“Abbiamo usato la sabbia come elemento centrale di una batteria che raccoglie il calore del sole e lo conserva, con dispersioni minime, per periodi lunghi, in modo da poterlo immettere al momento giusto sulle linee di produzione industriali o sulla rete”. Letizia Magaldi sorride con gli occhi, mentre parla dell’ultima innovazione realizzata in seno all’azienda che porta il suo nome e che dirige da vicepresidente esecutivo insieme a tutta la sua famiglia: il padre Mario, la mamma Emma e i fratelli Paolo e Raffaello. Una famiglia che affonda le sue radici nelle Firenze Mediovale ed emigrati in Campania tra il 1600 e il 1700, e che lavorano il metallo e inventano fin dall’800: Biagio, a inizio di quel secolo aveva costruito un fucile a retrocarica antesignano e a inizio ‘900 Eduardo aveva realizzato un gassogeno ad acetilene sicuro ed efficace per portare l’elettricità nelle case e nelle fabbriche che iniziavano a nascere. Una famiglia alla Olivetti, che costruisce e restituisce al territorio senza sosta. E investe tutto nell’azienda e in un’innovazione sostenibile e continua di cui tutta la comunità si giova.
I progetti hanno bisogno di bellezza
La fabbrica ha sede a Buccino, periferia sud-orientale di Salerno, valle di meraviglie naturali dove Mario dove ha portato anche l’ufficio tecnico “perché la vista incessante di tanta bellezza, attraverso una parete di cristallo rivolta a mezzogiorno, potesse giovare i progettisti”. L’area geografica è in effetti nota per altro che le supertecnologie: Magaldi si occupa di progettazione e costruzione di nastri trasportatori di materiali sfusi in condizioni severe, per le industrie siderurgica, cementiera, metallurgica. È un fornitore di macchine e impianti industriali hi-tech e la batteria di sabbia non è che un’altra faccia di questa medaglia. Talmente geniale da aver raccolto l’attenzione di EnelX che si sta occupando dell’industrializzazione – perché possa essere impiegata sulle linee di produzione – e della parte di generazione e gestione ottimizzata dei flussi (anche attraverso l’aggiunta di software smart e altre applicazioni). Ed è questa batteria solo l’ultimo dei 55 brevetti che Magaldi ha realizzato nei suoi 90 anni di storia. Una storia che inizia in realtà anche prima: precisamente nel 1901 quando il capostipite Emilio diede vita a una cinghia di trasmissione di potenza in pelle di bufalo, la “Supercinghia”, estremamente affidabile e praticamente indistruttibile.
Una storia d’impresa che dura da un secolo
Nel 1929 il nipote di Emilio, Paolo Magaldi, avvia la produzione su larga scala della Supercinghia, trasformando il laboratorio artigianale di Buccino in una vera e propria fabbrica. E l’anno successivo brevetta una tecnica per tagliare la pelle di bufalo in un’unica lunga spirale: l’utilizzo della pelle ne risulta massimizzato e le centinaia di giunzioni utilizzate con la precedente tecnica di lavorazione non sono più necessarie. Il 9 settembre 1931 Paolo registra il marchio “Cinghie Magaldi” presso la Camera di Commercio di Salerno. Negli anni ’50, un cambiamento tecnologico provoca il rapido declino delle cinghie di trasmissione di potenza. Paolo decide saggiamente di convertire la Supercinghia ad altri utilizzi e intravede nella movimentazione di materiali sfusi un mercato promettente. Nel 1967 viene brevettato il primo “nastro trasportatore costituito da una rete metallica con piastre in acciaio imbullonate”, antenato dell’attuale trasportatore a nastro in acciaio Superbelt. Con la morte di Paolo, Mario Magaldi è chiamato a raccogliere l’eredità paterna e prendere le redini dell’azienda per guidarla verso un graduale processo di internazionalizzazione. Nel 1985, Mario brevetta un sistema che rivoluziona il settore della produzione energetica, introducendo la tecnologia di estrazione a secco delle ceneri pesanti. Sotto la sua guida, l’azienda si trasforma in una multinazionale, con le esportazioni che costituiscono oltre il 90% del business: oggi l’azienda ha una presenza in oltre 50 paesi con sedi operative negli Stati Uniti, Messico, Emirati Arabi, India e Australia, conta 210 dipendenti, di cui il 50% ingegneri, e ha un fatturato complessivo di 50 milioni di euro. Nel 2021 è stata fondata la divisione Magaldi Green Energy focalizzata sulla ricerca, sviluppo, produzione e commercializzazione di tecnologie proprietarie per lo stoccaggio termico e la produzione di energia termica verde: un’entità che raccoglie l’eredità di dieci anni di lavoro con le Università Federico II di Napoli e La Sapienza di Roma, confluite nella Mgtes, la batteria di sabbia, appunto.
