L’Italia, come l’Europa, è caratterizzata da una netta predominanza di pmi e microimprese. Il nostro mercato dell’Ai applicato all’industria vale appena 200 milioni di euro
Il 59% delle imprese oggi vanta una strategia di applicazione dello strumento, ma la costruzione di capacità fondamentali consentirebbe un’impennata delle probabilità di successo del 19%
L’intelligenza artificiale ha il potenziale di cambiare le logiche di processo in tutti i settori industriali, consentendo la manutenzione predittiva delle macchine e la creazione di linee zero difetti
Ma quali sono i reali vantaggi per le imprese? “L’intelligenza artificiale va a impattare su tutti i settori industriali, su tantissimi processi e numerosi livelli. Per esempio, nel caso di un’azienda manifatturiera, potrebbe permettere di verificare automaticamente se alcuni pezzi risultano danneggiati o meno. Ma anche di ottimizzare la supply chain, di inserire il marketing o il pricing del prodotto”, spiega Gatti. Per non dimenticare poi il fatto che possa supportarle nelle decisioni chiave, “dall’ottimizzazione della manutenzione alla personalizzazione delle offerte, fino alla predizione della domanda”, aggiunge Roberto Ventura, partner di Bcg.
Sebbene tuttavia dal 2017 a oggi la quota di dirigenti che dichiara di averne compreso il valore commerciale sia cresciuta di 13 punti percentuali, solo un’impresa su dieci è in grado di ottenere significativi vantaggi finanziari dalla sua implementazione. Secondo l’analisi Expanding Ai’s impact with organizational learning condotta dalla Mit Sloan Management Review, Bcg Gamma e Bcg Henderson Institute su 3.000 manager distribuiti in 112 paesi, il 59% oggi vanta una strategia di applicazione dello strumento, ma la costruzione di capacità fondamentali, come le infrastrutture per l’impiego dell’intelligenza artificiale, consentirebbe un’impennata delle probabilità di successo del 19%. Una percentuale che potrebbe essere incrementata fino al 34% qualora venisse implementato un “apprendimento organizzativo”, generando molteplici modalità di interazione uomo-macchina e costruendo processi di feedback tra gli stessi.
Nell’attuale contesto di crisi, inoltre, prendere decisioni “è ancora più difficile”, continua l’esperto, e l’intelligenza artificiale potrebbe “aiutare in maniera significativa lo steering delle attività aziendali più importanti”. “Ad esempio, è fondamentale per chi produce beni di qualsiasi genere avere chiaro come la domanda stia evolvendo nei diversi paesi a seguito delle misure di contenimento della diffusione del virus e del lockdown. Pensiamo ai produttori di vestiario, che devono prevedere cosa succede con la chiusura dei negozi e il crollo della domanda. Oppure, sempre sul fronte della domanda, a quella di carburanti per il trasporto, che cambia con la crescita dello smart working e la riduzione degli spostamenti”. In questo contesto, conclude Gatti, buona parte del mercato inoltre potrebbe spostarsi verso l’universo elettronico. Di conseguenza, “qualsiasi strumento che permetta di ottimizzare le performance su questo settore, dai dati al pricing, intervenendo nel minor tempo possibile sul suo andamento, dovrebbe diventare l’abc quotidiano”.