Non integra, relativamente al comparto delle imposte dirette, gli estremi per l’applicazione della disciplina di abuso del diritto ex art. 10-bis della l. 212/2000, l’operazione di riorganizzazione aziendale composta dalle seguenti fasi:
- acquisizione dalla comunione ereditaria dell’1% delle azioni di una società da parte del socio persona fisica già in possesso del 50% del capitale sociale, al fine di raggiungere il controllo di diritto ex art. 2359 comma 1, n. 1, c.c. L’Istante ha precisato che, a seguito del decesso del socio, il 50% della società è detenuto in comunione tra i suoi eredi e costoro hanno una visione differente dall’Istante, con la possibilità che la società possa trovarsi in una situazione di stallo;
- conferimento, da parte del socio persona fisica, del 51% delle azioni possedute nella società in una holding di nuova costituzione interamente di titolarità dello stesso socio, beneficiando del regime di cui all’articolo 177, comma 2 del Tuir, cd. “realizzo controllato”;
- eventuale successivo trasferimento del controllo della holding alla figlia, attraverso lo strumento del patto di famiglia ex art. 768–bis c.c., realizzando il passaggio generazionale.
Questo è quanto emerge dalla risposta ad Interpello n. 374/2022 del 13 luglio.
L’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che l’operazione, sopra riepilogata nelle sue fasi salienti, non integri i presupposti abusivi ex art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, in quanto rappresenta una complessa riorganizzazione societaria diretta a perseguire “una più efficiente governance dell’azienda di famiglia, seppur indirettamente, mediante una holding unipersonale, appositamente costituita dall’Istante, attraverso il conferimento della quota di maggioranza detenuta nella azienda stessa, che costituisce valida ragione economica che giustifica il vantaggio fiscale derivante dall’applicazione dell’articolo 177, comma 2 in luogo dell’articolo 9 del Tuir”. Inoltre, richiamando la Circolare n. 33/E del 17 giugno 2010, ha ribadito che il regime a realizzo controllato non configura un regime di neutralità fiscale, bensì un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute con il conferimento.
Infine, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che per poter considerare un’operazione quale fattispecie abusiva è necessario che si verifichino tre presupposti:
- il realizzo di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici”, anche non immediati, in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi tributari;
- l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione, poiché costituita da atti o fatti incapaci di produrre effetti significativi, ad eccezione di vantaggi fiscali;
- l’essenzialità del conseguimento del “vantaggio fiscale”.
Qualora l’Amministrazione Finanziaria riesca ad individuare la sussistenza di tali presupposti, la fattispecie abusiva non viene riconosciuta nel caso in cui vi siano valide ragioni extrafiscali, non marginali, sottostanti le operazioni poste in essere, che – a titolo esemplificativo e non esaustivo – possono essere anche miglioramenti di tipo funzionale o strutturale all’interno dell’attività imprenditoriale.