L’effetto retroattivo della rinuncia comporta che il soggetto che non accetta l’eredità non è tenuto a rispondere dei debiti fiscali del dante causa
Il rinunciante non è considerato titolare di alcuna soggettività passiva neppure nel periodo che intercorre tra la data di apertura della successione e la dichiarazione di rinuncia
In questi termini, l’effetto che deriva dalla dichiarazione di rinuncia è che il soggetto che, pur chiamato alla successione, non la accetti, sarà esonerato da ogni carico e debito del de cuius, anche nel lasso di tempo che intercorre tra l’apertura della successione e la rinuncia (che ha effetto retroattivo) alla stessa. Perfino se, prima della rinuncia, ha presentato la dichiarazione di successione; che non costituisce atto suscettibile di determinare l’accettazione dell’eredità.
Sulla scorta di questi principi, entrando ora nel merito della vicenda, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le pretese dell’Agenzia delle entrate che, nell’ambito di un contenzioso, riteneva che la rinuncia all’eredità non è sufficiente per escludere la configurabilità delle soggettività passive del de cuius a carico dei chiamati, poiché può essere revocata entro 10 anni dalla morte del de cuius (salvo l’intervenuta accettazione da parte di altri chiamati).
Ad avviso dell’Agenzia, pertanto, poiché per essere consolidata, la rinuncia, devono passare almeno 10 anni dalla data dell’apertura della successione, questa rimane non definitiva e, conseguentemente, è possibile ricondurre i debiti tributari ai contribuenti chiamati all’eredità.
Secondo la Corte di Cassazione, invece, il soggetto chiamato all’eredità che vi rinuncia non è titolare di alcuna soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius, neanche in ambito tributario: ciò comporta che non possono essere considerati tenuti al pagamento delle imposte gravanti sul de cuius i soggetti che all’eredità hanno rinunciato.
Al contrario. Per la Corte di Cassazione, la dichiarazione di rinuncia ha effetto immediato e implica la decadenza dal diritto di accettare l’eredità; salvo la manifestazione di una revoca. A tal proposito, la rinuncia all’eredità comporta l’immediata devoluzione ad un successibile di grado posteriore e, per il rinunciante, l’effetto di sollevarlo dalle obbligazioni tributarie riferibili al de cuius e, conseguentemente, dalle pretese dei creditori di quest’ultimo e del fisco (non a caso l’art. 65, comma 1 del d.p.r. n. 600/1973 individua quali soggetti passivi non i meri chiamati ma gli eredi).
Tutto ciò considerato, chi rinuncia all’eredità non può essere considerato titolare della soggettività passiva rispetto ai debiti del de cuius.
L’Erario o il creditore che abbia interesse ad accelerare il processo di accettazione, anche tacita, o di rinuncia all’eredità potrà fare riferimento agli strumenti di tutela messi a disposizione dal codice civile: basti, in proposito, pensare all’azione che permette adire l’autorità giudiziaria affinché venga fissato un termine entro il quale il chiamato è tenuto a dichiarare se accetta o rinuncia all’eredità o, ex art. 524 cc., allo strumento che consente ai creditori del rinunciante – se la rinuncia all’eredità avviene in danno degli stessi – di farsi autorizzare ad accettare l’eredità in luogo del rinunciante stesso.