Il countdown dell'uguaglianza di genere

Rita Annunziata
17.1.2020
Tempo di lettura: 3'
Il World Economic Forum ha calcolato che ci vorrà un secolo per ottenere pari opportunità tra uomini e donne. Nella finanza sono stati compiuti ampi passi in avanti, ma molto lavoro resta da fare. Paola Papanicolaou, responsabile direzione centrale innovazione di Intesa Sanpaolo, spiega perché

Quando si tratta di decidere dove lavorare, l'85% dei millennial preferisce le aziende in cui la parità di genere viene garantita

“Sono ancora poche però le donne che hanno incarichi di vertice: solo il 15,9% dei dirigenti è donna, ma comunque in netta crescita rispetto all'1,8% del 1997”, spiega Paola Papanicolaou

Il countdown scorre lentamente, seppur con una vena velatamente positiva. Mancano ancora 99,5 anni e un'infinità di secondi per arrivare al momento in cui le donne potranno godere delle stesse opportunità degli uomini. Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World economic forum, tirare un minimo sospiro di sollievo è comunque possibile: nel 2018 il dato si attestava sui 108 anni, a testimonianza del fatto che alcuni passi in avanti sono stati compiuti e molti ancora sarà possibile disegnarli.
I giovani, in questo contesto, giocano un ruolo di primo piano. Quando si tratta di decidere dove lavorare, l'85% dei millennial preferisce le aziende in cui la parità di genere viene garantita. Dagli orari flessibili allo smart working, dagli asili nido al congedo parentale, la crescita professionale delle donne parte dalla costruzione di un sistema di welfare che garantisca un adeguato equilibrio famiglia-lavoro.

Ma quanto è difficile per le lavoratrici riuscire ad affermarsi nel mondo della finanza? “Tra i lavoratori del settore bancario le quote rosa sono il 46,2% e negli ultimi vent'anni sono cresciute di oltre il 15% – spiega Paola Papanicolaou, responsabile direzione centrale innovazione di Intesa Sanpaolo –. Sono ancora poche però le donne che hanno incarichi di vertice: solo il 15,9% dei dirigenti è donna, ma comunque in netta crescita rispetto all'1,8% del 1997”. Un cambiamento il cui impulso dovrebbe partire in primis dalla struttura centrale, ideando programmi che supportino l'evoluzione professionale della componente femminile. “Nella mia struttura, che fa parte dell'area digital, le donne sono il 56% e il 40% dei manager – continua Papanicolaou –. Inoltre, nell'area digital stiamo accompagnando la carriera delle donne promuovendo dei programmi di shadowing (osservazione e apprendimento ndr) in cui le nostre colleghe possono affiancare donne manager per confrontarsi ed essere ingaggiate nel percorso di crescita professionale”.

Nell'epoca della quarta rivoluzione industriale, l'innovazione diventa uno dei possibili driver del cambiamento. Il countdown continua a scorrere mentre ogni secondo si parla di 2,7 miliardi di email inviate, 68mila ricerche su Google e 74mila video visualizzati su Youtube. Ogni giorno, inoltre, individui da ogni parte del globo di qualsiasi genere, provenienza, orientamento religioso o politico, trascorrono circa due ore e 15 minuti della propria vita sui social network, e solo nel 2018 i clienti e-commerce hanno raggiunto i 2,81 miliardi. Il settore bancario non resta immune, facendo spazio all'innovazione tra le eliche del proprio dna. “In Italia e in Europa stiamo lavorando su più livelli per accelerare questo percorso sia attraverso il confronto tra banche in ambito associativo in sede Ebf (European banking federation) e Abi (Associazione bancaria italiana) per creare le condizioni di base nell'ecosistema, sia ogni istituto singolarmente dotandosi di strutture specifiche che si focalizzino nella ricerca e sviluppo nel digitale e nell'innovazione – aggiunge Papanicolaou – Le nuove tecnologie di fatto creano un nuovo contesto di maggiore collaborazione tra industries e tra diversi attori; basta pensare a quanto abiliti oggi la Psd2 (direttiva sui pagamenti), l'opportunità dell'open banking oppure la collaborazione con le fintech”.
Eppure, secondo un recente studio di Simon-Kucher & Partners, di fronte ad app, home banking e casse automatiche, gli italiani fanno un passo indietro: in un mondo in cui tutto è a portata di clic, l'80% preferisce ancora recarsi fisicamente in banca e affrontare lunghe file di attesa per svolgere operazioni come la disposizione di bonifici o la richiesta del saldo del conto corrente. A dominare è l'insicurezza, per l'assenza di chiarezza o di spiegazioni sufficienti sulle funzionalità offerte dal digital banking e il timore di commettere errori che influiscano negativamente sulle proprie finanze. “Effettivamente, secondo alcuni indicatori Eurostat, l'Italia risulta in ritardo nell'uso dei canali digitali rispetto alla media europea, 36% contro il 68% per quanto riguarda gli acquisti e-commerce, e 34% contro il 54% per quanto concerne l'uso dell'home banking”, analizza la Papanicolaou. Un dato che ben si sposa con le conclusioni dell'Abi, che evidenzia come la clientela italiana tenda a preferire un modello di interazione con la banca ibrido, selezionando il canale fisico e quello digitale a seconda della complessità dei bisogni. Il 51%, in particolare, esprime la propria preferenza per il phygital, un modello che pone insieme le caratteristiche migliori dell'online e dell'offline per offrire una customer experience adeguata alle esigenze, dando ampio spazio alla multicanalità. La banca del futuro dovrebbe porre al centro le persone, spiega la Papanicolaou, seguendo due direttrici: da un lato il cliente, con prodotti e servizi innovativi e omnicanali, e dall'altra i dipendenti, lavorando sulla user experience e sui processi interni.

“L'offerta di servizi innovativi sarà abilitata dall'uso di tecnologie ormai mature o in procinto di diventarlo, come l'intelligenza artificiale, il machine learning, la blockchain, la biometria, che consentiranno di trasformare i servizi bancari tradizionali in esperienze sempre più integrate, sicure e coinvolgenti – aggiunge –. Anche il concetto di spazi fisici e di prossimità evolverà ulteriormente abilitando il contatto del cliente con la banca in modalità sempre più flessibile e personale”.

E le donne? Ci sarà più spazio anche per loro? “Assolutamente sì. Ad esempio, Intesa Sanpaolo è stata sempre attenta all'equità di genere, ma negli ultimi anni ha voluto dare un'accelerazione e un segnale ancora più forte in questa direzione. Siamo sulla strada giusta, e l'innovazione giocherà un ruolo fondamentale nel cambiamento del nostro settore”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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