Crowfunding: profili fiscali della raccolta di capitali diffusa

Il crowdfunding mira a facilitare il finanziamento di un progetto raccogliendo capitali da un gran numero di persone
Il crowdfunding può contribuire a fornire alle Pmi un accesso alternativo ai finanziamenti
Il crowdfunding, come noto, può contribuire a fornire alle Pmi l’accesso ai finanziamenti attraverso piattaforme online. Esso, definito dalla Banca d’Italia come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on line, fondi per uso personale o per finanziare un progetto”, è una macro-categoria di modelli di finanziamento che consente, mediante la partecipazione di più soggetti, di sviluppare un certo tipo di prodotto, promuovere un progetto o raccogliere i fondi per sostenere una causa.
In effetti, iniziative di raccolta diffusa di capitali possono essere avviate per svariate ragioni: imprenditoriali, umanitarie, sociali, politiche.

Il crowfunding oltre a costituire una fonte alternativa di finanziamento, compreso come capitale di rischio, è in grado di offrire svariati altri vantaggi. Consente di minimizzare i rischi di impresa, può rappresentare una validazione per un’idea imprenditoriale, permettere agli imprenditori di entrare in contatto con un gran numero di persone ed essere uno strumento di marketing.
La prestazione di servizi di crowdfunding coinvolge generalmente tre tipi di attori: il titolare del progetto da finanziare, gli investitori e l’organizzazione di intermediazione nella forma di un fornitore di servizi di crowdfunding che fa incontrare i titolari di progetti e gli investitori su una piattaforma online.
E invero, l’impiego di questo strumento di finanza alternativa, sempre più diffuso da parte delle start-up e delle piccole e medie imprese – grazie anche alle nuove tecnologie che consentono di raggiungere facilmente un numero imprecisato di soggetti – ha anche delle ricadute fiscali, sulle quali è opportuno soffermare l’attenzione.
Le operazioni di crowfunding si sviluppano attraverso l’intermediazione di una piattaforma digitale specializzata, all’interno della quale il promotore indica (solitamente) una somma che vorrebbe raggiungere per realizzare il progetto. Questa logica di funzionamento è rintracciabile nei diversi modelli di finanziamento; a cambiare però è la disciplina Iva a seconda, ad esempio, che il gestore del portale si occupi direttamente dei pagamenti o dei trasferimenti di denaro, svolgendo altresì attività di intermediazione finanziaria.
Nel “donation crowdfunding”, le persone devolvono altruisticamente – per cause solitamente sociali o umanitarie – il proprio denaro senza aspettarsi alcuna ricompensa o riconoscimento monetario. In questa fattispecie, trattandosi di donazione, non vi sarà applicazione dell’Iva a carico dei gestori dei portali per la raccolta fondi.
Il “reward crowdfunding” consiste in uno strumento che consente all’impresa, solitamente una start-up innovativa, di presentare sul mercato un prodotto prima di avviarne la sua produzione ufficiale. In questo modo, le imprese si assicurano in anticipo flusso di cassa e un certo numero di consumatori già potenzialmente interessati; i quali, delle volte, possono essere ricompensati con azioni o quote della società stessa. A certe condizioni, questo genere di crowfunding potrebbe configurarsi come una prevendita di un oggetto o di un servizio, e quindi potrebbe essere applicata l’Iva.
Nel modello “equity crowfunding” non vi è applicazione Iva, in quanto gli investitori acquistano azioni o quote e l’emissione di partecipazioni societarie è un’operazione esente Iva.
Nel “royalty crowfunding” vengono riconosciute ai sostenitori delle royalties, ossia delle quote dei profitti che il progetto finanziato pagherà in futuro come contropartita della partecipazione finanziaria al progetto. In questa circostanza la transazione è soggetta all’applicazione dell’Iva.
Il “social lending” consiste in una forma di finanziamento alternativa al credito bancario, in cui al posto dell’ente, i finanziatori sono i soggetti che decidono di aderire al progetto. La concessione di un finanziamento tramite questo modello prevede il pagamento di un tasso di interesse e la restituzione della somma avuta in prestito. A certe condizioni è prevista l’esenzione dall’applicazione dell’Iva.
Per quanto riguarda la tassazione, in caso di raccolta di capitale tramite crowdfunding gli investimenti effettuati attraverso portali online seguiranno la stessa disciplina fiscale prevista per gli investimenti effettuati attraverso i canali tradizionali.
Pertanto, gli utili verranno assoggettati ad una ritenuta alla fonte del 26%. In questo senso, nel social lending crowdfunding si applicherà un’aliquota al 26% sugli interessi percepiti da chi presta denaro attraverso piattaforme digitali. Inoltre, le piattaforme fintech in questione devono essere gestite da società autorizzate da Banca d’Italia in quanto finanziarie ex art. 106 TUB e/o da istituti di pagamento. Per quel che concerne i redditi derivanti da royalty crowdfunding, la royalty dovrà qualificarsi come reddito di capitale da assoggettare, se corrisposto a persone fisiche residenti, alla ritenuta del 26%.