“Le imprese hanno avuto la possibilità di accedere a forme di finanziamento che le hanno portate a caricarsi di debito”, spiega Franco Gaudenti
Il private equity sta cambiando pelle, innanzitutto spostando la prospettiva temporale degli investimenti dal breve al medio-lungo termine
Il venture capital oggi gode della massima attenzione istituzionale in Italia
“Sì, ma si tratta di una tendenza già iniziata precedentemente. Dopo che i mercati finanziari per ben due volte, nella fase più acuta della pandemia tra marzo e aprile, hanno segnalato la necessità di politiche fiscali oltre a quelle monetarie attivate dalle banche centrali, le imprese hanno avuto la possibilità di accedere a forme di finanziamento che le hanno portate a caricarsi di debito. Ma si tratta appunto di un debito che dovrà poi essere ripagato. Quindi, ognuna di esse, indipendentemente dalla dimensione o dal settore in cui opera, dovrà spostare l’attenzione verso il mercato dei capitali, accedendo all’equity. Il debito va rimborsato, mentre l’equity viene investito e reinvestito in azienda nella prospettiva di un ritorno. Un rendimento che deve essere tipico del capitale paziente, non un investimento di breve termine ma di medio-lungo periodo”.
Quali sono le soluzioni d’investimento più interessanti?
“Noi crediamo nell’economia reale, nella possibilità di investire in aziende, private o già quotate, che sono espressione del tessuto industriale del Paese. Le piccole e medie imprese rappresentano la spina dorsale dell’economia reale. In questo senso, crediamo sia fondamentale avere una Borsa che sia parte di un sistema più ampio e internazionale, magari anche con la partecipazione figurativa degli intermediari finanziari, e focalizzato su questa asset class”.
“Il venture capital oggi gode della massima attenzione istituzionale in Italia. In realtà, si conta ancora un numero relativamente basso di operazioni nel settore, ma auspichiamo che possano crescere perché i mezzi ci sono. Il private equity, invece, ha cambiato un po’ pelle. Innanzitutto spostando necessariamente la prospettiva temporale degli investimenti dal breve al medio-lungo termine. Poi da un lato sono arrivati i grandi gestori internazionali multi-asset e dall’altro i private equity domestici si sono evoluti sviluppando strutture finanziarie come i club deal e le spac”.
Qual è lo stato di salute delle piccole e medie imprese italiane?
“Mostrano una resilienza specifica molto interessante. Però, per garantirsi una traiettoria di crescita e una certa continuità dimensionale, devono aprirsi, condividere l’assetto proprietario, stringere accordi di partnership e perfezionare operazioni di m&a. La competizione internazionale e l’interdipendenza di un settore rispetto a un altro sono tali da rendere impossibile non rivolgersi all’esterno con operazioni sul mercato dei capitali, quotazioni, strutture finanziare hybrid capital, private equity, venture capital, scale up, a seconda dello stadio in cui si trova ciascuna iniziativa imprenditoriale”.