Dopo una lunga battaglia è stata finalmente recepita la richiesta avanzata dalle principali associazioni: Assogestioni, Aifi e Aipb.
“Con questo provvedimento sarà permessa a una platea di privati molto più ampia l’accesso ai fondi alternativi riservati”, ha dichiarato Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi, mentre Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, ha spiegato che “in un contesto caratterizzato dalla necessità di forti investimenti in economia reale, il fatto che chi ha più capacità di risparmio, con una serie di tutele, possa investire in strumenti, come i Fia riservati, può rappresentare un’opportunità tanto per il risparmiatore quanto per il sistema economico nel suo complesso”. Dal canto suo, Roberta D’Apice, direttore affari legali di Assogestioni, ha poi precisato che “la soglia di 100mila euro coincide con quella prevista nel Regolamento Euveca ed Eusef per la definizione dell’investitore semi-professionale”.
Le novità regolamentari migliorano senza dubbio le opportunità di investimento in Italia, soprattutto considerando che la quota di investimenti alternativi nei portafogli dei clienti non professionali oggi si attesta, mediamente, attorno allo 0,4%. D’ora in poi, però, anche gli investitori privati (non upper-affluent e private) potranno investire in questi strumenti, che comprendono i fondi diversi dagli Ucits, come i fondi hedge, il private equity e il venture capital.
“La riduzione del ticket minimo da 500mila a 100mila euro per gli investitori non professionali genera da sola un mercato potenziale per i private market che sale dagli attuali 4 miliardi di euro a quota 59”, ha spiegato Antonella Massari, segretario generale Aipb (Associazione italiana private banking).
Il Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze n. 19 del 13 gennaio 2022 (che è stato pubblicato il 15 marzo) ha riportato delle modifiche al decreto 5 marzo 2015, n. 30. Nello specifico il nuovo art.14 stabilisce che il regolamento o lo statuto del Fia italiano riservato possa prevedere la partecipazione anche di investitori non professionali che, nell’ambito della prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, sottoscrivano – ovvero acquistino – quote o azioni del Fia per un importo iniziale non inferiore a 100mila euro, a condizione che, per effetto della sottoscrizione o dell’acquisto, l’ammontare complessivo degli investimenti in Fia riservati non superi il 10% del proprio portafoglio finanziario.
Il soggetto che propone l’acquisto o la sottoscrizione di quote o azioni di Fia italiani riservati assicura la sussistenza dei requisiti richiesti sulla base delle informazioni presentate dal potenziale investitore non professionale. Quest’ultimo è tenuto a fornire al soggetto che propone l’acquisto o la sottoscrizione di quote o azioni di Fia italiani riservati informazioni accurate sul proprio portafoglio finanziario e sugli investimenti in Fia.
La battaglia però non è ancora finita. Aifi aveva richiesto, in sede di consultazione e nelle interlocuzioni successive, la possibilità che l’abbassamento della soglia e il limite di concentrazione non dovessero essere necessariamente accompagnati dal regime di consulenza. L’Associazione ha fatto sapere che continuerà a portare avanti tale richiesta nelle sedi competenti.