar modo, per le seconde case, poiché la dimora abituale è requisito fondamentale che dovrà essere valutato con attenzione caso per caso. In altre parole, la doppia esenzione è aperta alle coppie formalmente unite che siano realmente residenti e dimoranti in immobili diversi. 

In aggiunta, occorre tenere presente che le suddette norme, ora considerate illegittime, cessano di produrre effetti dal giorno successivo a quello di pubblicazione della sentenza; a tale proposito la Corte di Cassazione ha avuto modo di evidenziare che la dichiarazione di incostituzionalità comporta la caducazione degli effetti non definitivi e nei rapporti ancora in corso di svolgimento. 

Ne deriva che i contribuenti che rispettano i requisiti sanciti nella sentenza, potranno attenersi alla nuova formulazione di favore conseguente alla pronuncia della Consulta con ripercussioni sul calcolo del tributo dovuto già al pagamento della prossima scadenza del 16 dicembre 2022. A ciò si aggiungono anche inevitabili effetti nei confronti di procedimenti in corso quali contenziosi pendenti, pagamenti spontanei o avvisi di accertamento non definitivi, che quindi potranno contare su quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale per una conclusione positiva.

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