Le polizze vita e il superato rischio di riqualificazione

29.11.2018
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La Corte di Giustizia europea ed il Tribunale di Bresca intervengono nuovamente sulla natura giuridica dei prodotti di Ramo III. Il fine di questi contratti è quello di garantire la disponibilità di una somma o rendita ai beneficiari al verificarsi di determinati eventi
Uno degli aspetti più dibattuti delle polizze vita (in particolare delle polizze linked), consiste proprio nell'individuare la loro esatta natura, che in ragione della loro componente, assicurativo-previdenziale da un lato e finanziario-speculativo dall'altro, non può darsi per scontata. Il tema, più mediatico che sostanziale, è emerso a seguito della ordinanza della Cassazione n.10333 dello scorso 3 Aprile, con cui la Corte ha affrontato - seppure in maniera indiretta - il tema della eventuale riqualificazione giuridica delle polizze di Ramo III, chiedendosi se la funzione di questi contratti fosse quella previdenziale, tipica del contratto di assicurazione sulla vita, oppure speculativa e finanziaria, tipica dei contratti di investimento.
I riflettori sono stati nuovamente puntati su un dibattito giurisprudenziale già aperto, che da tempo evidenziava come in tali contratti si fondono le caratteristiche tipiche di entrambe le fattispecie, che differiscono per aspetti tutt'altro che formali, e dalle quali discendono effetti diametralmente opposti in termine di distribuzione dei rischi ed applicazione delle tutele, che vale la pena analizzare per comprendere la portata del fenomeno e il corretto inquadramento. Nei contratti assicurativi con finalità previdenziale, la compagnia si impegna ad assumersi un rischio legato alla vita del soggetto assicurato (il c.d. 'rischio demografico'), con conseguente pagamento del capitale al momento dell'evento attinente alla vita del soggetto assicurato.
Il fine ultimo di questi contratti, che è quello di garantire la disponibilità di una somma o di una rendita ai beneficiari o anche allo stesso assicurato al verificarsi di determinati eventi, gode di una particolare forma di tutela patrimoniale, che, in ragione della propria funzione, preserva altresì il capitale da eventuali azioni aggressive (l'articolo 1932 del codice civile stabilisce l'impignorabilità ed insequestrabilità delle somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario).
A tale modello 'canonico' di contratto assicurativo, si è aggiunta una tipologia contrattuale connotata da una preponderante componente finanziaria (o meglio, speculativa) che può garantire potenziali margini di guadagno in favore dei contraenti, variabile sulla base del rendimento dei fondi comuni di investimento (polizze unit linked), o sulla base di indici azionari (index linked), che costituiscono i valori sottostanti della polizza. In questi casi, il c.d. “rischio performance” relativo al valore degli attivi del fondo al momento in cui la compagnia dovrà versare il capitale (che quindi potrà essere anche inferiore al premio versato) è diversamente distribuito, a seconda della tipologia di polizza, tra la compagnia assicurativa e l'assicurato.
All'interrogativo se tali polizze (in particolare le linked pure dove il rischio è interamente addossato al contraente assicurato), in ragione del loro accentuato contenuto finanziario, dovessero rientrare nella sfera delle nuove forme di investimento finanziario, e se dovessero beneficiare delle tutele patrimoniali offerte dall'ordinamento per i contratti assicurativi aventi invece mera funzione previdenziale, si è approdati con una soluzione pacifica fornita dalla sentenza C-542/16 del 31 maggio 2018 della Corte di Giustizia, Ue la quale ha affermato come "per rientrare nella nozione di contratto di assicurazione", esso "deve prevedere il pagamento di un premio da parte dell'assicurato e, in cambio, una prestazione da parte dell'assicuratore in caso di decesso o di altro evento compreso nel contratto".
Tale contributo chiarificatore, consente di inquadrare la natura del contratto assicurativo solo sulla base del rapporto premio/prestazione, senza alcuna valutazione circa il trasferimento del rischio, per cui la finalità di investimento e risparmio, per quanto dominante, non è idonea di per sé ad annullare la funzione previdenziale della polizza di assicurazione sulla vita, la quale continuerà a beneficiare dell'applicazione delle tutele patrimoniali previste dal nostro ordinamento.
