Nel report “Inheritance taxation in Oecd countries” viene fornita una dettagliata analisi comparativa dei prelievi applicati sulle donazioni e successioni nei 37 Paesi membri
In un momento di profonda crisi, occorre non sottovalutare le insidie e adottare soluzioni specifiche per pianificare al meglio la successione
In prima battuta, l’analisi condotta lascia trasparire un dato pressoché omogeneo: benché le imposte sulle donazioni e successioni siano riscosse dalla maggior parte dei Paesi membri (solo 10 Stati, a partire dagli anni ’70, le hanno abrogate), queste rappresentano una minima parte del gettito fiscale totale.
Ciò è vero per gli Stati a tal riguardo più rigorosi – quali Belgio, Francia, Giappone e Corea – ove il prelievo genera appena l’1% del gettito totale; ciò è ancor più vero per i restanti Paesi membri Ocse in cui il regime impositivo su donazioni e successioni, contribuisce, in media, appena allo 0,5% delle entrate totali.
Ebbene, al contrario di quanto spesso si percepisce, l’Italia rientra tra i Paesi meno inclini a colpire il valore dei trasferimenti di patrimonio tra generazioni.
In effetti, la disciplina italiana sulla tassazione delle successioni (da ultimo modificata nel 2006), si traduce con l’applicazione di un’aliquota che varia dal 4%, per i trasferimenti in favore del coniuge o di parenti in linea retta, fino all’8% per trasferimenti a favore di tutti gli altri soggetti.
Dal resoconto offerto emerge, altresì, che l’Italia è tra i Paesi che meno incidono sui trasferimenti di ricchezza ai figli mediante donazione.
Nel merito, l’analisi comparativa contenuta nel report restituisce un’immagine variegata della disciplina sui trasferimenti mediante donazione.
In questo senso, se alcuni Paesi (tra cui Belgio, Finlandia, Paesi Bassi e Spagna), prevedono soglie di esenzione fiscale per le donazioni ai figli relativamente basse – in media, inferiori a 25mila dollari – altri Stati, tra cui Regno Unito e Usa, prevedono tutt’altro trattamento fiscale, caratterizzato da soglie di esenzione (tax exemption thresholds) più alte: rispettivamente (circa) 640mila dollari e 11,6 milioni di dollari.
Per quanto riguarda l’Italia, invece, la soglia che, secondo la disciplina vigente, consente a un genitore di trasferire ricchezza – esentasse – ai propri figli, raggiunge 1 milione di euro. Ciò considerato, subito dopo gli Usa, l’Italia prevede la seconda soglia di esenzione più favorevole tra i Paesi Ocse.
E invero, i dati che risultano dall’analisi condotta dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, permettono di portare alla luce (almeno) due circostanze, tra loro strettamente correlate.
In primo luogo, in un momento storico caratterizzato dalla necessità di risanare l’economia, è lecito aspettarsi che la maggior parte degli Stati – per trovare nuove fonti di entrate – avvieranno profonde riforme dei sistemi fiscali; potenzialmente idonee, tra le altre cose, ad appesantire il prelievo sui trasferimenti di ricchezza e a inasprire le imposte sulle successioni.
In secondo luogo, non è escluso che, l’attuale contesto di generalizzata crisi – accompagnato da politiche monetarie fortemente espansive – possa contribuire alla formazione di bolle speculative, che possono pregiudicare i patrimoni e gli investimenti.
Per tale ragione, può rivelarsi utile prendere in considerazione l’opportunità di ricorrere a una pianificazione successoria, che consenta di proteggere il patrimonio, agevolare il passaggio generazionale e ottimizzare, altresì, i carichi fiscali.