La family governance nella pianificazione patrimoniale

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Molto frequentemente, la pianificazione patrimoniale parte dagli strumenti più efficienti sotto il profilo giuridico e fiscale. La componente della family governance è spesso ignorata, quando invece può offrire soluzioni che permettono di salvaguardare il patrimonio e l’azienda di famiglia nel lungo periodo

È molto comune osservare nei clienti la ricerca dello strumento di pianificazione patrimoniale e successoria più efficiente sotto il profilo fiscale e giuridico. Spesso i professionisti propongono ai clienti le soluzioni più immediate, ma che non tengono in giusta considerazione la complessità della family governance di un patrimonio e soprattutto di un’azienda familiare.
Difatti, alcuni strumenti molto diffusi nel wealth management, come le polizze vita (sia unit linked che ramo I), presentano indubbi vantaggi fiscali e di segregazione patrimoniale. Tuttavia, impediscono la creazione di una governance a livello familiare, se non inseriti in un contesto più ampio di pianificazione patrimoniale.

La family governance è un processo complicato che prevede un coinvolgimento attivo di tutti i membri della famiglia, anche di coloro che sono parenti acquisiti, cosiddetti in-law. o che non hanno un ruolo all’interno dell’azienda di famiglia o non si vogliono occupare della gestione finanziaria del patrimonio di famiglia.
In passato, si faceva affidamento sulla regola del passaggio dell’intero patrimonio al primogenito, che ha permesso ad aziende familiari di proliferare nel lungo periodo, come quella vinicola della famiglia Antinori arrivata alla ventiseiesima generazione. Tale regola, sebbene efficiente sotto il profilo della continuità della proprietà, è stato uno dei fattori alla base della concentrazione della ricchezza che ha alimentato le disuguaglianze sociali in Europa dal medioevo fino agli inizi del Novecento secondo gli studi di Thomas Piketty. Per certi versi, questo stesso schema si vede ancora oggi riproposto con i patti di famiglia (art. 768-bis e ss. c.c.), che tendono a favorire il passaggio del controllo dell’azienda a una persona sola a scapito degli altri eredi, che devono essere liquidati dal ‘prescelto’ o dal disponente. Ad esempio, la famiglia Camus, uno dei maggiori produttori di cognac al mondo, sin dalla fondazione nel 1863 per cinque generazioni ha mantenuto la regola per cui il figlio prescelto doveva liquidare i fratelli in modo da mantenere l’unicità della proprietà.
Sebbene nel corso dei secoli la regola della sole ownership, si sia dimostrata efficace, l’attuale ordinamento offre gli strumenti giuridici per una pianificazione successoria più articolata, che tenga conto anche della family governance e soprattutto permetta il coinvolgimento di tutti i membri della famiglia.

Sotto questo profilo, per ragioni storiche, gli anglosassoni sono da sempre molto attenti al tema della pianificazione successoria. Infatti, in Stati come gli Usa e il Regno Unito, le imposte di successione sono molto più elevate (fino al 40%) che in Italia e non esistono quote di eredità legittima. Di conseguenza, la sensibilità sulla pianificazione successoria è molto maggiore e il testamento o il trust sono strumenti molto diffusi. Infatti, è abbastanza frequente vedere trust a capo di imprese familiari in tali Stati.

In un recente incontro tenutosi presso gli uffici di Alvarium con il patrocinio di Elite Network, Rob Lachenauer ha illustrato il metodo delle quattro stanze descritto nel suo libro “Family business handbook”, edito dalla Harvard business review. In sostanza, la governance dell’impresa familiare cambia a secondo del numero di familiari e della circostanza che questi siano coinvolti o meno nella gestione dell’impresa di famiglia. Quando la famiglia diviene numerosa, segnatamente dalla terza generazione in avanti, il decision making process diviene sempre più complesso a causa degli interessi spesso contrapposti dei vari membri della famiglia.