Allineata a tale orientamento, anche la giurisprudenza di merito (Tribunale di Brescia, Sentenza n.20219 del 13 giugno 2018), che correttamente osserva come “anche le polizze di Ramo III unit linked, caratterizzate dal fatto che il loro rendimento dipende dall'andamento dell'investimento sottostante in quote di Oicr o fondi interni, rientrino a pieno titolo nella nozione di contratto assicurativo sulla vita” e con un espresso richiamo alla disciplina sovrannazionale direttamente applicabile, che conferma la natura assicurativa delle polizze unit linked (direttiva Ue 2016/97 - Insurance Distribution Directive), ritiene che “l'assenza di una garanzia di restituzione del capitale investito non costituisca elemento ostativo alla qualificazione del contratto come assicurativo”.
Il rischio riqualificazione può dirsi quindi superato in presenza di un prodotto assicurativo dai connotati tipici, con copertura del rischio demografico e conseguente applicazione delle ben note tutele civilistiche (impignorabilità ed insequestrabilità) e dei vantaggi fiscali (esenzione dall'imposta di successione), che rappresenta al contempo un valido investimento finanziario a lungo termine, gestito in autonomia dalla compagnia assicuratrice in favore del contraente. D'altronde è proprio questa l'esigenza che le polizze multiramo mirano a coprire: un maggiore protezione del patrimonio investito, senza però ricorrere al prodotto di tipo “storico” in cui l'accantonamento delle somme di danaro veniva poi eroso inevitabilmente dall'inflazione al momento della restituzione, soprattutto in un momento storico in cui il rendimento dei Titoli di Stato è decisamente irrisorio, ed il ricorso al mercato azionario può dare risposte più soddisfacenti in termini di rendimento.
La crisi finanziaria dell'ultimo decennio ha accentuato questa esigenza che le compagnie assicurative hanno saputo ben cogliere, coniugando protezione del patrimonio e possibilità di rendimento, creando prodotti che allo stato dell'arte consentono di trasferire la posizione finanziaria del cliente all'interno del prodotto assicurativo (con copertura quindi del rischio demografico) e riuscendo a garantire le tutele previste dall'ordinamento con un prodotto ad alto grado di flessibilità e duttilità. Un miscela di vantaggi dinamici che facilmente spiega il successo che le polizze vita riescono ad ottenere nel panorama degli strumenti offerti a servizio della pianificazione patrimoniale.
I riflettori sono stati nuovamente puntati su un dibattito giurisprudenziale già aperto, che da tempo evidenziava come in tali contratti si fondono le caratteristiche tipiche di entrambe le fattispecie, che differiscono per aspetti tutt'altro che formali, e dalle quali discendono effetti diametralmente opposti in termine di distribuzione dei rischi ed applicazione delle tutele, che vale la pena analizzare per comprendere la portata del fenomeno e il corretto inquadramento. Nei contratti assicurativi con finalità previdenziale, la compagnia si impegna ad assumersi un rischio legato alla vita del soggetto assicurato (il c.d. 'rischio demografico'), con conseguente pagamento del capitale al momento dell'evento attinente alla vita del soggetto assicurato.
Il fine ultimo di questi contratti, che è quello di garantire la disponibilità di una somma o di una rendita ai beneficiari o anche allo stesso assicurato al verificarsi di determinati eventi, gode di una particolare forma di tutela patrimoniale, che, in ragione della propria funzione, preserva altresì il capitale da eventuali azioni aggressive (l'articolo 1932 del codice civile stabilisce l'impignorabilità ed insequestrabilità delle somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario).
