Diversificare coi certificati: nuova era in un'epoca di tassi a zero

19.11.2019
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Valute emergenti e materie prime da inserire in portafoglio con certificati ed etc. Obiettivo: ampliare le opportunità di investimento e sfruttare l'efficienza fiscale di questi prodotti, con un occhio di riguardo per quelli che offrono meccanismi di protezione e copertura
In un'epoca caratterizzata da tassi zero, la ricerca del rendimento da parte degli investitori passa anche attraverso una diversificazione di portafoglio su asset non necessariamente legati al solito bilanciato. Valute, per lo più̀ emergenti, e materie prime rappresentano pertanto un porto in cui approdare se ci si trova nella condizione di dover cercare rendimenti, anche se associati a rischi sulla carta potenzialmente maggiori.
Gli elevati tassi di interesse che ancora oggi sono garantiti dai titoli obbligazionari emessi in valuta diversa dalle valute G10, ovvero nelle cosiddette valute “high yield”, hanno spinto negli ultimi anni molti consulenti e i loro clienti a investire in lire turche, rubli russi, real brasiliani o rand sudafricani, attraverso i numerosi bond in valuta emessi dalle principali istituzioni finanziarie, Bei inclusa.
Il risultato tuttavia non è stato sempre in linea con le aspettative, in quanto gli elevati rendimenti prospettati dalle ricche cedole (fino ed oltre il 10% su base annua) non sono risultati sufficienti a compensare il deprezzamento delle relative valute contro euro.
Il risultato più penalizzante per coloro che hanno puntato sulle divise emergenti nell'ultimo triennio è quello realizzato da chi ha investito in obbligazioni in lire turche, con il cambio contro euro passato da 2,50 agli attuali 6,50, con un picco massimo in area 8 toccato nell'estate 2018 all'apice della crisi diplomatica tra Turchia e Stati Uniti. Calcolatrice alla mano, chi avesse acquistato tra il 2015 e 2016 un bond per un valore nominale di 100.000 lire turche, equivalente a un investimento di 40.000 euro, si troverebbe oggi con un controvalore di circa 15.000 euro, per un saldo negativo solo parzialmente mitigato dalle cedole annue progressivamente sempre più ridotte in fase di conversione in euro.
Una soluzione alternativa alle pur sempre attuali emissioni obbligazionarie in valuta è rappresentata dai certificati di investimento, tipicamente emessi nella forma di Cash Collect Plus+. Sfruttando la volatilità dei cambi sottostanti e i tassi di interesse mediamente elevati, tali certificati consentono di investire sulle divise emergenti potendo contare su un ampio cuscinetto di protezione condizionata del capitale a scadenza.
L'emittente francese Societe Generale è stata tra le prime, ormai già qualche anno fa, a sperimentare con successo la quotazione in Borsa Italiana dei certificati Cash Collect Plus+, dove il suffisso Plus+ sta a indicare un'opzione accessoria che comunemente oggi viene identificata come “Airbag”, studiata per consentire all'investitore di contenere maggiormente potenziali perdite sul capitale in euro anche in caso di importanti deprezzamenti delle valute estere.
Per quanto concerne le materie prime, in maniera parallela all'investimento in certificati, è la stessa Societe Generale a proporre in quotazione in Borsa Italiana una serie di etc, similari ai già noti etf per quanto riguarda il funzionamento e ai certificati per ciò che riguarda l'aspetto della fiscalità e del rischio emittente. Più in particolare, gli etc senza leva, consentono di prendere posizione su oro, argento, petrolio e gas naturale, partecipando in maniera lineare e passiva al loro andamento, ovvero senza beneficiare di opzioni accessorie quali la protezione del capitale o il pagamento di coupon.
A differenza degli etf, tuttavia, tali strumenti risultano fiscalmente efficienti, in quanto generano esclusivamente redditi diversi (idonei per la compensazione delle minusvalenze) e sono soggetti al rischio emittente. Con specifico riferimento a quest'ultima caratteristica, tuttavia, gli etc sono assistiti da un collaterale, pari al 105% del valore di mercato dell'etc stesso, che consente pertanto di ridurre il rischio di controparte.
