Trust esteri e beneficiari residenti: la disciplina fiscale

A valle della pubblicazione da parte dell’amministrazione finanziaria della circolare 34/E/2022 (la “circolare”) avente a oggetto la disciplina fiscale dei trust ai fini delle imposte dirette e indirette e dalla lettura combinata delle disposizioni normative contenute negli artt. 44 e 73 del Tuir, emerge come anche i redditi di fonte estera prodotti da un trust non residente possano essere soggetti, in Italia, ad applicazione dell’Irpef in capo ai beneficiari (come le persone fisiche) fiscalmente residenti in Italia per effetto dell’attribuzione in loro favore, dei suddetti redditi. Tale “meccanismo impositivo”, per quanto “apprezzabile” rispetto alla sua finalità, è alquanto discutibile rispetto ai principi regolatori cardini del nostro sistema impositivo.
Cosa prevede la normativa sui trust esteri
Ai sensi di quanto disposto dall’art. 73, c.1, l. d) del Tuir, sono considerati soggetti passivi Ires anche i trust non residenti nel territorio dello Stato italiano, esclusivamente per i redditi ivi prodotti.
Nell’ipotesi in cui il trust estero, tuttavia, si qualifichi come “trasparente” ossia che i beneficiari residenti in Italia (persone fisiche) dei redditi da esso prodotti siano individuati (come chiarito nella circolare al §3.1, per beneficiario individuato si intende: “[…] il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva effettiva. È necessario, quindi, che il “beneficiario” sia puntualmente “individuato” e che risulti titolare del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione di quella parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza […]”), i redditi ovunque prodotti dal trust (così come confermato dalla circolare al §3.) dovranno essere attribuiti ai predetti beneficiari, indipendentemente dall’effettiva percezione, e conseguentemente, in capo a tali ultimi, soggetti a applicazione dell’Irpef ai sensi di quanto disposto dall’art. 44, c.1, l. g-sexies) del Tuir. Resta inteso che se tra i redditi prodotti dal trust estero vi siano redditi di fonte italiana soggetti ad applicazione di ritenute a titolo d’imposta oppure a imposta sostitutiva, questi non saranno soggetti a ulteriore prelievo impositivo in capo ai beneficiari individuati.
Quanto sopra esposto è del tutto asincrono rispetto a uno dei principi immanenti del nostro ordinamento tributario, ossia quello per cui indipendentemente dalla qualificazione (trasparente o “opaco”) assunta dal soggetto residente all’estero in ragione dell’applicazione della locale normativa tributaria, il sistema tributario domestico con riferimento al comparto delle imposte sui redditi:
- (a) non qualifica mai – forzosamente – come “trasparente” un soggetto non residente per applicazione della normativa domestica;
- (b) tutti redditi di pertinenza del soggetto residente in Italia ritratti in ragione di rapporti patrimoniali instaurati con il soggetto residente all’estero (come il socio di una società di diritto estero), sono soggetti a imposte sui redditi in Italia, in capo al primo, soltanto al momento della loro effettiva percezione.
Quanto previsto dal combinato disposto dell’art.73, c.1, l. d) e dell’art. 44, c.1, l. g-sexies) del Tuir, nonché dalla prassi dell’amministrazione finanziaria, risulta essere, a opinione di chi scrive, in totale contrapposizione con i principi sopra riportati.
I rischi di una doppia imposizione
Infatti, a causa della qualificazione di soggetto non residente “trasparente” indotta per applicazione della normativa domestica, si rischia di generare fenomeni di potenziale doppia imposizione reale:
- (i) per effetto dell’attribuzione di redditi di fonte estera (probabilmente già ivi soggetti ad imposte sui redditi) in capo a soggetti residenti in Italia, i quali, ai sensi di quanto disposto dell’art. 44, c.1, l. g-sexies) del Tuir, dovranno assoggettare (nuovamente) tali redditi a Irpef (sempre nell’ipotesi in cui il beneficiario individuato sia una persona fisica residente in Italia);
- (ii) per effetto della non semplice dinamica legata all’applicazione delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni in presenta di (a) trust (b) “trasparenti” ai fini delle imposte sui redditi.
Su questo punto, dunque, sarebbe auspicabile un intervento proprio da parte del legislatore tributario.
(Articolo scritto in collaborazione con Matteo Esposito, Lca Studio Legale)
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