Chi troppo vuole, nulla stringe”. “Chi tira troppo la corda, poi la rompe”. Sono i proverbi popolari che stanno a capo della recente sentenza della Suprema Corte sul divorzio Berlusconi- Bartolini (nota come Signora Lario). Anche molti giornali ne hanno scritto alla fine del mese agostano, quando molti di noi tornavano dalle (o andavano in ) ferie.
Nella vicenda vi sono aspetti più generali (che non riguardano soltanto gli aspetti divorzistici e che comunque potrebbero essere approfonditi) propri delle imprese familiari, del patrimonio fami- liare e del nucleo familiare che governa in qualità di fondatore/ titolare tale organizzazione.
Infatti l’intreccio della vita familiare con la vita professionale dei rispettivi coniugi, la mescolanza dei ruoli genitoriali, la storia del loro vissuto sentimentale, le esperienze volute da ciascuno dei co- niugi e infine il garbuglio delle loro singole culture può determinare un impatto economicamente esplosivo sul futuro dell’armonia e della resistenza del vincolo matrimoniale. Così è stato nell’unione Berlusconi-Lario. Quali sono, dunque, tra le 40 criticità che CERIF in questi anni ha scoperto nella sua attività di ricerca dedicato alle famiglie imprenditoriali italiane, quelle che possono essere considerate le radici di questa triste vicenda familiare?
Ne abbiamo identificate nove, presenti in via diretta o indiretta anche nella sentenza della Cassazione. Tre appartengono alla classe denominata “”Rapporti Impresa Famiglia”, due alla categoria “Assetto Economico-Patrimoniale” e quattro fanno riferimento al “Livello Di Rischio”. Possono essere ben rappresentate a sistema come nella Figura seguente:
A leggere le 20 pagine della sentenza si rimane poi colpiti dal modo con il quale sono stati gestiti patrimoni così ingenti come quelli della signora Lario , e perché nò, anche dal linguaggio utilizzato che denota scarsa dimestichezza con la cultura finanziaria. Il patrimonio costituito dalla Lario per effetto delle somme ricevute da Berlusconi è stimabile – è scritto nella sentenza – in circa 300 milioni di euro interamente rappresentati da immobili con l’eccezione di 16 milioni di “liquidità amministrata”. Un simile sbilanciamento verso il mattone di un patrimonio così ampio (che trova un corrispettivo nella costituzione di un’immobiliare) contrasta con i precetti di diversificazione del rischio contenuti in tutti i manuali di finanza. Si potrebbe però benevolmente accettare l’opzione, non dichiarata dai legali della Lario, che tale sbilanciamento è in parte messo a reddito e quindi fonte di guadagni ricorrenti; ciò attenuerebbe il rischio di concentrazione nel real estate. I legali della Lario, a sostegno delle loro pretese, hanno poi fatto presente nel processo che la liquidità “si è notevolmente ridotta – è ancora scritto nel dispositivo della Suprema Corte – a causa delle perdite da ripianare della srl Il Poggio (la società immobiliare appunto, ndr) e dell’andamento della borsa”. In questo caso c’è un problema di lessico perché definire un investimento borsistico come facente parte della “liquidità”, temine più adatto a definire un contante o un conto corrente, risulterebbe un errore fatale in qualsiasi esame di economia o finanza.
L’ampia rassegna stampa che sull’argomento è stata prodotta da giornali, blog e siti oltre che la pubblica consultazione elettronica della sentenza della Cassazione, consentono poi di arricchire questo scritto con alcune considerazioni che da un lato riprendono le criticità individuate e dall’altro lato possono avere significato e valore generale nel mondo delle imprese familiari e dei collegati nuclei familiari che si dovessero trovare in situazioni analoghe (vere o presunte):
1. “Grazie agli interventi in corso di matrimonio dell’ex coniuge (Berlusconi), l’attuale condizione economico-patrimoniale di Lario, induce a ritenere interamente attuato il riconoscimento della funzione endofamiliare dalla stessa svolta, consentendole di affrontare la fase successiva allo scioglimento del vincolo in condizioni di assoluta agiatezza”;
2. “Non è in discussione che la ricorrente abbia svolto un ruolo prevalente se non esaustivo nella conduzione della vita fa- miliare, in particolare esplicata nella funzione educativa oltre che di cura ed assistenza dei figli, e che questo sia frutto della comune volontà dei coniugi di differenziazione dei ruoli”;
3. “L’oggettivo squilibrio tra le situazioni economiche di Berlusconi e Lario non discende dall’impostazione della vita coniugale e familiare , godendo il contro ricorrente di una condizione di enorme ricchezza personale acquisita ben prima del matrimonio con la ricorrente” e, quindi,” l’esclusione del diritto dell’assegno di divorzio è dovuto soprattutto al fatto, non contestato, della formazione dell’intero patrimonio della ricorrente da parte dell’ex coniuge”;
4. Pertanto “le varie acquisizioni economico patrimoniali pervenute alla ricorrente durante il matrimonio hanno compensato anche il sacrificio delle sue aspettative professionali, soprattutto alla luce della loro composizione, entità e attitudine all’accrescimento”;
5. Mentre da una parte Berlusconi ha ampiamente assolto ai propri obblighi di assistenza economica in favore della ex moglie già in corso di matrimonio, costituendo in suo favore un patrimonio mobiliare e immobiliare di cospicuo valore; stessa cosa non poteva dirsi per la Lario la quale non ha contribuito in misura alcuna alla fortuna dell’ex marito”. Per tali ragioni, la Cassazione ha ribadito anche che quanto ricevuto dalla Lario a titolo di assegno divorzile deve essere restituito;
6. Tutto quanto precede ha origine il 31 gennaio 2007 quando l’ex coniuge aveva scritto una lettera aperta a ‘Repubblica’ per chiedere al marito ‘pubbliche scuse’ per le parole galanti che lui aveva rivolto ad alcune donne alla cerimonia del premio televisivo dei ‘Telegatti’; due anni dopo arrivò la prima richiesta di separazione per colpa, primo atto di una lunga battaglia legale.
Quale è la morale pratica di tutto ciò? Che, forse, valgono ancora i “vecchi” valori di una volta e il buon senso sia femminile che, talvolta, maschile. Accontentarsi di ciò che si ha, “guardarsi spesso indietro” per apprezzare quanto si dispone, non alimentare l’avidità patrimoniale, essere coerente con gli impegni presi una volta sull’altare, costruire l’unione sul reciproco rispetto e la reciproca stima, non considerare la generosità come merce di scambio per fare “i fatti propri”. Ma forse questi valori sono caduti di moda…..e altri, assai meno nobili, hanno fagocitato i buoni sentimenti che stavano alla base di unioni ultra trentennali.