La digitalizzazione è una scelta improrogabile per i consulenti finanziari di domani e l’emergenza sanitaria covid ha acce- lerato il ricorso ad uno strumento vantaggioso soprattutto per quelli con numerosi clienti che, così, possono allocare in maniera più efficiente il loro tempo e offrire più servizi”. Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting, società italiana di consulenza strategica e autore del libro Il consulente finanziario digitale (Guerini Next), scritto a quattro mani con Ernesto Vergani, nelle librerie da luglio, entra subito nel merito. “Molti consulenti, ad esempio, utilizzano già la firma digitale per concludere i contratti da remoto e, chi non ce l’ha, ha scambiato tramite e-mail documenti cartacei da stampare, sottoscrivere e inviare scansionati. E l’aumento della raccolta nei mesi del lockdown dimostra il peso dell’opzione digitale. Non si è trattato solo di operazioni di switch per trasformare il risparmio gestito in liquidità e conti depositi. Alcune reti, come Fineco, Mediolanum e Allianz, hanno fatto anche nuova raccolta soprattutto con i prodotti assicurativi, percepiti dalla clientela come più sicuri in questo periodo”. Insomma, secondo Primanni, la tecnologia è un importante driver di cambiamento del modo di lavorare dei consulenti finanziari.
È finita l’era del consulente tuttofare?
Il futuro è del consulente regista, ovvero quello che riesce ad orchestrare diversi strumenti tecnologici ed a lavorare in team con altri specialisti, per offrire prodotti e servizi sempre più personalizzati sulle esigenze del cliente e più efficienti”.
A che punto è quest’evoluzione digitale in Italia?
Non tutte le banche e reti hanno lo stesso livello di digitalizzazione del modello di servizio. Alcune si sono mosse per tempo come Intesa Sanpaolo, UniCredit, Credem, Fideuram, Mediolanum, Fineco, Banca Generali, Allianz, IW Bank o Widiba, solo per nominarne alcune. Nel libro, che descrive in maniera pragmatica
il nuovo modo di lavorare del consulente finanziario digitale, le tecnologie sono analizzate nei dettagli: da quelle contemporanee (wealth management platform, web collaboration e firma digitale) a quelle del futuro prossimo (digital advice, gamification e machine learning). È chiaro che la tecnologia fine a se stessa non basta e può esprimere il massimo valore solo se abbinata al rapporto personale con il cliente: le scelte tra obiettivi finanziari, profilo di rischio, strategie di ottimizzazione fiscale, età di pensionamento, livello di spesa e risparmio eccetera, coinvolgono anche la sfera emotiva e non possono essere gestite in maniera esclusiva neanche dagli algoritmi più sofisticati.
Qual è il modello estero a cui fare riferimento?
Negli Usa i consulenti lavorano sempre più in team e usano sempre di più le tecnologie digitali; addirittura si utilizzano molto anche le piattaforme di mercato offerte da fornitori terzi. Un altro mercato interessante è quello cinese, dove come Excellence abbiamo un ufficio. In quel mercato negli ultimi anni gli ingenti flussi di risparmio dei clienti sono stati indirizzati in prodotti di investimento illiquidi, in particolare in fondi chiusi che finanziano opere pubbliche a fronte di cedole significative. Vengono venduti a scaffale anche tramite piattaforme on-line. Questo anche perché non c’è ancora una cultura del rischio finanziario visto che è un paese con trend di crescita elevati e i prodotti di investimento vengono scelti guardando alla cedola che generano. Dopo la pandemia il mercato sta cambiando, ma la mediazione delle tecnologie digitali rimane ad un livello molto avanzato, anche per quanto riguarda il rapporto tra clienti e consulenti finanziari.
Grazie alle tecnologie digitali il ricorso al consulente ha riguardato durante il lockdown un’ampia fattispecie di servizi legati al Coronavirus, dalle richieste di consigli di esperti per finanziamenti pubblici alla consulenza legale, ad aspetti più pratici come la consegna del cibo a domicilio.