Le polizze di protezione “stand alone” valgono circa lo 0,3% dei 104 miliardi di euro di premi raccolti nel 2019 in Italia
Nel portafoglio delle famiglie private le assicurazioni rappresentano circa il 22% del portafoglio totale, stima l’Aipb, ma per questa tipologia di clientela, le polizze di pura protezione sono pressoché inesistenti.
La Mondiale Europartner ha un patrimonio in gestione pari a 16 miliardi di euro, con quote di mercato importanti in Francia, 47%, Italia, 36% e a livello internazionale, 17%.
Nel 2019 le polizze di puro rischio hanno raccolto nuove sottoscrizioni per 831 milioni di euro. Di questi, solo 283 milioni sono relativi a polizze non direttamente abbinate a mutui e prestiti. Le polizze di protezione “stand alone” rappresentano quindi una goccia nel mare della nuova produzione annua del segmento vita: valgono circa lo 0,3% dei 104 miliardi di euro di premi raccolti nel 2019.
Assolutamente sì. Basti pensare che il premio medio si attesta attorno ai 700 euro: le soluzioni assicurative che tutelano dal caso morte sono quindi ancora largamente legate alla clientela retail e coprono rischi e capitali piuttosto esigui. È vero che nel portafoglio delle famiglie private le assicurazioni rappresentano circa il 22% del portafoglio totale, stima l’Aipb, ma per questa tipologia di clientela, le polizze di pura protezione sono pressoché inesistenti.
Che impatto ha avuto l’emergenza sanitaria sulla richiesta di protezione da parte di famiglie e imprese?
Sicuramente è aumentata la percezione dei rischi. Assistiamo a un aumento di consapevolezza. Ma il problema persiste. I nuclei che dispongono di grandi patrimoni sanno che, in caso di necessità, possono attingere ad ampie risorse. Ma è un ragionamento sbagliato. Prima di tutto perché, in presenza di un’adeguata copertura, la liquidità detenuta come riserva per le emergenze potrebbe essere “liberata” e investita sui mercati finanziari, migliorando l’efficienza nell’allocazione delle risorse. E, in ogni caso, anche clienti private e High net worth possono manifestare delle esigenze di protezione.
Quali, per esempio?
Pensiamo al tema della successione. Gli eredi di famiglie con patrimoni importanti, spesso allocati in aziende, immobili e classi di attivo illiquide, si trovano a pagare imposte gravose al momento del trasferimento della ricchezza.
Facciamo i conti, con un esempio concreto. Prendiamo un imprenditore 50enne, sposato, con un figlio. Ha un patrimonio di 20 milioni di euro, quasi interamente investito in immobili o altri asset poco liquidi. Considerando aliquote e franchigie, moglie e figlio si troveranno a sborsare a titolo di imposta 360mila euro a testa. Con un’adeguata polizza temporanea caso morte (Tcm), si può predisporre la liquidità necessaria per versare l’importo dovuto al fisco, senza dover smobilizzare gli investimenti. Il premio annuo, a seconda della durata, 20 o 30 anni, e del profilo dell’assicurato, può oscillare, in ordine di grandezza, tra i 3.000 e i 6.000 euro.
Quali altri bisogni di protezione può avere una famiglia private?
Un altro caso tipico è quello del giovane manager in carriera, supponiamo 40enne, con figli a carico. Ha elevati livelli di reddito sta costruendo il suo patrimonio – ma ha anche flussi di spesa consistenti, ad esempio legati al mutuo per finanziare l’acquisto della prima o della seconda casa. L’improvviso venir meno del suo stipendio potrebbe comportare l’impossibilità di far fronte alle spese correnti e di provvedere alle esigenze future: gli studi dei figli, la pensione del coniuge. Una copertura Tcm con capitale assicurato di un milione di euro per venti o trent’anni risolverebbe il problema, mettendolo nelle condizioni di realizzare una corretta pianificazione.
