Rientro di capitali all’estero: solo un’ipotesi o prospettiva concreta?
Si tratta di un’autodenuncia con cui il contribuente regolarizza la sua posizione
Rientro di capitali all’estero: solo un’ipotesi o prospettiva concreta?
Si fa un gran parlare negli ultimi giorni della possibilità di andare incontro ad una voluntary disclosure, tesa a incentivare il rientro di capitali dall’estero e regolarizzare la posizione fiscale di numerosi contribuenti.
Il periodo di riferimento, a quanto emerge, dovrebbe essere quello che ricade tra il 2016 e il 2021: a cavallo di questo lasso temporale potrebbe essere possibile regolarizzare i capitali detenuti all’estero in violazione delle disposizioni tributarie.
Questa misura, che ciclicamente ricompare nell’ambio del dibattito pubblico italiano – si pensi alla voluntary disclosure del 2015 che portò ad emersione 60 miliardi di capitali –, è strettamente collegata alla prospettiva di estendere la flat tax, di alleggerire la pressione fiscale e di rottamare numerose cartelle pendenti.
Queste misure, infatti, in modo diretto o indiretto, intendono favorire, almeno sulla carta, l’emersione di sommerso, anche, tra le altre cose, per incamerare più gettito e gestire il caro energia.
In questi termini con lo scudo fiscale, ove introdotto, si potrebbe dare la possibilità a coloro che hanno trasferito capitali all’estero di regolarizzarsi, attraverso un’autodenuncia, e beneficiare di una riduzione delle imposte; tuttavia, questo condono non coinvolgerebbe i contribuenti che invece hanno commesso reati sottraendo ricchezza al fisco italiano.
Si tratta, invero, al momento solo di un’ipotesi.
Scudo fiscale: cos’è?
Lo scudo fiscale è un provvedimento introdotto dal governo al fine di recuperare l’ammanco di gettito fiscale determinato dal trasferimento di capitali all’estero, spesso in giurisdizioni a fiscalità privilegiata.
In linea generale, questa misura viene introdotta quando risulta particolarmente necessario trovare risorse per risanare le casse dello Stato. Si tratta di un’autodenuncia con cui il contribuente regolarizza la sua posizione mentre lo Stato recupera una parte di gettito evaso negli anni precedenti, e dall’altro il contribuente evasore può regolarizzare la propria posizione.
Ai contribuenti che hanno trasferito ricchezza all’estero per sottrarla a tassazione in Italia o ridurre l’imposizione, questa misura consente di annullare le violazioni di natura tributaria e le relative sanzioni amministrative, attraverso il pagamento di un’imposta.
Il fatto di aver “rimpatriato” il capitale non può essere utilizzato contro il contribuente in sede giudiziaria o amministrativa. Inoltre il dichiarante può contare su un elevato grado di segretezza riguardo ai dati e alle notizie comunicati agli intermediari incaricati del rimpatrio/regolarizzazione, in quanto è espressamente preclusa la possibilità per l’amministrazione finanziaria di venirne a conoscenza.