Un forte passaggio generazionale apre le porte alle imprese

16.4.2021
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Quali sono gli strumenti (e i loro effetti) per un passaggio generazionale ottimale? Lo spiega a We Wealth Domenico Capone, head of wealth planning and business development di Ubs wealth management in Italia
Il 54% delle imprese familiari è guidata da imprenditori con più di 60 anni e il 28% da imprenditori con più di 70 anni
Solo il 30% delle imprese familiari sopravvive infatti al fondatore e non più del 13% arriva alla terza generazione
Nel nostro Paese, stando ai dati Eurostat, nel 2019 il 22,8% della popolazione ha più di 65 anni. Il numero di figli per donna (1,32) è sotto la media europea e "sensibilmente inferiore alla soglia che garantirebbe il ricambio generazionale (circa 2,1)". Ma non solo perché se si guardano i dati sulla popolazione degli imprenditori, pubblicati dalla Sda Bocconi, si scopre come il 54% delle imprese familiari è guidata da imprenditori con più di 60 anni e il 28% da imprenditori con più di 70 anni. Il 49% resta operativo in azienda fino alla fine. E questo atteggiamento mina la longevità dell'impresa, soprattutto se si aggiunge il fatto che ben pochi programmano un passaggio generazionale intelligente. Solo il 30% delle imprese familiari sopravvive infatti al fondatore e non più del 13% arriva alla terza generazione. Se è dunque un dato di fatto che il nostro sia un paese vecchio e con il più basso ricambio generazionale dal 1918, è anche vero che il passaggio generazionale in azienda è obiettivo fondamentale del nostro ordinamento. Ed è per questo che si sono previsti una serie di strumenti e istituti che hanno l'obiettivo di aiutare il compito. Domenico Capone, Head of Wealth Planning and Business Development di Ubs wealth management in Italia spiega a We Wealth quali sono questi strumenti e gli effetti della loro applicazione.
- Partiamo dal trasferimento di azienda e di partecipazioni sociali in regime di esenzione. In cosa consiste e che vantaggi fiscali ha?
L'art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. 346/1990, introdotto dalla legge finanziaria del 2007, prevede la totale esenzione da imposta sulle successioni e donazioni per i trasferimenti di aziende e partecipazioni societarie, effettuati anche tramite i patti di famiglia, a favore dei discendenti e del coniuge.
Per il mantenimento dell'agevolazione in parola è necessario che i beneficiari proseguano l'esercizio dell'attività d'impresa ovvero detengano o integrino il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dal trasferimento e rendano una dichiarazione con la quale si impegnino ad osservare le predette condizioni. L'agevolazione trova la sua matrice nella Raccomandazione comunitaria 94/1069/CE e ha l'obiettivo dichiarato di favorire il passaggio generazionale delle imprese di famiglia, come sottolineato in più occasioni sia dall'Amministrazione finanziaria sia dalla Commissione studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato.
La portata dell'esenzione in commento è stata di recente ritenuta eccessivamente ampia dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 120/2020), applicandosi indistintamente a qualunque azienda a prescindere da requisiti dimensionali, congiunture sfavorevoli e difficoltà economiche degli beneficiari.
- Altro strumento a disposizione per mettere in essere il passaggio generazionale è il patto di famiglia. Come mai si dovrebbe optare per questo strumento?
Il patto di famiglia, introdotto nel 2006 e disciplinato dall'art. 768-bis cod. civ., permette all'imprenditore di trasferire, in tutto o in parte, l'azienda o le proprie partecipazioni societarie a uno o più discendenti. Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni (e non l'imprenditore) devono contestualmente liquidare gli altri familiari legittimari, se questi non vi rinunziano, con una somma almeno pari al valore delle rispettive quote di legittima.
Non essendo soggetto ad azione di riduzione e di collazione, il patto di famiglia permette all'imprenditore di garantire continuità nella gestione dell'azienda o della partecipazione sociale e scongiurare che le vicende successorie ne pregiudichino il valore e le prospettive di crescita.
Anche il patto di famiglia gode di vantaggi fiscali. Innanzitutto, ai trasferimenti di aziende e partecipazioni societarie, effettuati anche tramite i patti di famiglia, si applica lo stesso regime di esenzione sopra descritto di cui all'art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. 346/1990. Inoltre, la Corte di Cassazione, superando un precedente orientamento (sentenza n. 32823/2018), ha affermato (sentenza n. 29500/2020) che la liquidazione dei legittimari rappresenta un onere gravante sull'attribuzione ricevuta dagli assegnatari che ne diminuisce il valore patrimoniale, esattamente come succede in una donazione modale. Ciò significa che la liquidazione eseguita con beni propri da Tizio (assegnatario dell'azienda) a suo fratello Caio è considerata una donazione dal padre al figlio Caio e, pertanto, non sconta l'aliquota del 6% con la franchigia di 100 mila euro (applicabili tra i due fratelli) ma l'aliquota del 4% e la franchigia di un milione (applicabili tra padre e figlio).
- E infine, c'è anche l'opzione del conferimento di partecipazioni in holding in regime di realizzo controllato. Quali sono le peculiarità di questo strumento?
Le operazioni di conferimento di partecipazioni in holding, esistenti o neocostituite, sono molto utilizzate nelle riorganizzazioni volte a regolare il controllo di un gruppo in vista del passaggio generazionale e godono di un regime fiscale di particolare vantaggio.
L'articolo 177, comma 2 e 2-bis, del Tuir prevede infatti un meccanismo di “realizzo controllato” dei conferimenti di partecipazioni societarie, in base al quale il corrispettivo delle quote ricevute in cambio dal soggetto conferente è valutato, ai fini della determinazione del suo reddito, in base alla corrispondente quota dell'aumento del patrimonio netto della società conferitaria. Può quindi non emergere una plusvalenza imponibile qualora il valore di iscrizione della partecipazione e, pertanto, l'incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria riconducibile al singolo conferimento, risulti pari all'ultimo valore fiscale della partecipazione conferita.
Da ricordare inoltre come prima del recente intervento apportato dall'articolo 11-bis del decreto Crescita, attraverso l'introduzione del comma 2-bis dell'art. 177 del Tuir, il regime agevolativo (disciplinato dal comma 2) riguardava solo i casi in cui la società conferitaria acquisisce o incrementa il controllo della società scambiata. Grazie alla recente novità normativa, al ricorrere di condizioni specifiche, è sufficiente che le partecipazioni conferite siano "qualificate", ossia rappresentino complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 20%, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25% (5% in caso di titoli negoziati in mercati regolamentati).