Bitcoin, da investimento speculativo a riserva di valore?

Aldo Bisioli
Aldo Bisioli
24.3.2023
Tempo di lettura: 3'
L’attuale crisi del sistema bancario potrebbe fare da cartina al tornasole per capire la reale valenza delle valute virtuali, bitcoin in primis

Le cronache finanziarie di questi giorni – il sostanziale fallimento della banca Credit Suisse, rilevata da Ubs, la crisi complessiva del sistema bancario e la crescita dei tassi di interesse – hanno ridato vigore ai sostenitori della valute virtuali, soprattutto a coloro che in esse identificano un’alternativa all’“ordine costituito” dalle banche centrali (in altri termini, che vorrebbero veder prevalere un sistema libero e decentralizzato su un sistema vincolato w accentrato nelle mani di poche autorità).


Valute virtuali vs monete a corso legale 

Analogo slancio ha subito anche la quotazione delle valute virtuali, tanto è vero che il Bitcoin, dall’inizio dell’anno, ha guadagnato l’80%. A dire il vero, il Bitcoin ha dato prova di poter crollare ancor più repentinamente, ma il tema di fondo resta, e attiene all’impatto sistemico di una valuta virtuale rispetto alle cosiddette monete a corso legale. Queste ultime, in ultima sostanza, sono stampabili all’infinito, per la gioia dei monetaristi (e il dispiacere dei keynesiani); al contrario, il Bitcoin è stato concepito (dal fantomatico Satoshi Nakamoto) come una moneta a quantità predefinita e immodificabile, e quindi non utilizzabile, neanche volendo, per promuovere politiche monetarie espansive o restrittive. 

Non si può del resto dimenticare il monito della Banca d’Italia, la quale da tempo sul proprio sito istituzionale espone una “avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette valute virtuali”: nella stessa si legge che dette valute, ovviamente, non vanno confuse con i tradizionali strumenti di pagamento elettronici (carte di credito, carte prepagate etc.); ma soprattutto si rammenta che le stesse non sono emesse o garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica e generalmente non sono regolamentate; inoltre, non avendo corso legale, non devono per legge essere obbligatoriamente accettate (almeno in Italia – in altri paesi, al contrario, lo debbono) per l’estinzione delle obbligazioni pecuniarie, ma possono essere utilizzate per acquistare beni e servizi sono se il venditore è disponibile ad accettarle. 


Apertura delle valute digitali a un pubblico più ampio 

E qui veniamo al nodo centrale: queste caratteristiche (presenti in quasi tutto il mondo) hanno fatto delle valute digitali un puro strumento di speculazione finanziaria, se non uno strumento per aggirare gli embarghi inflitti a taluni paesi, attirando su di sé critiche anche pesanti. Sta di fatto che il tempo, oltre ad essere galantuomo, è spesso l’unico giudice in grado di decretare la bontà di uno strumento finanziario (così come di tanti altri fenomeni economici). Se il Bitcoin resiste dal 2009, un motivo ci sarà, e se, soprattutto, la sua quotazione continuerà a crescere in un sistema finanziario in frenata (se non in crisi) potrebbe voler dire che il Bitcoin, ancora troppo giovane per assurgere a moneta avente corso legale, sarà pronto per i cosiddetti “cassettisti”, ovvero per quegli investitori (tanti) che cercano investimenti (diversi dal consueto mattone) in grado di proteggere il valore, innanzitutto dall’inflazione. 


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Laureato in Economia aziendale con il massimo dei voti presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, dal 1997 svolge l’attività presso lo studio Biscozzi Nobili, in qualità di socio dal 2003. È iscritto all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Milano dal 1992. Revisore contabile dal 1999, ora Revisore Legale. Specializzato in fiscalità d’impresa.

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