Analizzare il ruolo della donna nella continuità dell’impresa familiare implica tenere in considerazione una serie di variabili aggiuntive
il 63% degli eredi che prendono in mano le redini dell’azienda di famiglia sono uomini, con un’età media compresa tra i 41 e i 55 anni
Fattori di tipo culturale, locale e familiare possono essere determinanti nell’ostacolare o, al contrario, favorire la successione al femminile
Per dare alcuni numeri, Cerif ha evidenziato che il 63% degli eredi che prendono in mano le redini dell’azienda sono uomini, con un’età media compresa tra i 41 e i 55 anni (dati 2018-2019). Inoltre, una ricerca realizzata nel 2016 dal Centro di Ricerca sul tessuto produttivo di Monza e Brianza ha indagato sul passaggio generazionale in rosa, rilevando su un campione di 52 imprese familiari il coinvolgimento di un’erede donna in circa il 29% dei casi. “Sono pochi i casi in cui le donne non sono state coinvolte nella gestione dell’azienda o in parti di essa. Nel 61,54% di tutte le successioni analizzate, all’interno della famiglia era presente un esponente femminile da poter inserire e al quale poter lasciare le chiavi dell’azienda. In quasi la metà dei casi ciò è avvenuto” evidenzia lo studio. Sono segnali incoraggianti, indice di un importante cambiamento in atto in un Paese che presenta ancora forti carenze sul fronte dell’imprenditoria al femminile.
Se in passato il genere rappresentava una variabile fortemente discriminante nell’ottica del passaggio generazionale “rispetto a qualche anno fa la cultura maschilista si sta via via stemperando” spiega a We Wealth Claudio Devecchi, ordinario di strategia e politica aziendale presso l’Università Cattolica di Milano, evidenziando che, a livello settoriale, le aziende operanti i settori tipicamente considerati “maschili”, caratterizzati da un impegno e una formula imprenditoriale molto impegnativi, sono sempre più guidati da donne. “Pensiamo al settore siderurgico e metalmeccanico, al settore fortemente tecnologico e a quello navale”. Tuttavia, precisa il professore, “rimangono dei capisaldi di formazione intellettuale pro genere maschile che dipendono dalla territorialità, dall’età del senior, dai valori mentali e usi locali della famiglia”. Ad esempio, in diverse zone di provincia, la cultura tende ad essere meno “allineata” al tema della parità di genere rispetto alle aree metropolitane. In queste zone, osserva Devecchi, è ancora radicata la tendenza di passare al figlio l’azienda mentre alla figlia altri asset (es. immobili, titoli), a discapito di una concreta valutazione delle competenze, capacità e attitudini dei potenziali eredi. Inoltre, quando si tratta di decidere chi prenderà le redini dell’azienda, in presenza di una figura senior maschile, il passaggio generazionale in rosa può subire delle complicazioni e “non è così dirimente in termini della ripartizione dei ruoli in quanto le donne tendono ad essere più accondiscendenti rispetto all’autorità paterna”.
Diverso è il discorso se si guarda alle aziende con una leadership femminile, dove, a detta di Devecchi, il passaggio generazionale è spesso più “meritocratico”. In particolare, quando a dover passare il testimone è una donna, sono due le dimensioni che orientano la scelta. La prima riguarda le caratteristiche personali: nel potenziale erede la donna cerca pazienza, relazionabilità (nel senso di savoir faire), razionalità, determinazione, realismo e concretezza. La seconda riguarda il modello gestionale: visione di medio/lungo termine, costruzione della squadra, attenzione anche ai particolari, fedeltà agli obiettivi e coerenza lungo la strada tracciata sono alcuni degli aspetti chiave ricercati nella persona che dovrà prendere in mano l’azienda. A questi aspetti, aggiunge il professore, si affianca “un’empatia valoriale” tra donne.
Analizzando alcuni casi di passaggio generazionale in rosa forniti da Cerif, We Wealth ha riscontrato alcuni fattori aggiuntivi che permettono di affrontare questa fase con successo. Innanzitutto, essere imprenditori non è per tutti. Diventa quindi fondamentale per chi deve passare il testimone, non solo prendere una decisione basata sulle attitudini personali e caratteriali dell’erede, ma anche lasciare massima libertà di scelta a quest’ultimo. Una scelta sbagliata potrebbe ripercuotersi sia sui rapporti familiari che sul futuro dell’azienda. Inoltre, è importante che l’erede sia accompagnato e seguito nel suo percorso professionale all’interno dell’azienda, fino a quando non sarà in grado di muoversi autonomamente. E che sviluppi una visione di insieme della realtà in cui è inserito, senza specializzarsi troppo in una determinata area. Infine, non deve essere solo il titolare a “pensare in rosa” ma anche l’ambiente sociale circostante, dai clienti, ai fornitori, ai dipendenti dell’azienda. “Esaminando i risultati successivi al passaggio generazionale in rosa si registrano una serie di indicatori aziendali positivi: da una migliore performance economico-finanziaria di queste imprese fino ad arrivare ad aspetti reputazionali più soddisfacenti” conclude Devecchi, ribadendo quanto sia importante che le imprese non si tirino indietro e sviluppino una maggiore consapevolezza su questo tema, eliminando, a parità di competenze, i pregiudizi a favore di un erede maschio.
Articolo tratto dal magazine We Wealth di marzo 2021