L’istituto del trust ha spesso sofferto, nel nostro Paese, di un’ingiustificata reputazione negativa, dovuta all’utilizzo abusivo che se ne è in alcuni casi fatto, da parte di chi ha ritenuto di utilizzare la sua efficacia segregativa in maniera strumentale all’occultamento dei beni alle pretese dei propri creditori: tali trust sono spesso stati impugnati giudizialmente dai creditori lesi nelle loro ragioni e i relativi procedimenti sono quasi sempre sfociati in una declaratoria di inefficacia degli atti di conferimento, quando non anche di invalidità dello stesso strumento.
Dovrebbe ormai essere a tutti chiaro che il trust non è – e non può essere – un mezzo per sottrarre ai creditori la garanzia patrimoniale generica rappresentata dai beni presenti e futuri di ciascun debitore, con i quali lo stesso è tenuto per legge a rispondere dell’adempimento delle obbligazioni contratte, così come previsto dall’art. 2740 c.c.: in tali ipotesi, l’intero impianto non potrà che rivelarsi instabile, oltreché del tutto inidoneo a perseguire le desiderate finalità indebite.
In primo luogo va evidenziato che, se la dotazione è effettuata in un momento nel quale il disponente abbia già vicissitudini debitorie, tale attribuzione può essere travolta e i beni conferiti in trust possono essere aggrediti dai suoi creditori, come se non fossero mai usciti dal patrimonio del debitore.
L’azione revocatoria
Il rimedio che la legge accorda, in tali casi, è innanzitutto l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c., strumentale a far dichiarare l’inefficacia dell’atto lesivo ed esperibile nel termine di cinque anni dalla data dello stesso.
A tali fini, non è necessario che l’attore vanti nei confronti del disponente un credito attuale ed esigibile, essendo sufficiente anche un credito soggetto a condizione o a termine e, secondo la giurisprudenza, persino una mera aspettativa, purché non manifestamente infondata.
È inoltre necessario, perché la domanda possa trovare accoglimento, che il debitore fosse consapevole del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni dei creditori, ovvero – qualora anteriore al sorgere del credito – che l’atto fosse preordinato a pregiudicarne il soddisfacimento.
Di regola l’atto di dotazione è considerato un atto a titolo gratuito, non essendo normalmente effettuato in adempimento di un obbligo, ovvero verso pagamento di un corrispettivo, con conseguente irrilevanza – ai fini della revocatoria dell’atto – della consapevolezza in capo al destinatario dell’attribuzione dell’intento fraudolento del disponente, richiesta invece per gli atti a titolo oneroso (cfr. Cass. civ., sez. III, 29/5/2018, n. 13388, la quale ha puntualizzato che, per stabilire la gratuità od onerosità dell’atto, deve aversi riguardo esclusivamente al rapporto fra disponente e beneficiario).
Si ritiene poi comunemente che l’azione revocatoria vada indirizzata contro l’atto di dotazione patrimoniale – per effetto del quale tali beni escono dal patrimonio del disponente e sono attribuiti al trustee – e non contro l’atto istitutivo, che non è in sé pregiudizievole ai creditori (tuttavia, Cass. civ., sez. I, 15/4/2019, n.10498, rimasta sinora isolata, ha ritenuto che l’azione sia esperibile anche nei confronti dello stesso atto istitutivo, dalla cui inefficacia deriverebbe anche quella dei relativi atti di conferimento).
Il rimedio di cui all’art. 2929 bis c.c: espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito
Avverso il conferimento dei beni in trust, oltre all’azione revocatoria, è esperibile anche il rimedio di cui all’art. 2929 bis c.c. (concernente in generale gli atti dispositivi a titolo gratuito e i “vincoli di indisponibilità”, successivi al sorgere del credito e relativi a beni immobili o mobili registrati), il quale consente al creditore munito di titolo esecutivo di procedere direttamente al pignoramento del bene, purché la relativa trascrizione avvenga entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto pregiudizievole, senza necessità di ottenere una previa declaratoria di inefficacia dell’atto; l’esecutato potrà poi avvalersi delle opposizioni previste dal titolo V del libro III del codice di procedura civile, qualora l’azione esecutiva sia promossa in difetto dei presupposti di legge, ovvero l’atto dispositivo o il vincolo non siano pregiudizievoli alle ragioni del creditore procedente.
In taluni casi di intenzionale frode ai creditori, l’atto istitutivo di trust e la relativa dotazione patrimoniale possono essere nulli per illiceità della causa o dell’oggetto: tali sono stati ritenuti, ad esempio, i trust istituiti dal debitore insolvente, al fine di sottrarsi alle norme inderogabili sulla liquidazione concorsuale, o comunque a danno del ceto creditorio.
Altri casi in cui il trust può essere aggredibile dai creditori
Il trust può poi essere aggredibile dai creditori anche quando il debito sia sorto successivamente agli apporti, ma l’atto istitutivo soffra di vizi “genetici” particolarmente gravi: si tratta principalmente dei casi nei quali il disponente mantenga poteri di controllo così pregnanti da far ritenere il trust simulato o interposto (ciò avviene, in particolare, quando il disponente o il beneficiario risultino titolari di poteri tali da vincolare la volontà del trustee, privandolo della discrezionalità nella gestione e amministrazione del fondo).
Ipotesi limite di nullità del trust è quella in cui le figure del disponente, del trustee e del beneficiario coincidano (Cass. civ., sez. lav., 19/5/2017, n.12718).
Il concetto di nullità o simulazione è utilizzato anche dalla giurisprudenza penale, nei casi in cui il disponente sia indagato in un procedimento dal quale possano sorgere, a suo carico, conseguenze di natura risarcitoria: la Cassazione si è infatti espressa costantemente nel ritenere che un bene possa essere oggetto di sequestro e confisca, ancorché non di proprietà del reo, quando risulti che questi ha comunque mantenuto su di esso una disponibilità «uti dominus».
Tale prova, di cui è onerata la pubblica accusa, può essere fornita anche in via presuntiva (ad es. in ragione della sussistenza di rapporti familiari fra disponente e beneficiario), applicandosi anche la disciplina prevista dall’art. 192 c.p.p., in base alla quale tutte le disposizioni a titolo gratuito – tra cui il trust – realizzate dall’imputato a partire dal momento in cui il reato è stato commesso non sono opponibili al creditore danneggiato dal reato.
Al contrario, laddove il trust sia “genuino” e sorretto da un’effettiva volontà del disponente di spogliarsi dei beni per destinarli al programma destinatorio, questi ultimi non possono essere sottoposti a provvedimento cautelare (cfr., da ultimo, Cass. pen., 25/1/2023 n. 3360).
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