Fondo italiano d’investimento: “Così costruiamo portafogli inclusivi”

La Sgr ha adottato una policy diversity & inclusion che punta su quattro filoni: favorire la non discriminazione; garantire pari opportunità e dignità; creare un ambiente di lavoro inclusivo; e costruire team diversificati. Ma anche supportare le società in portafoglio in questo percorso
Il Consiglio di amministrazione del Fondo italiano d’investimento, compreso l’amministratore delegato, vanta 13 componenti. Di questi, sei sono donne (46%). Un dato che si confronta con una media di settore che si aggira intorno al 17%
Poggiali: “Quando si parla delle tematiche relative alla gestione del personale non bisogna focalizzarsi sulla maternità ma sulla gestione del tempo. Una gestione che non dovrebbe ricadere sulla figura femminile ma sulle famiglie nel loro complesso”
L’inclusione (non solo di genere) passa anche dal portafoglio. E fa leva, nel caso del Fondo italiano d’investimento, sulla presenza di team sempre più diversificati. Ma anche su un’attenzione nei confronti della creazione di un ambiente di lavoro che garantisca pari opportunità e pari dignità, tutelando il delicato equilibrio tra vita privata e vita professionale. “Com’è purtroppo noto, il mondo della finanza non è particolarmente ricco di donne”, racconta Barbara Poggiali, neo presidente della società di gestione del risparmio nata nel 2010 su iniziativa del ministero dell’Economia e delle finanze e partecipata a maggioranza da Cdp Equity. “Proprio per questa ragione abbiamo adottato una policy diversity & inclusion per favorire la valorizzazione delle diversità”.
Sebbene non soggetta alla legge Golfo-Mosca (che nel 2011 imponeva la presenza del 30% del “sesso meno rappresentato” nei board delle società quotate, poi innalzato al 40% con la Legge n. 160/2019), il Consiglio di amministrazione della Sgr si compone per oltre il 46% di donne. Una quota “decisamente più elevata” rispetto alla media di settore, ricorda Poggiali. Basti pensare che stando una recente analisi condotta da Aifi in collaborazione con BonelliErede e basata su un campione di 72 operatori di private capital ripartiti tra operatori internazionali (per il 28%) e domestici (per il 72%), la percentuale di donne nei board in Italia si attesta al 17%. Tornando al Fondo italiano d’investimento, in termini di dipendenti “le donne pesano per il 43%”, continua Poggiali. “Se guardiamo alla percentuale di dirigenti sul totale, tale quota scivola al 20%. Ma credo sia importante notare come recentemente le donne dirigenti siano passate da una a quattro, ben tre promozioni nel corso del 2022. E due di queste lavorano nella gestione dei fondi e sono anche molto giovani (35 e 40 anni rispettivamente)”.
La policy diversity & inclusion adottata dal fondo punta su quattro filoni: favorire la non discriminazione; garantire pari opportunità e dignità; creare un ambiente di lavoro inclusivo anche attraverso il work-life balance, vale a dire un adeguato bilanciamento tra vita privata e vita professionale; e costruire team diversificati, non solo per genere. “Stiamo inoltre predisponendo un piano welfare nei confronti di tutti i dipendenti, che implementeremo nel 2023”, anticipa Poggiali. Secondo l’analisi Aifi-BonelliErede, il 27% degli operatori di private capital italiani ha implementato policy specifiche sulla diversità di genere. Il 19% dichiara in particolare la presenza di iniziative di welfare aziendali, principalmente focalizzate tuttavia sul tema della maternità (come il supporto integrativo per spese di gravidanza e maternità, la presenza di un asilo nido aziendale o progetti di baby sitter on call). “Più che parlare di maternità, bisognerebbe parlare più generale della gestione del tempo, una gestione che non dovrebbe ricadere sulla figura femminile ma sulle famiglie nel loro complesso”, osserva Poggiali. “Inoltre, bisognerebbe valorizzare i talenti al femminile, promuovendo role model e network che aiutino le giovani donne a capire come crescere all’interno della propria realtà rafforzandone la self-confidence”.
“Nel nostro caso, tra l’altro, il tema della diversity non si applica unicamente a noi ma anche al modo in cui investiamo. Quando effettuiamo investimenti diretti, essendo coinvolti nelle aziende investite, cerchiamo di portare i sani principi da noi implementati anche all’interno delle aziende stesse. Che essendo principalmente piccole e medie imprese vanno un pochino incoraggiate. Inoltre, monitoriamo i principali Kpi (Key performance indicators, ndr) legati alla diversity e analizziamo come si evolvono nel tempo. Analizziamo per esempio la presenza femminile nelle aziende in portafoglio ma anche nei gestori dei fondi in cui investiamo per la parte dei fondi di fondi”.
Proprio lo scorso novembre la Sgr ha perfezionato il primo closing di un fondo di fondi dedicato all’impact investing e finalizzato a generare un impatto sociale e ambientale positivo e misurabile investendo principalmente in società basate in Italia ma anche in fondi europei, esclusivamente qualificati come ex art. 9 ai sensi della Sustainable finance disclosure regulation (la normativa europea sull’informativa di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, ndr). E che punta, quindi, anche sulla diversity. “Diversi studi dimostrano come le aziende attente alla diversity vantino una migliore capacità di prevenire e gestire i rischi nell’ordine del 30%”, spiega Poggiali. “Ma ci sono anche altri elementi positivi da sottolineare, come la maggiore capacità di attrarre e coinvolgere i giovani talenti o di fidelizzare i clienti. Senza dimenticare che i flussi di cassa per dipendente risultano raddoppiati e in alcuni casi anche triplicati nelle aziende con una leadership eterogenea”.
Nato con l’obiettivo di sostenere la competitività del sistema industriale italiano, il Fondo italiano d’investimento conta oggi più di 600 società in portafoglio e investe con una visione strategica di lungo periodo promuovendo la crescita sostenibile del Paese integrando i fattori Esg nel processo d’investimento. “A livello di Sgr abbiamo adottato una policy Esg a partire dal 2017, siamo firmatari dei Principles for responsible investment delle Nazioni Unite dal 2018 e abbiamo incluso alcuni obiettivi Esg nel piano di remunerazione dei dipendenti dal 2021”, racconta Poggiali. “Nel 2023 intendiamo anche costituire un comitato endoconsiliare Esg per supportare questa strategia”.
(Articolo tratto dal magazine We Wealth di dicembre 2022)