Ecco in quali casi il premio può essere legittimamente portato in deduzione dal reddito d’impresa, nell’intervista a Massimo Biancon, dello Studio legale tributario Tosi
Come funziona una polizza key men?
In generale, tali prodotti assicurativi prevedono il pagamento di un numero limitato di premi annuali da parte dell’impresa contraente-beneficiaria; la copertura dell’evento morte del key man assicurato (c.d. “rischio demografico”); la corresponsione da parte della compagnia di assicurazione di un indennizzo rivalutabile nel tempo. Si possono sottoscrivere due tipologie di polizze key men: “temporanea caso morte” e “caso morte a vita intera”.
La polizza “temporanea caso morte” prevede il pagamento di un capitale se, e solo se, l’assicurato decede entro il termine stabilito dal contratto assicurativo. Non è prevista la possibilità di riscatto e, di norma, viene concordato un “periodo di carenza” iniziale durante il quale non opera la copertura assicurativa. Ne consegue che il periodo di copertura assicurativa è ben circoscritto nel tempo e, a scadenza, richiederà la sottoscrizione di una nuova polizza. La polizza di assicurazione “caso morte a vita intera”, invece, a fronte di premi relativamente più onerosi, prevede il pagamento di un capitale alla data di decesso dell’assicurato senza limiti temporali. Tale prodotto non ha una scadenza prefissata e, contrariamente all’assicurazione temporanea caso morte, non richiede una nuova sottoscrizione decorso il periodo stabilito nel contratto È prevista, e a quali condizioni, una deducibilità fiscale per la polizza key men? I premi assicurativi pagati dall’azienda sono deducibili, ai fini delle imposte dirette, dal reddito d’impresa in virtù del principio di inerenza. Infatti, i premi corrisposti devono essere considerati come costi inerenti all’attività dell’impresa, dato che sono sostenuti per tutelare sia il patrimonio sociale sia il proseguimento della stessa attività societaria, e, dunque, non si collocano al di fuori dell’attività d’impresa. In caso di morte dell’assicurato, il capitale liquidato viene tassato come sopravvenienza attiva in capo all’azienda beneficiaria nell’anno in cui avviene la liquidazione (la società ottiene, infatti, un componente positivo che concorre a formare il reddito d’impresa).
Ci sono altri aspetti da considerare?
L’assicurato deve effettivamente rappresentare una persona la cui sopravvivenza in vita assume un ruolo determinante per il proseguimento dell’attività aziendale, nel senso che la sua prematura scomparsa determinerebbe inevitabili conseguenze economiche negative per l’azienda, con conseguente contrazione del fatturato. Inoltre, nelle condizioni di assicurazione deve essere opportunamente previsto che la misura annua di rivalutazione non possa risultare negativa. In questo modo si evita la possibilità di attribuire una qualche connotazione finanziaria ai premi versati dalla società e alla contraente-beneficiaria viene comunque garantita l’integrale restituzione dei premi, i cui valori non possono mai essere inferiori a quelli versati. Qualora fosse assente detta garanzia, la polizza key men potrebbe presentare anche una componente finanziaria di investimento. In questo caso, questa parte del premio potrebbe essere indeducibile.
Quali sono le possibili criticità cui può andare incontro un’azienda interessata a stipulare detta polizza?
In sede di controllo fiscale, l’Agenzia potrebbe contestare l’inerenza all’attività d’impresa del componente negativo, sostenendo che il costo della polizza non sarebbe deducibile in quanto mancherebbe una diretta correlazione tra i premi assicurativi ed i ricavi conseguibili in futuro. Nel caso delle polizze key men, invero, risulta evidente che i premi presentano un nesso funzionale con l’attività d’impresa, giacché vengono corrisposti dall’azienda per tutelare il patrimonio sociale ed il proseguimento dell’attività d’impresa, che verrebbero altrimenti minacciati dalla prematura scomparsa del suo “uomo chiave”. L’Agenzia, ancora, potrebbe sostenere la parziale indeducibilità del premio in quanto sarebbe presente una componente finanziaria non riferibile alla copertura del c.d. “rischio demografico”. Anche questa contestazione si appalesa, tuttavia, infondata. Ciò che rileva, infatti, è la causa del contratto assicurativo che deve comunque comportare il trasferimento del rischio dal contraente-beneficiario alla compagnia di assicurazione.
In che modo la figura del consulente può dare supporto all’impresa?
Attraverso la stretta collaborazione tra il consulente dell’azienda e l’assicuratore, è possibile strutturare correttamente questo contratto assicurativo in modo da mettere al riparo l’azienda da eventuali contestazioni in termini di indeducibilità (totale o parziale) dei premi assicurativi pagati, nonché precostituire la documentazione utilizzabile ai fini difensivi in un eventuale contenzioso tributario con l’Agenzia delle Entrate.
Tratto dal Magazine di We Wealth di maggio