Nonostante gli sforzi profusi dalle istituzioni europee, l’Ue rischia di recuperare dalla crisi più lentamente di quanto non stiano facendo altre potenze economiche
Nella settimana in cui la presidente Von der Leyen incontrerà Draghi per approvare il Pnrr italiano, occorre chiedersi quali possano essere le strategie per impostare al meglio la ripartenza
L’Ue, infatti, stando ai resoconti offerti da Business-Europe, ha subito un crollo generalizzato e profondo dell’economia (pari al 6,3% nel 2020), che sembra destinato a perdurare più a lungo di quanto previsto in altre aree economiche; come quelle degli Usa o della Cina.
Per tale ragione, avverte Business-Europe, affinché lo sforzo profuso dalle istituzioni europee per sostenere i settori produttivi e il sottostante tessuto sociale degli Stati membri non sia vano, è necessario che i governi nazionali utilizzino al meglio i fondi e i sussidi a loro destinati.
In particolare, la maggior parte delle realtà produttive europee pone l’accento sul fatto che, per stimolare la crescita, la produzione e, nel medio termine, aumentare la capacità competitiva delle imprese europee, occorre mantenere attive le misure introdotte a sostegno delle imprese, così come quelle destinate a garantire l’occupazione dei lavoratori.
Con riferimento al primo punto, come sostenuto dalla stessa Commissione europea, sarà necessario investire sui partenariati internazionali diversificati e sulle alleanze industriali. Queste ultime, in particolare, contribuiscono ad attrarre investitori privati e possono rivelarsi ottimi strumenti per creare occupazione e dare vita a nuovi modelli di business che, altrimenti, non si svilupperebbero.
Con riferimento al processo di transizione verso un’economia e un’ industria verde e digitale, gli Stati membri si sono però già messi a lavorare. Vale la pena, al riguardo, richiamare il Piano nazionale transizione 4.0 varato dal governo italiano. Quest’ultimo, con l’intento di stimolare gli investimenti privati, mette in campo circa 24 miliardi di euro, riconoscendo, tra le altre cose, il credito di imposta per la copertura degli investimenti delle imprese in beni materiali e immateriali, ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e nella formazione.