A tale modello 'canonico' di contratto assicurativo, si è aggiunta una tipologia contrattuale connotata da una preponderante componente finanziaria (o meglio, speculativa) che può garantire potenziali margini di guadagno in favore dei contraenti, variabile sulla base del rendimento dei fondi comuni di investimento (polizze unit linked), o sulla base di indici azionari (index linked), che costituiscono i valori sottostanti della polizza. In questi casi, il c.d. “rischio performance” relativo al valore degli attivi del fondo al momento in cui la compagnia dovrà versare il capitale (che quindi potrà essere anche inferiore al premio versato) è diversamente distribuito, a seconda della tipologia di polizza, tra la compagnia assicurativa e l'assicurato.
All'interrogativo se tali polizze (in particolare le linked pure dove il rischio è interamente addossato al contraente assicurato), in ragione del loro accentuato contenuto finanziario, dovessero rientrare nella sfera delle nuove forme di investimento finanziario, e se dovessero beneficiare delle tutele patrimoniali offerte dall'ordinamento per i contratti assicurativi aventi invece mera funzione previdenziale, si è approdati con una soluzione pacifica fornita dalla sentenza C-542/16 del 31 maggio 2018 della Corte di Giustizia, Ue la quale ha affermato come "per rientrare nella nozione di contratto di assicurazione", esso "deve prevedere il pagamento di un premio da parte dell'assicurato e, in cambio, una prestazione da parte dell'assicuratore in caso di decesso o di altro evento compreso nel contratto".
Tale contributo chiarificatore, consente di inquadrare la natura del contratto assicurativo solo sulla base del rapporto premio/prestazione, senza alcuna valutazione circa il trasferimento del rischio, per cui la finalità di investimento e risparmio, per quanto dominante, non è idonea di per sé ad annullare la funzione previdenziale della polizza di assicurazione sulla vita, la quale continuerà a beneficiare dell'applicazione delle tutele patrimoniali previste dal nostro ordinamento.
Allineata a tale orientamento, anche la giurisprudenza di merito (Tribunale di Brescia, Sentenza n.20219 del 13 giugno 2018), che correttamente osserva come “anche le polizze di Ramo III unit linked, caratterizzate dal fatto che il loro rendimento dipende dall'andamento dell'investimento sottostante in quote di Oicr o fondi interni, rientrino a pieno titolo nella nozione di contratto assicurativo sulla vita” e con un espresso richiamo alla disciplina sovrannazionale direttamente applicabile, che conferma la natura assicurativa delle polizze unit linked (direttiva Ue 2016/97 - Insurance Distribution Directive), ritiene che “l'assenza di una garanzia di restituzione del capitale investito non costituisca elemento ostativo alla qualificazione del contratto come assicurativo”.
Il rischio riqualificazione può dirsi quindi superato in presenza di un prodotto assicurativo dai connotati tipici, con copertura del rischio demografico e conseguente applicazione delle ben note tutele civilistiche (impignorabilità ed insequestrabilità) e dei vantaggi fiscali (esenzione dall'imposta di successione), che rappresenta al contempo un valido investimento finanziario a lungo termine, gestito in autonomia dalla compagnia assicuratrice in favore del contraente. D'altronde è proprio questa l'esigenza che le polizze multiramo mirano a coprire: un maggiore protezione del patrimonio investito, senza però ricorrere al prodotto di tipo “storico” in cui l'accantonamento delle somme di danaro veniva poi eroso inevitabilmente dall'inflazione al momento della restituzione, soprattutto in un momento storico in cui il rendimento dei Titoli di Stato è decisamente irrisorio, ed il ricorso al mercato azionario può dare risposte più soddisfacenti in termini di rendimento.
La crisi finanziaria dell'ultimo decennio ha accentuato questa esigenza che le compagnie assicurative hanno saputo ben cogliere, coniugando protezione del patrimonio e possibilità di rendimento, creando prodotti che allo stato dell'arte consentono di trasferire la posizione finanziaria del cliente all'interno del prodotto assicurativo (con copertura quindi del rischio demografico) e riuscendo a garantire le tutele previste dall'ordinamento con un prodotto ad alto grado di flessibilità e duttilità. Un miscela di vantaggi dinamici che facilmente spiega il successo che le polizze vita riescono ad ottenere nel panorama degli strumenti offerti a servizio della pianificazione patrimoniale.