L’intelligenza artificiale nella finanza è un potente alleato
La differenza, in situazioni di shock, la fa la capacità di gestire il rischio
L’unica certezza per il futuro? Si chiama Artificial Intelligence (in italiano intelligenza artificiale)
Come cambieranno da qui a 10 anni gli investimenti finanziari? È la domanda a cui tutti gli investitori, risparmiatori e analisti cercano di dare una risposta. “Impossibile saperlo, servirebbe la sfera di cristallo. Possiamo però affermare, senza alcun dubbio, che la parola chiave sarà intelligenza artificiale (IA)”, commenta Mercatelli, l’esperto dietro ogni algoritmo. “Perché non è il futuro, ma il presente, grazie alla naturalezza con cui l’IA sta prendendo piede in materia di investimenti finanziari, con minori costi, scambi più intelligenti e sicuri, e un’esperienza di più alto livello per gli utenti, siano essi clienti che operatori del settore. Se adeguatamente implementata, l’intelligenza artificiale nella finanza è un potente alleato: fornisce una valutazione più rapida e accurata, a costi inferiori e tiene conto di una più ampia varietà di fattori, che porta a una decisione meglio informata e supportata dai dati. Il nostro compito è interpretare e indirizzare l’ascesa dall’IA e dare una visione qualitativa ad un settore, quello economico-finanziario, basato su numeri, dati, transazioni, informazioni in genere, evitando di disperdere il più importante patrimonio: la flessibilità del valore umano”.
Bicchiere mezzo pieno, bicchiere mezzo vuoto?
La differenza, in situazioni di shock, la fa la capacità di gestire il rischio. Nell’asset management, l’ottimismo è la base di ogni investimento, senza dimenticarsi di essere prudenti, perché l’imprevisto può essere dietro l’angolo. “L’aspetto più importante è che abbiamo capito prima di altri che è necessario guardare al peggio e trovare soluzioni utili ad affrontarlo. Diciamo che sono tutti bravi a salire sul carro dei vincitori e investire quando tutto va bene. La vera sfida è invece sopravvivere in periodi di magra. Noi preferiamo salire sul Titanic sapendo che ci sono scialuppe a sufficienza per tutti, pur sperando che non siano necessarie. Per questo motivo, ci siamo da subito rivolti all’intelligenza artificiale per permettere ai nostri algoritmi di investimento di massimizzare la probabilità di raggiungere gli obiettivi prefissati, minimizzando le perdite quando il mercato va male”, dichiara Mercatelli.
Dato che entrate in possesso di dati sensibili, non avrebbe più senso per banche e società di asset management sviluppare internamente queste competenze?
“È difficile cimentarsi a gara in corso in una disciplina mai praticata in precedenza. Le società del settore che ne hanno capito le potenzialità tecnologiche, si stanno muovendo per creare team e ricercare profili professionali di data science, da affiancare a quelli tradizionali di gestione di portafoglio. Tuttavia, il mercato richiede competenze verticali e notevoli investimenti in R&S – commenta Toia – Non ci si improvvisa, da qui l’outsourcing come soluzione meno costosa e più efficiente. Noi fortunatamente abbiamo già un prodotto maturo che continuiamo ad innovare. È una sinergia che in fondo conviene a tutti”.