Il 79% dei consumatori acquista online (in crescita del +5% rispetto del 2019), mentre il 41% predilige il negozio per le spese giornaliere e settimanali
La crisi ha accelerato trend preesistenti, come l’attenzione al prezzo (36%) e la sicurezza come driver prioritario e irrinunciabile (49%)
Nonostante alcuni segnali positivi verso la fine dell’anno, lo shock pandemico ha complessivamente generato nel 2020 una flessione dell’export tricolore pari al -15,3%. Ma, secondo gli esperti, per le eccellenze del made in Italy potrebbe aprirsi una stagione positiva sul fronte dei mercati esteri. Una graduale ripartenza, differenziata sulla base delle aree geografiche, e che vedrà il digitale come il fil rouge che le traghetterà verso la fine della crisi.
Stando alla Global insight survey 2020 di Pwc, presentata in occasione dell’evento L’export digitale per le pmi: le opportunità per il made in Italy, il 79% dei consumatori acquista online (in crescita del +5% rispetto del 2019). Il 41% predilige invece il negozio per le spese giornaliere e settimanali, contro il 33% di coloro che utilizzano lo smartphone (+7% sul 2019). “La crisi e il lockdown hanno reso meno appealing tutte le catene fisiche, mentre c’è stata una forte accelerazione del digitale e dei trend preesistenti: l’attenzione al prezzo (il 36% spende di meno), la sicurezza come driver prioritario e irrinunciabile (49%), l’incremento dello shopping da mobile (45%), la disponibilità a condividere i propri dati per un’esperienza più customizzata (42%) e le attese sulla responsabilità delle aziende in merito al proprio impatto ambientale (43%)”, spiega Erika Andreetta, partner di Pwc Italia e consumer markets consulting leader.
Secondo l’esperta, in questo contesto, per le
piccole e medie imprese sarà fondamentale definire una strategia di vendita online, ripensare il sistema di logistica, puntare su un
pricing dinamico e investire in analisi dei big data per incrementare le performance di digital marketing sulle piattaforme. “È un’occasione unica, considerato il livello di
upskilling digitale del cliente finale a livello mondiale – aggiunge – I marketplace possono realmente fornire alle pmi italiane un canale distributivo importante, che si aggiungerà ai canali già esistenti per far conoscere le nostre eccellenze con costi e tempi ridotti rispetto ai canali tradizionali”. Di conseguenza, conclude, sarà fondamentale anche “ripensare ai propri prodotti, per andare incontro alle culture e ai gusti locali”.
Le attese sull’export nell’era post-covid
Ma cosa accadrà, dunque, nei prossimi anni? Stando ai dati raccolti da Pwc, dopo la flessione fisiologica dello scorso anno (-15,3%) è attesa una ripresa robusta dell’export dei beni italiani a livello globale, pari a 461 miliardi di euro nel 2021 (+9,3%), 487 miliardi nel 2022 (+5,5%) e 510 miliardi nel 2023 (+4,8%). Inoltre, nei prossimi 12 mesi è previsto un ritorno ai livelli pre-crisi dell’export dei servizi, mercato destinato a raggiungere i 107 miliardi di euro nel 2021 (+26,2%), i 117 miliardi nel 2022 e i 122 miliardi nel 2023. Quanto alle aree geografiche, le economie di sbocco verso le quali le esportazioni tricolori cresceranno più del 5% in media annualmente a partire dal 2021 sono la Germania, gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, il Giappone, la Corea del Sud, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita.
“Oggi ci sono circa 123mila imprese che esportano in Italia, il 90,3% delle quali sono piccole realtà e realizzano il 21,4% delle vendite all’estero – interviene
Antonio Franceschini, responsabile ufficio promozione e mercato internazionale della Cna – Credo sia necessario, da parte di tutti, lavorare per un’integrazione forte tra online e offline, tenendo sempre presente la struttura del nostro Paese. Un Paese fatto da tante piccole imprese, con una capacità e una qualità della produzione molto elevata”. Poi conclude: “Siamo convinti che il
made in Italy abbia tante opportunità sui mercati internazionali: è vero che i paesi dell’Unione europea rappresentano un punto di riferimento per il nostro export, ma le micro e piccole imprese tricolori hanno dimostrato di possedere la capacità di lavorare anche sui mercati più lontani. Tra questi, l’America settentrionale (che raccoglie il 9,5% dell’export italiano,
ndr) e l’Asia orientale (7,7%). Ma anche l’Africa. Bisogna metterle nelle condizioni di fare business, creando occasioni
onlife per ottenere il massimo dei risultati”.
Il 79% dei consumatori acquista online (in crescita del +5% rispetto del 2019), mentre il 41% predilige il negozio per le spese giornaliere e settimanaliLa crisi ha accelerato trend preesistenti, come l’attenzione al prezzo (36%) e la sicurezza come driver prioritario e irrinunciabile (49%)
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