Sul fronte delle possibili coperture, sono presenti anche etc con copertura dal rischio cambio euro-dollaro, rischio che contraddistingue solitamente l'investimento nelle materie prime (denominate in dollari).
Investire in valute high yield
Gli elevati tassi di interesse che ancora oggi sono garantiti dai titoli obbligazionari emessi in valuta diversa dalle valute G10, ovvero nelle cosiddette valute “high yield”, hanno spinto negli ultimi anni molti consulenti e i loro clienti a investire in lire turche, rubli russi, real brasiliani o rand sudafricani, attraverso i numerosi bond in valuta emessi dalle principali istituzioni finanziarie, Bei inclusa.
Il risultato tuttavia non è stato sempre in linea con le aspettative, in quanto gli elevati rendimenti prospettati dalle ricche cedole (fino ed oltre il 10% su base annua) non sono risultati sufficienti a compensare il deprezzamento delle relative valute contro euro.
Investimenti obbligazionari in valute, il caso di un non-affare
Il risultato più penalizzante per coloro che hanno puntato sulle divise emergenti nell'ultimo triennio è quello realizzato da chi ha investito in obbligazioni in lire turche, con il cambio contro euro passato da 2,50 agli attuali 6,50, con un picco massimo in area 8 toccato nell'estate 2018 all'apice della crisi diplomatica tra Turchia e Stati Uniti. Calcolatrice alla mano, chi avesse acquistato tra il 2015 e 2016 un bond per un valore nominale di 100.000 lire turche, equivalente a un investimento di 40.000 euro, si troverebbe oggi con un controvalore di circa 15.000 euro, per un saldo negativo solo parzialmente mitigato dalle cedole annue progressivamente sempre più ridotte in fase di conversione in euro.
Sfruttare i meccanismi di protezione: i certificati Cash Collect Plus+
Una soluzione alternativa alle pur sempre attuali emissioni obbligazionarie in valuta è rappresentata dai certificati di investimento, tipicamente emessi nella forma di Cash Collect Plus+. Sfruttando la volatilità dei cambi sottostanti e i tassi di interesse mediamente elevati, tali certificati consentono di investire sulle divise emergenti potendo contare su un ampio cuscinetto di protezione condizionata del capitale a scadenza.
L'emittente francese Societe Generale è stata tra le prime, ormai già qualche anno fa, a sperimentare con successo la quotazione in Borsa Italiana dei certificati Cash Collect Plus+, dove il suffisso Plus+ sta a indicare un'opzione accessoria che comunemente oggi viene identificata come “Airbag”, studiata per consentire all'investitore di contenere maggiormente potenziali perdite sul capitale in euro anche in caso di importanti deprezzamenti delle valute estere.
Materie prime: si può rimuovere il rischio cambio dall'equazione
Per quanto concerne le materie prime, in maniera parallela all'investimento in certificati, è la stessa Societe Generale a proporre in quotazione in Borsa Italiana una serie di etc, similari ai già noti etf per quanto riguarda il funzionamento e ai certificati per ciò che riguarda l'aspetto della fiscalità e del rischio emittente. Più in particolare, gli etc senza leva, consentono di prendere posizione su oro, argento, petrolio e gas naturale, partecipando in maniera lineare e passiva al loro andamento, ovvero senza beneficiare di opzioni accessorie quali la protezione del capitale o il pagamento di coupon.
A differenza degli etf, tuttavia, tali strumenti risultano fiscalmente efficienti, in quanto generano esclusivamente redditi diversi (idonei per la compensazione delle minusvalenze) e sono soggetti al rischio emittente. Con specifico riferimento a quest'ultima caratteristica, tuttavia, gli etc sono assistiti da un collaterale, pari al 105% del valore di mercato dell'etc stesso, che consente pertanto di ridurre il rischio di controparte.
Sul fronte delle possibili coperture, sono presenti anche etc con copertura dal rischio cambio euro-dollaro, rischio che contraddistingue solitamente l'investimento nelle materie prime (denominate in dollari).