Questi ultimi possono essere sintetizzati sotto tre direttrici:
i) crescita, ovvero massimizzare il valore finanziario dell’azienda;
ii) liquidità, ovvero massimizzare il flusso di cassa da utilizzare per finalità esterne a quelle aziendali;
iii) controllo, ovvero mantenere il potere decisionale all’interno del nucleo familiare evitando di ricorre a capitali di terzi o al debito.

In linea di principio, i proprietari che sono coinvolti nella gestione dell’azienda danno priorità alla crescita a lungo termine dell’impresa. Coloro che invece non sono coinvolti in azienda tendono a privilegiare la liquidità, posto che considerano l’impresa di famiglia alla stregua di un qualunque altro investimento, dal quale si aspettano un determinato rendimento (il dividendo) ogni anno.
Per conciliare le esigenze dei membri della famiglia, nella pratica si assiste al perseguimento contemporaneamente di due dei tre obiettivi. Solitamente le imprese familiari, in cui i membri della famiglia sono coinvolti direttamente, prediligono il controllo e la crescita a discapito della liquidità.
Allo scopo di conciliare gli interessi contrapposti, Lachenauer ha illustrato il metodo delle quattro stanze, che sono:
i) la  owner room, dove siedono i proprietari, che fissano gli obiettivi dell’azienda ed eleggono i membri del consiglio di amministrazione;
ii) la family room, dove siedono i membri della famiglia, che mantiene il legame emotivo fra la famiglia e l’azienda, l’unità della famiglia e prepara il passaggio generazionale;
iii) la board room, dove siede il top management, che supervisiona il business e assume o licenzia il ceo.
iv) la management room, dove siedono i manager dell’azienda, che sono preposti a identificare e implementare le strategie.

Di fatto, ogni stanza è composta da un board in cui siedono differenti persone ed è preposta a prendere decisioni in ambiti differenti. Alcune persone possono sedere in più di una stanza.
Il metodo di funzionamento è simile per ogni stanza ed è volto al raggiungimento del consenso dei partecipanti nelle decisioni, salvo che nella management room.
Il metodo delle quattro stanze, sebbene pensato per le famiglie imprenditoriali, può essere adattato anche alle famiglie con un importante patrimonio finanziario, magari proprio a seguito della cessione dell’impresa.

In Italia la forma di family governance più diffusa è quella del consiglio di famiglia, che racchiude le funzioni della family room e della owners room. Si basa sul patto di famiglia, ovvero l’accordo vincolante più sotto il profilo morale che giuridico fra i membri della famiglia sulla gestione del patrimonio. Il patto di famiglia alla base del consiglio di famiglia, definito a volte anche convenzione familiare, non va confuso con l’istituto giuridico del patto di famiglia accennato sopra.
Sotto questo profilo, è interessante notare che da un recente studio del Politecnico di Milano e del Center for family business management dell’Università di Bolzano (La trasformazione del family office, 2021) risulta che il 28,5% delle famiglie con un single family office si è dotata di un consiglio di famiglia, che nei due terzi dei casi intrattiene relazioni formali con il family office, mentre un terzo non ha interrelazioni.

Per contro, il 71,5% delle famiglie a cui il single family office fa riferimento non si è dotata di un consiglio di famiglia o di altro organo di family governance esterno al family office stesso. Spesso difatti il family office stesso funge da luogo deputato alla family governance.
Da quanto sopra, risulta evidente che la forma giuridica più efficace in funzione della family governance in Italia è quella della società per azioni. Infatti, l’ordinamento permette di creare azioni con diritti patrimoniali e amministrativi rafforzati, trasporre le decisioni del consiglio di famiglia nei patti parasociali, scindere l’usufrutto dalla nuda proprietà, ecc.
Dal 2017, le differenze fra Spa e Srl si è ulteriormente assottigliata grazie alla possibilità di differenziare i diritti patrimoniali e amministrativi, che è stata estesa anche alle pmi costituite sotto forma di società a responsabilità limitata (art. 57, Dl n. 50/2017).
Il trust, invece, sebbene sia uno strumento molto versatile per gestire la family governance (difatti è molto diffuso nei Paesi anglosassoni a tal fine), in Italia è poco diffuso perché presenta risvolti delicati sotto il profilo fiscale.

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