A dicembre 2018 il tasso di default delle imprese non finanziarie italiane si attesta al 3,7%
Nel biennio 2019-2020, il tasso di default si stabilizzerà tra il 3,3 e il 3,9%
“La contrazione della rischiosità delle imprese è stata sostenuta da un miglioramento del contesto economico e finanziario”, commenta Roberta Mantovani di Crif Ratings
Dopo quattro anni di costante riduzione, a dicembre 2018 il tasso di default (che, ricordiamo, indica i ritardi di oltre 90 giorni su pagamenti e rimborsi bancari, ai sensi dell’accordo Basilea II, e le procedure di insolvenza e pregiudizievoli di altri eventi pubblici) si è dunque attestato intorno al 3,7%. Si tratta di un dato in linea rispetto a quello di giugno 2018 e in miglioramento, seppur lieve, rispetto al mese di dicembre 2017 (3,9%).
“I segnali di stabilizzazione del tasso di default sono evidenti già a partire dal 2018 – commenta Davide Tommaso, associate di Crif Ratings – Le recenti revisioni al ribasso delle stime di crescita del Pil italiano e la flessione della crescita economica a livello globale, potranno finanche condurre a una potenziale graduale risalita del tasso”.
I settori maggiormente coinvolti: immobiliare, alimentare e tabacco
Secondo Crif Ratings, i comparti dell’alimentare, delle bevande, del tabacco e dell’immobiliare sono quelli maggiormente caratterizzati da una riduzione dei tassi di default tra la fine del 2018 e la fine del 2017, settori la cui rischiosità è rimasta sui livelli inferiori alla media anche durante i periodi di recessione. Dall’altra parte, invece, i settori maggiormente legati al ciclo economico – dall’agricoltura ai trasporti e alla logistica – hanno conosciuto un aumento dei tassi di default.
Una divisione anche nazionale
Resta diviso in due il Belpaese. Il trend del tasso di default, infatti, ha contribuito a mantenere vivo il divario tra il Nord da un lato e il Sud e le isole dall’altro. Se le regioni del Nord hanno registrato un tasso di default pari al 2,9% alla fine dello scorso anno (un dato non solo in linea rispetto ai periodi precedenti ma anche inferiore in confronto alla media nazionale), lo stesso non lo si può dire per le regioni del Sud e le isole: nonostante un miglioramento, il tasso di default di queste ultime si attesta in prossimità della soglia del 5%.
Ma cosa dobbiamo aspettarci dal biennio 2019-2020?
Le tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti, il rallentamento della crescita cinese e le incertezze legate a Brexit: sono solo alcuni dei driver che potenzialmente potrebbero avere un impatto negativo sulle stime del tasso di default nei prossimi anni, accompagnate anche dall’incertezza politica e dall’aumento del debito pubblico a livello nazionale. Eppure, Crif Ratings stima che nel biennio 2019-2020 il tasso di default delle imprese non finanziarie italiane resterà stabile, attestandosi su un livello compreso tra il 3,3% e il 3,9%. A sostenere la risalita dei tassi di default e a mitigare le ricadute negative sulle percentuali, sarebbero in particolar modo le politiche monetarie accomodanti delle Banche centrali.
“La contrazione della rischiosità delle imprese è stata sostenuta da un progressivo miglioramento del contesto economico e finanziario, supportato anche dalle accomodanti politiche monetarie della Bce – chiosa Roberta Mantovani, rating analyst di Crif Ratings – Inoltre, l’effetto selezione che la crisi economica ha esercitato sulla struttura produttiva italiana, anche attraverso l’espulsione dal mercato delle realtà meno solide ed efficienti, ha contribuito alla significativa contrazione dei tassi di default registrata a partire dal 2014 e al miglioramento del profilo di rischio delle imprese italiane non finanziarie rimaste attive”.