In pratica, al verificarsi di uno dei precedenti eventi, si attiva automaticamente la clausola protettiva, con conseguente impossibilità per i creditori di aggredire la posizione beneficiaria “protetta” o con inefficacia degli atti dispositivi posti in essere su quest’ultima da parte del beneficiario. In conseguenza di ciò, inoltre, il trust (sorto “fisso”) si trasforma in discrezionale e, pertanto, il trustee potrà decidere l’an, il quantum e il quando delle distribuzioni da effettuarsi al beneficiario, alla luce dei rischi di eventuali esecuzioni forzate sul patrimonio di quest’ultimo, ovvero di atti di disposizione patrimoniale preordinati dallo stesso beneficiario. Il trustee, dunque, in ultima analisi, potrebbe anche decidere di effettuare, volta per volta, erogazioni in favore del beneficiario solo ed esclusivamente nei limiti di quanto strettamente necessario.
Le clausole “protective” e “spendthrift”, ovviamente, hanno per oggetto il diritto di credito del beneficiario nei confronti del trustee a ottenere le erogazioni dal fondo in trust, e non le somme di denaro o i beni già trasferiti dal trustee al beneficiario: questi ultimi, infatti, una volta entrati nel patrimonio del beneficiario, saranno liberamente pignorabili, sequestrabili o alienabili dal medesimo.
Inoltre, tali clausole, sono generalmente inefficaci in ipotesi di trust auto-destinati, ovverosia di trust in cui il disponente sia anche beneficiario.
La questione dell’ammissibilità di tali clausole nei trust interni, alla luce dei principi inderogabili e delle norme imperative dell’ordinamento giuridico italiano, deve essere affrontata separatamente per le clausole protettive volte a bloccare atti di disposizione sulla posizione beneficiaria da parte del beneficiario stesso, da un lato, e per le clausole finalizzate invece a impedire azioni esecutive sulla posizione beneficiaria a opera dei creditori personali del beneficiario, dall’altro lato.
Quanto alle seconde, invece, esse si ritengono comunemente inammissibili alla luce dell’art. 2740 comma 2 del codice civile; tale disposizione, infatti, prevede il principio generale di responsabilità patrimoniale del debitore e ne ammette una limitazione esclusivamente nei casi stabiliti dalla legge. Pertanto, l’unica clausola “protective” o “spendthrift” di questo tipo che potrebbe essere ritenuta valida è quella che – in ragione dell’art. 545 comma 1 del codice di procedura civile, ai sensi del quale non possono essere pignorati crediti di natura alimentare o assistenziale – sancisca il divieto di azioni esecutive su una posizione beneficiaria nei limiti dei bisogni alimentari o assistenziali del beneficiario.