Parliamo di bisogni molto concreti e strumenti accessibili. Per quale motivo queste coperture sono ancora poco diffuse?
Ci sono diversi fattori da considerare. Da un lato, si tratta di temi un po’ delicati: permane una certa resistenza psicologica ad affrontarli, da parte del cliente. Dall’altro, i banker non sono abituati a trattare queste soluzioni. Lo stesso vale per i consulenti finanziari. I family office, forse, sono attrezzati un po’ meglio, ma, in generale, tutto il mondo delle professioni che ruotano attorno alla consulenza e alla pianificazione finanziaria deve essere ancora educato, formato a proporre questi strumenti in modo corretto, a valutare l’impatto che determinati eventi possono esercitare sulla vita della famiglia e dell’impresa e predisporre adeguate forme di tutela. Senza dimenticare i benefici fiscali: le assicurazioni vita sono esenti da imposte di successione e non fanno parte dell’asse ereditario, non possono essere pignorate né sequestrate. E i premi versati per la polizza sono detraibili. Insomma, i vantaggi sono evidenti per i clienti. E sono anche soluzioni redditizie per le reti che le distribuiscono.
Un fattore non trascurabile, in un momento in cui le banche sono in cerca di fonti alternative di profitto per proteggere i margini.
Prendiamo un prodotto di protection con un premio annuo di 5.000 euro per 20 anni, remunerato in media all’80% per il primo anno e 20% successivamente. Questo può potenzialmente generare un flusso netto per l’intermediario pari a 4.000 euro il primo anno e 1.000 euro per ogni annualità successiva, con un totale di 23.000 euro. Si tratta di ricavi interessanti e paragonabili a quelle dei prodotti di risparmio,
ma con alcuni vantaggi importanti. Primo, l’incasso è immediato: le commissioni vengono pagate subito, generando un flusso in entrata contestuale al momento della vendita. Secondo, si fidelizza il cliente: significa, per il banker, una maggiore stabilità del portafoglio. Costruire una solida base fatta da polizze di protezione pluriennali, vuol dire assicurarsi flussi di commissioni in entrata per enne anni a venire, migliorare la qualità del proprio business e costituire una base di partenza reddituale per gli anni successivi. Inoltre, permette di proiettare la relazione con la clientela su durate più lunghe rispetto ai prodotti di investimento, consentendo ai banker di impostare diverse azioni di cross e up selling, nel corso del tempo. Vale la pena ricordare che questi prodotti non sono alternativi all’offerta di investimento, risparmio e previdenza, bensì complementari. L’intermediario può contare quindi su una potenziale fonte di reddito nuova, oltre ovviamente a garantire una migliore consulenza a favore del proprio cliente. Una pianificazione finanziaria che sia priva della componente legata alla tutela dei rischi è senza dubbio incompleta.
La Mondiale Europartner è storicamente presente soprattutto sul mercato delle polizze d’investimento e del private insurance. Qual è la vostra strategia nel segmento protection?
Siamo leader del mercato del private life insurance in Europa. In Lussemburgo siamo presenti da 30 anni e oggi abbiamo un patrimonio in gestione pari a 16 miliardi di euro, con quote di mercato importanti in Francia, 47%, Italia, 36% e a livello internazionale, 17%. Il nostro obiettivo, in questa fase, è diversificare il business, puntando sulla protezione. Parlando con i nostri partner, abbiamo raccolto una domanda latente, che spesso non trova adeguato riscontro: spesso il capitale assicurabile non supera infatti i 250 o 300mila euro.
Quali sono i piani di crescita su questo segmento?
Oggi siamo presenti con la nostra offerta in Italia e Finlandia e nei prossimi mesi lanceremo prodotti di protezione anche in Francia, Belgio, Lussemburgo e Svezia. Puntiamo a diventare l’assicuratore lussemburghese di riferimento in Europa nel mercato della Private life protection.
(articolo tratto da We Wealth, numero di settembre)