Il Btp Italia, in collocamento per la clientela al dettaglio fra il 20 e il 22 giugno, torna in gioco con la promessa di rendimenti indicizzati su base semestrale all’inflazione italiana e un rendimento cedolare annuo minimo dell’1,60%
L’esperienza del recente passato potrebbe ingolosire alcuni. Chi avesse scommesso sui bond indicizzati prima del picco inflattivo del 2021, infatti, oggi avrebbe facilmente battuto le performance degli obbligazionisti sprovvisti di adeguamento al costo della vita
Il caro, vecchio Btp: uno degli investimenti da sempre più apprezzati dalle famiglie italiane si riaffaccia sul mercato in un momento in cui la voglia di stabilità è, probabilmente, più alta che mai. Il mercato azionario, infatti, si avvia a chiudere la prima metà del 2022 con le ossa rotte, mentre, nel frattempo, si rafforza l’idea che l’inflazione si manterrà elevata a lungo a causa delle conseguenze del conflitto in Ucraina.
Il Btp Italia, in collocamento per la clientela al dettaglio fra il 20 e il 22 giugno, torna in gioco con la promessa di rendimenti indicizzati su base semestrale all’inflazione italiana e un rendimento cedolare annuo minimo dell’1,60% (il tasso definitivo, che potrà essere rivisto al rialzo, si saprà solo il 23 giugno). Basteranno queste certezze a renderlo un successo, quantomeno in termini di richiesta?
L’esperienza del recente passato potrebbe ingolosire alcuni. Chi avesse scommesso sui bond indicizzati prima del picco inflattivo del 2021, infatti, oggi avrebbe facilmente battuto le performance degli obbligazionisti sprovvisti di adeguamento al costo della vita. Le obbligazioni di questo tipo, infatti, si rendono particolamente utili nelle circostanze in cui l’inflazione sorprende al rialzo – e quando questo si verifica il loro valore sul mercato secondario tende a salire.
Secondo l’Istat, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), ossia il tasso cui il Btp Italia fa riferimento, ha raggiunto il 6,8% annuo a maggio. Dove si muoverà il costo della vita nei dei prossimi anni?
Le previsioni della Banca d’Italia, aggiornate al 10 giugno, indicano che l’indice dei prezzi al consumo (Ipca, leggermente diverso dal Foi) si attesterà al 6,2% per il complesso del 2022, ma che scenderà al 2,7% nel 2023 e al 2% nel 2024. Queste previsioni rappresentano le aspettative dei tecnici allo stato attuale, ma il contesto attuale presenta numerose sfide anche per i più raffinati economisti. Fra la seconda metà del 2021 e l’inizio del 2022 le maggiori banche centrali hanno costantemente sottostimato l’inflazione che si è successivamente materializzata sotto i loro occhi. Nella conferenza di aprile la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha dovuto fare un appello all’umiltà: “Ho trascorso alcuni anni della mia vita [al Fmi] a lavorare con altri forecaster e proiezionisti di alto livello che non sempre hanno azzeccato le previsioni… [Alla Bce] abbiamo sbagliato in passato? Sbaglieremo in futuro? E’ molto probabile”.
Nel futuro prossimo l’Economist Intelligence Unit ha recentemente evidenziato quali fonti di rischio potrebbero favorire una seconda ondata inflattiva, attualmente esclusa dallo scenario base:
- Una nuova intensificazione della guerra in Ucraina tale da spingere ancora più in alto il prezzo delle materie prime e/o una ulteriore riduzione delle forniture energetiche provenienti dalla Russia;
- La comparsa di una nuova variante del covid in grado di motivare nuovi lockdown, specialmente in Cina, che ancora vi ricorre regolarmente come strumento di contenimento del contagio. Questo avrebbe un impatto negativo sulla produzione industriale e, di conseguenza, contribuirebbe a generare nuovi squilibri fra domanda e offerta.
Al netto di queste considerazioni, bisogna tenere conto che l’orizzonte di vita del Btp Italia è complessivamente di otto anni: un lasso di tempo molto ampio, che difficilmente permette di elaborare previsioni verosimili sul dove si troverà l’inflazione per tutta la durata del titolo.
Oltre alle aspettative sull’inflazione, però, a contare sono le prospettive di solvibilità dell’emittente. Con un debito pubblico fortemente ingrossato dalla pandemia, l’Italia è fra i Paesi europei che più avrà bisogno di una efficace exit strategy per l’interruzione del supporto monetario della Bce. La possibilità che lo spread si allarghi dai livelli attuali sembrerebbe naturale, se si considera che la spesa per interessi nei prossimi anni potrebbe rendersi più onerosa per lo Stato Italiano – che ha molto più debito da dover gestire rispetto al pre-covid. Per i sottoscrittori di Btp questo è un tema di cui tenere conto, specialmente se dovesse rendersi necessaria una vendita in anticipo rispetto alla scadenza – e, dunque, a prezzo di mercato.
“I titoli indicizzati all’inflazione rappresentano una
componente importante dei nostri portafogli, costruita
tradizionalmente attraverso Etf o singoli titoli obbligazionari”,
ha affermato a We Wealth il co-fondatore di Consultique Scf, Luca
Mainò.
“Il valore aggiunto di questi titoli rispetto agli omologhi
privi di protezione dall’inflazione è ovviamente legato alla
possibilità di difendere maggiormente il portafoglio da un
incremento dell’indice dei prezzi al consumo”, ha spiegato il
consulente, “i rischi sono tuttavia simili in quanto, allo stesso
modo, i titoli inflation-linked soffrono del rialzo dei tassi e
soffrono del deterioramento del merito di credito dell’emittente”.
Btp Italia, focus su questa emissione
Secondo Mainò, “la scadenza di otto anni implica una duration
comunque rilevante, quindi una maggiore sensitività ai rialzi dei
tassi, e l’avvicinarsi dell’importante evento delle elezioni
politiche italiane nel 2023 ci fanno preferire altri titoli con delle
scadenze più corte”.
“Sulla base delle condizioni di mercato attuali il tasso di
inflazione medio che ci si attende in Italia per i prossimi otto anni
è di poco superiore al 2%; ciò significa che tassi di inflazione
medi effettivi nei prossimi otto anni superiori al 2% renderanno
premiante la scelta di aver investito sul titolo inflation-linked
rispetto ad un titolo privo di protezione, mentre sarà l’opposto
se il tasso di inflazione medio che si avrà sarà inferiore”, ha
proseguito il co-fondatore di Consultique Scf.
“Ad ogni modo il titolo riconoscerà all’investitore una
cedola dell’ 1,6% reale, ovvero pari nominalmente all’1,6% più
l’ammontare del tasso di inflazione che si realizzerà nei prossimi
otto anni. L’investitore che acquista il titolo in collocamento e
lo detiene fino alla scadenza sarà poi premiato con un incremento
nominale della cedola percepita al termine del quarto anno e alla
scadenza”, ma ha concluso Mainò, “si tratta tuttavia di un
importo contenuto che modifica di pochi punti base il rendimento
dell’investimento”.