Per garantire nel tempo la sostenibilità del sistema previdenziale italiano occorrerebbe una seria revisione dell’organizzazione del lavoro e dei modelli produttivi
La previdenza complementare permette di accantonare una parte dei risparmi nel corso della vita lavorativa e ottenere una nuova entrata.
Alcuni numeri sul sistema pensionistico italiano
Itinerari previdenziali ha recentemente pubblicato il documento annuale con cui fa il punto sullo stato dell’arte del sistema previdenziale italiano.
Il rapporto, alla sua decima edizione, denominato “Il Bilancio del Sistema Previdenziale italiano – Andamenti finanziari e demografici delle pensioni e dell’assistenza per l’anno 2021“, mette in evidenza:
- per un verso, gli andamenti della spesa pensionistica, delle entrate contributive e dei saldi delle differenti gestioni pubbliche e privatizzate che compongono il sistema pensionistico obbligatorio del Paese
- per un altro, gli indicatori che consentono di valutare le criticità e la sostenibilità del sistema nel medio e lungo termine.
Inoltre, particolare attenzione è dedicata anche al sistema complementare, ritenuto come “indispensabile” per garantire la tenuta del welfare state in una società, come quella italiana, e più in generale quella occidentale, che invecchia.
Tra i dati più interessanti, che emergono dal rapporto in commento, si evidenzia come:
- è in aumento il numero di pensionati. Questi salgono dai 16,041 milioni del 2020 ai 16,099 del 2021
- dopo il Covid-19, torna a crescere il numero di occupati, che a fine giugno 2022 superano i 23 milioni
- migliora il rapporto occupati e pensionati che nel 2021 arriva a 1,4215.
È sostenibile il sistema previdenziale italiano?
Secondo Itinerari previdenziali sì. Tuttavia, occorre tenere alta la guardia.
Più nel dettaglio, secondo il rapporto in esame, ad oggi il sistema pensionistico e previdenziale è sostenibile ma, è verosimile credere, rimarrà tale per i prossimi tra 10-15 anni, quando “le ultime frange dei baby boomer – in termini previdenziali assai significative, data la loro numerosità – si saranno pensionate”. Spiega il Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali Alberto Brambilla.
Tuttavia, osserva sempre Brambilla, per mantenere questo equilibrio è necessario, “intervenire in maniera stabile e duratura sul sistema, tenendo conto di 4 principi fondamentali”, quali:
- età di pensionamento, attualmente tra le più basse d’Europa (circa 63 anni l’età effettiva in Italia contro i 65 della media europea)
- invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un’adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione
- prevenzione, intesa come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute
- politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un’intensificazione della formazione professionale, anche on the job.
La spesa italiana per il welfare
A differenza di quanto è dato credere, dalla lettura del report di Itinerari previdenziali emerge che la spesa italiana per il welfare è tutt’altro che bassa, se paragonata agli altri Stati d’Europa.
L’incidenza percentuale della spesa per welfare sul Pil colloca l’Italia al secondo posto con l’Austria (33,3%), dopo la Francia (35,2%).
In buona sostanza, l’Italia è “nella top five mondiale nonostante il nostro Paese abbia un enorme debito pubblico”. Inoltre, tra i grandi Paesi, l’Italia è al secondo posto dopo la Germania per spesa sociale in percentuale della spesa pubblica totale.
Il sistema complementare
Nel 2021 per la previdenza complementare si registra una notevole crescita dei contributi versati dagli iscritti ai fondi pensione, +6,1 per cento, per un totale di 17,6 miliardi di euro.
Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, il totale delle deduzioni è stato pari a 4,62 miliardi di euro.
Gli iscritti ai fondi pensione complementare risultano pari a 9,733 milioni, che al netto delle doppie iscrizioni si riducono a 8,771 milioni, con un aumento rispetto alla flessione registrata nel 2020.
Il profilo di iscritto medio alla previdenza complementare è di genere maschile, con età superiore ai 40 anni, e con residenza prevalentemente nel Nord, Nord Est Italia.
Le forme pensionistiche con maggiori iscritti sono i Pip di nuova generazione e i fondi negoziali. Il patrimonio complessivo dei fondi pensione è pari a 213 miliardi di euro, con un incremento del 7,8% rispetto allo scorso anno.
I vantaggi del sistema complementare
Come noto la previdenza complementare permette di accantonare regolarmente una parte dei risparmi nel corso della vita lavorativa al fine di ottenere una nuova entrata, che si aggiunge a quella della pensione ordinaria.
Essa, infatti, aggiungendosi alla rendita da pensione obbligatoria permette, a coloro che vi aderiscono, di ottenere una rendita integrativa e, conseguentemente, di affrontare con maggiore serenità le eventuali difficoltà legate all’uscita dal mondo del lavoro.
Aderire ai fondi pensione, in generale, e meglio ancora all’inizio della carriera lavorativa, consente, tra le altre cose, di:
- accumulare un risparmio rilevante per formare una pensione integrativa adeguata e far fronte a eventuali discontinuità lavorative
- avere diritto al contributo del datore di lavoro, per i lavoratori dipendenti
- effettuare prelevamenti dalla propria posizione individuale a titolo di anticipazione o riscatto per affrontare spese legate a particolari esigenze personali o a situazioni di difficoltà lavorativa
- beneficiare di specifiche agevolazioni fiscali previste per chi aderisce alla previdenza complementare
- ridurre le imposte da pagare sui redditi ogni anno per effetto della deduzione dei contributi versati alla previdenza complementare.
Quest’ultimo punto vale anche per i familiari a carico.
Ebbene, in linea di massima è possibile suddividere le forme pensionistiche complementari in:
- fondi pensione negoziali, altresì detti fondi chiusi, rivolti a determinate categorie di lavoratori, subordinati e autonomi. Questi fondi sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale
- fondi pensione aperti, costituiti da banche, imprese di assicurazione, Sgr, Sim e altri intermediari finanziari, ai quali possono aderire tutte le tipologie di lavoratori dipendenti o autonomi, in forma collettiva o individuale
- Pip, piani pensionistici individuali, costituiti da contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali.
I vantaggi fiscali
Aderire ad un fondo pensione permette, a certe condizioni, di beneficiare di alcuni vantaggi fiscali.
Ad esempio, sono deducibili ai fini dell’Irpef i contributi ed i premi versati alle forme pensionistiche complementari e sono, inoltre, previste, una serie di agevolazioni fiscali anche a favore dei familiari fiscalmente a carico.
I contributi versati alle forme pensionistiche, ad esempio, sono deducibili dal reddito dichiarato: dal reddito complessivo si possono dedurre i contributi versati direttamente, nonché (questo vale per i lavoratori dipendenti privati) i contributi eventualmente versati dal datore di lavoro.
È consentito portare in deduzione, nell’arco di un anno, la somma massima di euro 5.164,57. Il reddito da cui è possibile dedurre i contributi può essere di qualsiasi tipo: ad esempio, reddito da lavoro dipendente, autonomo, d’impresa.
Ma non è tutto. Come anticipato, infatti, è possibile dedurre anche i versamenti effettuati a favore di un familiare “fiscalmente a carico”. Se il familiare a carico non può dedurre per intero i contributi versati, la parte di contributo che residua può essere dedotta dalla persona che lo ha in carico e che ha effettuato il versamento.