L'addizionale per bonus e stock option a non residenti

26.6.2019
Tempo di lettura: 3'
Fermo restando che la questione è opinabile e meriterebbe un esplicito chiarimento ufficiale, l'applicazione dell'addizionale ai non residenti sembra essere la scelta più opportuna e prudente. Ecco il perché
La penalizzazione fiscale su manager del settore finanziario
I dubbi sui manager non residenti
Gli argomenti a favore e contro la ritenuta sui non residenti
Approccio prudenziale e necessità di chiarimenti ufficiali
L'art. 33 del Dl 78/2010 prevede per i dirigenti del settore finanziario l'applicazione di un'addizionale Irpef del 10% su bonus e stock option, trattenuta al momento dell'erogazione. Si tratta di una penalizzazione introdotta dal legislatore con finalità afflittiva nei confronti del comparto finanziario ritenuto responsabile della crisi economica globale del 2008.
A 10 anni dall'introduzione vi sono ancora aspetti applicativi irrisolti, specie riguardo a fattispecie che presentano profili transnazionali. Ad esempio, le banche e gli altri operatori finanziari chiamati ad applicare il prelievo come sostituti d'imposta, nell'ipotesi non infrequente in cui riconoscano emolumenti variabili a manager non residenti in Italia, si trovano in una situazione di incertezza in relazione ai propri adempimenti.
Sul piano letterale, il prelievo aggiuntivo si applica a dipendenti e amministratori che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario, senza operare alcuna distinzione circa la residenza del percettore.
Tuttavia, la relazione illustrativa al Dl 78 potrebbe portare a qualificare il prelievo in commento alla stregua delle “altre” addizionali all'Irpef, che non sono dovute dal non residente che non è soggetto ad Irpef in Italia: se il manager percepisse dall'Italia solo la remunerazione per l'ufficio di amministratore, non soggetta a Irpef ma a ritenuta a titolo d'imposta del 30%, si potrebbe quindi sostenere l'inapplicabilità dell'addizionale. Peraltro militerebbe a favore della non applicabilità dell'addizionale nei confronti dei non residenti anche il principio secondo cui le ritenute a titolo d'imposta sono assimilabili alle imposte sostitutive giacché, come quelle, esauriscono il prelievo tributario dovuto su una determinata fattispecie reddituale. In quest'ottica, oltre alla ritenuta del 30% non sarebbe dovuto alcun altro tributo sui redditi di lavoro percepiti da non residenti.
Occorre in ogni caso considerare la funzione punitiva dell'addizionale che secondo la circolare 4/E del 2011 è “tesa ad assoggettare al prelievo aggiuntivo un particolare settore di attività ritenuto responsabile della recente crisi economico-finanziaria”. Peraltro, secondo la circolare l'imposizione in oggetto, benché definita “addizionale”, è svincolata dall'Irpef e, aderendo a questa tesi, il prelievo del 10% si aggiungerebbe alla ritenuta del 30% senza esserne assorbito.
Pur in assenza di esplicite indicazioni, appare quindi prudente desumere dall'indeterminata espressione del legislatore l'applicazione della tassazione in discorso anche ai non residenti.
D'altro canto, si è posto il dubbio circa l'applicabilità dell'addizionale a chi si trasferisca all'estero prima di ricevere un bonus maturato durante la permanenza in Italia (Assonime) a dimostrazione che la questione sia comunque tutt'altro che scontata. Indicazioni non univoche si ricavano anche dai trattati contro la doppia imposizione, nel cui ambito l'addizionale potrebbe qualificarsi come tributo straordinario; invero, da tale considerazione si potrebbe evincere tanto che lo Stato della fonte (l'Italia) non goda di alcuna riserva di tassazione quanto che la potestà impositiva di tale Paese non incorra in alcuna limitazione secondo il diritto convenzionale.
In conclusione, la ratio della disciplina e alcuni passaggi della prassi inducono a ritenere che l'applicazione dell'addizionale ai non residenti sia la scelta più opportuna e prudente, fermo restando che la questione è comunque opinabile e meriterebbe un esplicito chiarimento ufficiale.
A 10 anni dall'introduzione vi sono ancora aspetti applicativi irrisolti, specie riguardo a fattispecie che presentano profili transnazionali. Ad esempio, le banche e gli altri operatori finanziari chiamati ad applicare il prelievo come sostituti d'imposta, nell'ipotesi non infrequente in cui riconoscano emolumenti variabili a manager non residenti in Italia, si trovano in una situazione di incertezza in relazione ai propri adempimenti.
Sul piano letterale, il prelievo aggiuntivo si applica a dipendenti e amministratori che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario, senza operare alcuna distinzione circa la residenza del percettore.
Tuttavia, la relazione illustrativa al Dl 78 potrebbe portare a qualificare il prelievo in commento alla stregua delle “altre” addizionali all'Irpef, che non sono dovute dal non residente che non è soggetto ad Irpef in Italia: se il manager percepisse dall'Italia solo la remunerazione per l'ufficio di amministratore, non soggetta a Irpef ma a ritenuta a titolo d'imposta del 30%, si potrebbe quindi sostenere l'inapplicabilità dell'addizionale. Peraltro militerebbe a favore della non applicabilità dell'addizionale nei confronti dei non residenti anche il principio secondo cui le ritenute a titolo d'imposta sono assimilabili alle imposte sostitutive giacché, come quelle, esauriscono il prelievo tributario dovuto su una determinata fattispecie reddituale. In quest'ottica, oltre alla ritenuta del 30% non sarebbe dovuto alcun altro tributo sui redditi di lavoro percepiti da non residenti.
Occorre in ogni caso considerare la funzione punitiva dell'addizionale che secondo la circolare 4/E del 2011 è “tesa ad assoggettare al prelievo aggiuntivo un particolare settore di attività ritenuto responsabile della recente crisi economico-finanziaria”. Peraltro, secondo la circolare l'imposizione in oggetto, benché definita “addizionale”, è svincolata dall'Irpef e, aderendo a questa tesi, il prelievo del 10% si aggiungerebbe alla ritenuta del 30% senza esserne assorbito.
Pur in assenza di esplicite indicazioni, appare quindi prudente desumere dall'indeterminata espressione del legislatore l'applicazione della tassazione in discorso anche ai non residenti.
D'altro canto, si è posto il dubbio circa l'applicabilità dell'addizionale a chi si trasferisca all'estero prima di ricevere un bonus maturato durante la permanenza in Italia (Assonime) a dimostrazione che la questione sia comunque tutt'altro che scontata. Indicazioni non univoche si ricavano anche dai trattati contro la doppia imposizione, nel cui ambito l'addizionale potrebbe qualificarsi come tributo straordinario; invero, da tale considerazione si potrebbe evincere tanto che lo Stato della fonte (l'Italia) non goda di alcuna riserva di tassazione quanto che la potestà impositiva di tale Paese non incorra in alcuna limitazione secondo il diritto convenzionale.
In conclusione, la ratio della disciplina e alcuni passaggi della prassi inducono a ritenere che l'applicazione dell'addizionale ai non residenti sia la scelta più opportuna e prudente, fermo restando che la questione è comunque opinabile e meriterebbe un esplicito chiarimento ufficiale.