La pandemia è stato un game changer, anche per la consulenza finanziaria: dalla sostenibilità ai mercati privati, passando per la longevity sono diversi i “nuovi” temi che l’ultimo biennio ha reso chiaro essere fondamentali per le scelte di portafoglio. Di fronte al mondo che cambia – e cambia sempre più velocemente – i consulenti non si possono fare trovare impreparati. Quali sono le nuove coordinate della consulenza finanziaria? We Wealth ne ha parlato con Antonella Massari, segretario generale di Aipb.
Nell’ultimo biennio come è cambiato il modo di fare consulenza?
La pandemia ha impattato profondamente sul modo di fare consulenza finanziaria e ha cambiato anche le priorità dei clienti. Se prima la maggiore fonte di soddisfazione erano la competenza e la figura del banker a pari merito, ora la facilità di accesso agli strumenti digitali è la variabile critica su cui viene valutato il servizio. Risultato: nel giro di pochissimo tempo si è cominciato ad utilizzare modalità ibride, con aggiornamenti sullo scenario di mercato più frequenti e incontri – eccetto quelli più importanti – in modalità digitale. A detta dei consulenti, soft skill e formazione continua sono poi gli altri due aspetti chiave per una consulenza efficace. A fronte di una gestione di portafoglio che sta diventando sempre più facile da automatizzare, aspetti come la gestione dell’ansia, l’empatia verso il cliente, l’interpretazione dello scenario sono fattori che fanno la differenza e che non possono essere demandati a una macchina. Dall’altra parte in un mondo complesso come quello odierno ai consulenti è richiesto un apprendimento continuo e multidisciplinare. Era da anni, per esempio, che non si parlava di tassi, mentre la geopolitica era confinata alle elezioni americane.
Quali sono i temi entrati in portafoglio?
Sicuramente il tema della sostenibilità è diventato centrale. Recentemente Aipb ha condotto uno studio con Oliver Wyman con l’obiettivo di analizzare tutti i processi necessari per fare della sostenibilità il motore delle scelte di portafoglio. Una piena integrazione dei criteri esg richiede investimenti elevati e molto tempo, anche se dal punto di vista della strategia tutti gli operatori si sono appropriati di queste tematiche: chi per opportunità, chi perché lo richiede il cliente e alcuni le hanno integrate in modo strutturale nel proprio business. Quello che invece è più complicato sono la gestione e la selezione. Da una parte va capito quanto i sistemi di rating aiutino realmente a selezionare le realtà più sostenibili; dall’altra, complice lo scenario attuale, la sostenibilità è un concetto che andrà ridefinito. Con la guerra molti temi sono diventati infatti controversi: dalla dipendenza energetica all’utilizzo delle armi, passando dalla governance degli Stati. La finanza deve aiutare a indirizzare i capitali privati verso ciò che è meglio.
Con le borse in correzione, quale asset class può assolvere in parte il ruolo dell’equity?
Complice il rally post-Covid, la quota di azionario presente nei portafogli – sia a livello di titoli che difondi – è aumentata molto, rallentando di fatto il passaggio verso prodotti illiquidi meno tradizionali. Tuttavia, tassi bassi e volatilità hanno riportato l’attenzione sull’importanza del medio lungo periodo e sugli strumenti per investire nei mercati privati, come gli Eltif, i Fia chiusi e i Pir alternativi. L’Italia in questo senso si è mossa in anticipo ed è oggi il paese europeo che ha emesso più Eltif. Ora, con l’inflazione a livelli che non si vedevano da 40 anni, la stabilità va cercata proprio nei mercati privati, che offrono rendimenti potenzialmente interessanti e possono aiutare a proteggere il valore dei portafogli degli investitori nel tempo. Ad ogni modo riteniamo che gli strumenti illiquidi non siano adatti a tutti. La maggiore rischiosità e, di conseguenza, le soglie di accesso più alte li rendono strumenti adeguati solo alla clientela più benestante, con patrimoni che possono sopportare perdite più significative.
Il tema della longevity è integrato nell’offerta dei consulenti?
È un tema ancora non del tutto integrato, ma di cui certamente si è iniziato a parlare. Man mano che la vita si allunga, sempre più persone devono fare i conti con la “quarta età”, rischiando talvolta di compiere scelte finanziarie e di portafoglio non adeguate. A fronte di questo contesto, è molto importante che ci sia una maggiore collaborazione tra il wealth management e l’insurance, soprattutto nel ramo protezione. Se da un lato la parte finanziaria può diventare meno complessa, in quanto una volta definito l’obiettivo le scelte di portafoglio possono essere agevolate dall’utilizzo di strumenti tecnologici, dall’altra l’integrazione tra protezione e finanza pura è un esercizio che richiede un’attenta valutazione. In questo senso, il private può avere un ruolo importante, in quanto i grandi patrimoni si prestano maggiormente a perseguire una pluralità di obiettivi. Per quanto riguarda, per esempio, la gestione dei rischi, bisogna cambiare mentalità: la liquidità dovrebbe essere investita sui mercati per migliorare le performance di portafoglio, anziché per far fronte alle emergenze, come la perdita del lavoro e la salute, il cui rischio dovrebbe essere ceduto invece alle assicurazioni.