Le spese per cui il proprietario può chiedere la detrazione, devono essere ordinarie consistendo in un adattamento dei locali alle esigenze connesse all’attività professionale del locatario
A certe condizioni è possibile portare in detrazione i costi sostenuti per ristrutturare un immobile locato ad uso professionale
L’Iva pagata su acquisti di beni relativi a migliorie su
beni quando si ravvisino evidenti indizi di antieconomicità non è
detraibile.
Questo è uno dei principi ricavabili dalla pronuncia della
Corte di Cassazione, n. 14853, del’11 maggio 2022.
Come messo in evidenza dai giudici di legittimità, che sono
stati chiamati a pronunciarsi su una questione relativa alla possibilità del proprietario di un immobile di
portare in detrazione i costi sostenuti per ristrutturare uno spazio locato a terzi ad
uso professionale, non è detraibile l’Iva se i lavori eseguiti sfuggendo al
criterio dell’inerenza, si risolvono in via di fatto non in un adattamento
dell’immobile ai fini professionali ma di una vera e propria ristrutturazione
dello stesso.
Più in particolare, ad avviso della Corte, i costi di
rifacimento completo, normalmente a carico del proprietario, non possono essere
stati sostenuti per il mero adattamento dei locali alle esigenze connesse alla
professione del locatario. Si trattava di un immobile ceduto in locazione ad un
architetto con costi di ristrutturazione imputati a titolo di adattamento degli
spazi per lo svolgimento dell’attività professionale.
Come rilevato dall’Agenzia delle entrate, le spese
per cui il proprietario chiedeva la detrazione, si sono rivelate essere spese
straordinarie, e i lavori di intervento sono apparsi privi del requisito di inerenza della spesa allo
svolgimento della libera professione del contribuente; piuttosto, sono
risultati finalizzati ad aggirare l’obbligo di pagamento dell’Iva da parte
della “proprietaria-locatrice”, consentendone la detrazione (nel caso di specie) al marito.
In effetti, rilevano i giudici, benché in campo Iva il
giudizio di congruità non esclude il diritto alla detrazione, tuttavia, lo
condiziona qualora l’antieconomicità dell’operazione sia manifesta e
macroscopica e dunque esulante dal normale margine di errore di valutazione
economica, tanto da assumere rilievo indiziario di non inerenza della destinazione del bene o servizio all’utilizzo
per operazioni assoggettate ad Iva”.
Nel caso in esame, gli interventi eseguiti dal contribuente sull’immobile risultavano in
contrasto con il canone di economicità, essendo privi di obbiettiva
giustificazione in rapporto all’entità elevata dei costi sostenuti.
Al
riguardo, come rilevato dai giudici di merito, prima di approdare in Cassazione, i lavori eseguiti piuttosto che consistere in un semplice adattamento dei locali alle
esigenze connesse alla attività̀ professionale del locatario, apparivano alla stregua di una ristrutturazione completa e radicale dell’immobile,
comprensiva dei lavori di rimozione e rifacimento del manto di copertura
dell’edificio, smantellamento e rimozione degli impianti tecnologici,
demolizione e rimozione della pavimentazione interna ed esterna, delle vasche
di raccolta e trattamento dei liquami e delle connesse tubazioni.
Siffatta circostanza ha portato il fisco a ritenere le spese sostenute esorbitanti rispetto allo scopo formalmente perseguito, e come tali idonee a far venire meno il requisito della
pertinenza della spesa allo svolgimento della libera professione.