Negli Usa i super ricchi, da Bill Gates a Warren Buffet, si sono sempre espressi a favore di una maggiore tassazione sui loro patrimoni. Un’eventuale patrimoniale in Italia potrebbe essere sostituiva di altri balzelli (come l’Imu e la tassa sui conti correnti) che oggi non tengono conto del reddito
Il tema della necessità di una distribuzione della ricchezza più equa negli Usa era stato sollevato dal Fmi nel 2019 (quando alla guida c’era Christine Lagarde) ed è tornato prepotentemente in auge con il rapporto Oxfam 2021
L’Ultra-Millionaire Tax Act
Il disegno di legge, l’Ultra-Millionaire Tax Act, prevede infatti per i paperoni d’America, coloro cioè che possiedono un patrimonio netto di oltre 50 milioni di dollari, un’aliquota fissa pari al 2% annuo della loro ricchezza. Una sovrattassa dell’1% sarebbe aggiunta per chi ha un patrimonio netto superiore a un miliardo. Si tratta di 100mila cittadini Usa che rappresentano lo 0,05% della popolazione complessiva e da cui secondo un’ analisi dell’Università della California, si trarrebbe un gettito di 3mila miliardi in dieci anni.
… cosa significherebbe applicata all’Italia?
Una cifra monstre. Se si applicasse all’Italia la patrimoniale Warren avrebbe un effetto molto meno dirompente. Chiaramente è un paragone che non ha molto senso, perché i patrimoni sono infinitamente più piccoli. Si tratta dunque di un puro esercizio teorico. Dalla tassa per i super-ricchi, ovvero i 36 miliardari italiani individuati da Forbes, con un patrimonio complessivo di circa 130 miliardi e da quello dei 2275 detentori di almeno 50 milioni di dollari censiti nel global wealth report di Credit Suisse lo Stato italiano potrebbe ottenere un gettito aggiuntivo minimo di 7 miliardi di euro. Solo di poco superiore a quello gli Usa otterrebbero applicando il 3% del nuovo tax act al patrimonio di Jeff Bezos (che dovrebbe un esborso aggiuntivo di 5,4 miliardi di dollari all’anno) o dei di 5,2 miliardi dovuti dal patron di Tesla Elon Musk. La fiscalità peserebbe per 4 miliardi in più sulla testa di Bill Gates e per circa 3 miliardi di quella di Mark Zuckerberg.
Patrimoniale all’italiana (che però non è passata)
Di patrimoniale in Italia si è ripreso a parlare a fine 2020, quando la questione è stata proposta in Legge di Bilancio in un emendamento che poi non è passato nella versione finale. L’idea era quella di abolire Imu e tassa sui conti correnti, in cambio di un nuovo balzello sui grandi patrimoni, che in Italia sono considerati quelli in cui la ricchezza finanziaria ammonta ad almeno 500mila euro. Con quella proposta che prevedeva aliquote progressive tra lo 0,2% (per patrimoni tra mezzo milione e un milione) fino al 2%, in linea con quella Usa, per patrimoni sopra i 50 milioni, lo Stato avrebbe ricavato 18 miliardi di gettito.
Nelle audizioni in corso alla Camera in cui si discute di riforma fiscale, senza dubbio la questione verrà riaffrontata. È un tema scottante e controverso. Chi lo osteggia sostiene che aumentare la pressione fiscale sui ricchi è una misura ulteriormente recessiva in un’economia che già soffre. Chi la promuove – come la stessa Warren – lo fa in nome della giustizia sociale e di una più equa redistribuzione. Certo è che nel 2020 i 100 americani più ricchi hanno aggiunto 598 miliardi di dollari alle loro fortune: la doppia aliquota nel tax act di Warren assorbirebbe il 13% di questa cifra.
Ridurre la polarizzazione della ricchezza
Una tassazione giusta che servirebbe a ridurre la polarizzazione della ricchezza che la pandemia ha ulteriormente accentuato. Non è un tema nuovo: già nel 2019 Christine Lagarde, che allora era a capo del Fmi, nell’Articolo 4 sugli Usa, il rapporto annuale che il Fondo stende per descrivere la solidità economica di ogni Paese membro e in particolare nel discorso di presentazione si parla di un “Paese con un debito pubblico insostenibile”, del 50% della popolazione più povera “sempre più povera, a causa di un’inefficace distribuzione del reddito”, nonostante un decennio di crescita senza sosta.
Gli appelli di Fmi e Oxfam
Lagarde faceva notare che i bambini americani” hanno considerevolmente meno probabilità dei loro genitori di salire sull’ascensore sociale” mentre “un americano su venti, inoltre, si trova in condizioni di povertà estrema”.
La pandemia ha acuito, se possibile, questa spaccatura in Usa come nel resto del mondo. Il rapporto Oxfam a inizio 2021 ha tracciato il quadro in maniera impietosa: con il boom dei mercati azionari, il patrimonio dei miliardari ha raggiunto i massimi storici a fine 2020. Parliamo di 11.950 miliardi di dollari, ovvero, l’equivalente delle risorse stanziate da tutti i paesi del G20 per contrastare gli effetti della crisi pandemica.
Ma non basta. Secondo la senatrice Warren, “lo 0,1% più ricco paga un’aliquota fiscale effettiva inferiore al 99% più povero e la ricchezza miliardaria è del 40% più alta rispetto a prima dell’inizio della crisi Covid. Una tassa sul patrimonio è popolare tra gli elettori di entrambe le parti per una buona ragione: perché capiscono che il sistema è truccato… Mentre il Congresso sviluppa ulteriori piani per aiutare la nostra economia, l’imposta sul patrimonio dovrebbe essere in cima alla lista per contribuire a finanziare questi piani. Si tratta di denaro che dovrebbe essere investito nella cura dei bambini e nell’istruzione primaria e secondaria, nelle infrastrutture, tutte priorità del presidente Biden e dei Democratici al Congresso”.
… e quelli degli ultra-ricchi Usa (che vogliono pagare di più)
E una patrimoniale in Usa potrebbe essere ben accolta anche dagli stessi ultraricchi che ne sarebbero colpiti. Se è vero che lo stesso Bill Gates ha invocato più volte un sistema di tassazione più equo, che significa più pesante per chi ha più denaro. Anche Warren Buffett, l’oracolo di Ohama, ha sempre sbandierato l’idea che i ricchi dovrebbero contribuire di più, fino al suo famoso articolo sul New York Times del 2011 dal titolo “Basta coccolare i super-ricchi”.
Per scongiurare invece idee brillanti di eventuali furbetti il disegno di legge prevede anche una tassa del 40% sui ricchi americani che potrebbero cercare di rinunciare alla cittadinanza statunitense per sottrarsi alla scure del fisco.