La rivoluzione delle Fer e la batteria di sabbia
“Quando la penetrazione delle Fer supererà il 50% la necessità di sistemi di accumulo sarà esponenziale – dice Letizia Magaldi – le batterie elettrochimiche, che hanno capacità di rilascio breve, saranno importanti ma non sufficienti. Ci sarà sempre più bisogno di sistemi di storage settimanali e stagionali. Quello che si configura, quindi, è uno scenario in cui coesistono più innovazioni, un vero e proprio cluster, con diverse tecnologie che convivranno insieme, al fine di comporre l’infrastruttura del futuro”. In questo contesto un sistema che può essere caricato con energia elettrica e termica in eccesso riuscendo a immagazzinarla per un intervallo compreso tra le 4 a oltre 10 ore, fino a settimane con perdite molto limitate per poi scaricarla quando il sole e il vento non sono disponibili diventa un game changer. “Il sistema permette di immagazzinare energia rinnovabile quando è in surplus e di rilasciare energia termica verde per i consumi industriali, bilanciando lo squilibrio esistente tra la domanda e l’offerta e contribuendo a stabilizzare la rete”, continua Magaldi. “I sistemi di accumulo di lunga durata sono fondamentali per garantire continuità all’utilizzo di energia da fonti rinnovabili e superare così l’intermittenza che le contraddistingue dovuta alle condizioni climatiche (assenza di sole e di vento)”.
Verso un mondo industriale sostenibile
La scelta della sabbia silicata come componente principale della batteria MgTes – che visivamente è un container di acciaio, è un fattore chiave: perché ci affranca potenzialmente dalle terre rare appannaggio della Cina e “ed in perfetta armonia con i processi naturali, per non dire che imiti la natura”, continua Letizia. La batteria accumula l’energia elettrica prodotta da rinnovabili o recuperata dai processi industriali grazie a resistenze elettriche che scaldano un elettrofluido a base di sabbia. La fluidizzazione avviene perché sul fondo si inserisce aria pressurizzata che fa muovere le particelle. Terminato il processo di fluidizzazione, la sabbia si accumula nella parte inferiore del modulo. L’assenza di convezione e la coibentazione della vasca limitano lo scambio termico con l’esterno, minimizzando così le perdite di energia. L’ultima fase del processo è la fase di scarica: il sistema viene scaricato invertendo lo scambiatore di calore integrato all’interno del letto di sabbia fluidizzato. L’energia immagazzinata viene rilasciata sotto forma di vapore surriscaldato o saturo secondo le esigenze del processo. Ogni modulo Mgtes può conservare 50 Mw termici e genera “vapore a temperature elevate, a partire dai 150-400 gradi, necessarie alle industrie energivore (carta, food & beverage, chimica, plastica) che finora hanno usato solo gas: “A livello globale, ancora oggi il 70% della domanda di energia del settore industriale è richiesta come calore, nella maggior parte sotto forma di vapore per alimentare i vari processi industriali, e circa il 90% di questa domanda è soddisfatta con le fonti fossili: noi vogliamo contribuire a cambiare questo paradigma”, conclude Letizia. E in effetti i Magaldi ci stanno riuscendo.
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